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CambiamoAgricoltura: agricoltura vittima e causa dei cambiamenti climatici

La coalizione delle Associazioni aderenti alla Campagna CambiamoAgricoltura alla vigilia del Consiglio UE Agricoltura ha diffuso un Dossier con i dati sul contributo di agricoltura e allevamento intensivi al bilancio dei gas climalteranti del nostro Paese.

Nei piani del Governo italiano nessuna riduzione delle emissioni clima alteranti, è arrivato il momento che l’agricoltura inizi a fare la sua parte. Gli eventi metereologici estremi delle ultime settimane ci ricordano che il contrasto ai cambiamenti climatici è il modo più efficace e concreto di tutelare i redditi degli agricoltori”.

È la denuncia che la coalizione CambiamoAgricoltura, un’ampia coalizione di Associazioni Ambientaliste e dell’Agricoltura biologica e biodinamica di cui fanno parte, tra le altre, AIAB,  Associazione Biodinamica, FAI, FederBio, ISDE, Legambiente, Lipu, ProNatura, WWF (qui la lista completa delle aderenti) che alla vigilia della riunione del Consiglio dei Ministri UE Agricoltura e Pesca (14 maggio 2019) che dovrà discutere sul Pacchetto di riforma della PAC 2020 e sulla Strategia a lungo termine “Un Pianeta pulito per tutti”, ha diffuso il DossierAgricoltura e Clima: le sfide per la PAC del prossimo decennio”, con i dati sul contributo di agricoltura e allevamento intensivi al bilancio dei gas climalteranti del nostro Paese.

È cronaca di questi giorni quella dei danni che il meteo causa al settore agricolo”, sottolineano le Associazioni. Fenomeni estremi e anomali rischiano di diventare sempre più frequenti con il procedere dei cambiamenti climatici, a cui l’agricoltura pagherà il conto più salato.

L’agricoltura oltre che vittima è anche una causa dei cambiamenti climatici – si legge nel Dossier – essendo una delle fonti di emissioni di gas climalteranti (nella UE oltre il 20% delle emissioni è causato dall’agricoltura), e soprattutto è del tutto priva di una strategia di sostenibilità”.

Sulla base dei dati raccolti, i maggiori responsabili di 30 milioni di tonnellate di gas climalteranti immessi ogni anno dal comparto sono l’abuso di fertilizzanti di sintesi e l’eccesso di concentrazione zootecnica: sotto accusa è in particolare il sistema agrozootecnico della Pianura Padana, i cui campi coltivati e allevamenti contribuiscono da soli a oltre il 60% delle emissioni nazionali di fonte agricola.

Tra le regioni la Lombardia determina il massimo contributo di gas a effetto serra: sebbene essa detenga solo il 7,7% dei campi coltivati in Italia, pesa per il 26,4% delle emissioni.
“Il modello agrozootecnico intensivo, pervasivo in Pianura Padana, è sotto accusa per le sue gravi responsabilità sull’inquinamento di acque, aria e biodiversità, ma anche per il peso delle proprie emissioni. Il prossimo decennio deve vedere in campo una incisiva strategia nazionale per trasformare in senso sostenibile la zootecnia intensiva, oltre che per dimezzare gli apporti di concimi chimici, a partire dalle regioni del Nord”.

In assenza di politiche efficaci, denuncia CambiamoAgricoltura, l’agricoltura scalerà la classifica dei settori maggiormente emissivi, arrivando da qui al 2030 a venir additata tra i maggiori imputati per il contributo all’effetto serra, più della stessa industria, come denuncia la proposta di Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC) del Governo: negli scenari tratteggiati dal 2015 al 2030, a fronte di sostanziale invarianza delle emissioni complessive (da 37 a 38 Mton CO2eq complessive), il peso del comparto passerebbe dal 7,3% al 11,6% delle emissioni nazionali. Un quadro non tollerabile dall’agricoltura italiana, che non può permettersi le conseguenze della perdita di reputazione dei suoi prodotti, oltre all’inevitabile taglio dei sussidi della PAC.

La Coalizione #CambiamoAgricoltura sottolinea le gravi responsabilità imputabili alle politiche agricole di sussidio fin qui sviluppate, e propone invece una road map che, se applicata con determinazione, permetterebbe di abbattere il contributo inquinante dell’agricoltura fino al 72% da qui al 2030, sostituendo gli attuali sussidi con incentivi alle imprese che modificano le loro pratiche agricole.

Nonostante le ambizioni dichiarate dalla Commissione Europea, gli strumenti proposti per la Riforma, che inizierà a produrre effetti dal 2023, sono deboli, e i passaggi al Parlamento e al Consiglio hanno ulteriormente indebolito l’architettura verde della proposta di nuova PAC” dichiara la coalizione #CambiamoAgricoltura che contesta la richiesta di alcuni Stati Membri, tra cui l’Italia, di indebolire le norme della condizionalità e di rendere facoltativa l’applicazione dei cosiddetti “Eco-Schemi” ossia dei fondi sul Primo pilastro destinati alle azioni a favore del clima e dell’ambiente.

Le Associazioni chiedono quindi al Governo italiano, rappresentato dal Ministro delle Politiche Agricole  Alimentari, Forestali e del Turimo (MiPAAFT) Gian Marco Centinaio, di impegnarsi per sostenere le sfide ambientali della PAC, rivedendo le posizioni dell’Italia in seno al Consiglio europeo. Gli impegni ambientali richiesti agli agricoltori a fronte delle risorse pubbliche della PAC non possono essere considerate un onere che grava sulle spalle delle aziende agricole, ma sono piuttosto il modo più efficace di tutelare il loro reddito.

La coalizione CambiamoAgricoltura sottolinea come l’agricoltura potrebbe e dovrebbe essere perfino un assorbitore netto di gas serra, se si attuassero le giuste politiche e si modificasse il modello attuale.

Il Rapporto dell’Institute for European Environmental Policy (IEEP), pubblicato lo scorso marzo, mostra che l’obiettivo di un’agricoltura europea a zero emissioni al 2050 è fattibile, evidenziando le azioni e le politiche necessarie per raggiungerlo.

“Occorre delineare obiettivi sfidanti – concludono le Associazioni – non solo per abilitare il comparto come attore protagonista nelle strategie climatiche, di adattamento e di mitigazione, ma anche per correggere problematiche e storture che sono sempre più conclamate nell’agrozootecnia industriale, sviluppando invece le attitudini che il nostro Paese può attivare in una virtuosa conversione ad un modello agroecologico”.

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