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Agricoltura europea a zero emissioni al 2050: è fattibile

Il Rapporto dello IEEP sull’agricoltura europea a zero emissioni   mostra che l’obiettivo di una agricoltura europea a zero emissioni al 2050 è fattibile e mette in evidenza le azioni e le politiche necessarie per raggiungerlo.

L’Institute for European Environmental Policy (IEEP), think tank con sede a Bruxelles, leader per l’analisi e lo sviluppo della politiche ambientali in Europa, ha pubblicato il RapportoNet-zero agriculture in 2050: how to get there”  che esplora come potrebbe apparire il settore agricolo dell’UE in un mondo a zero emissioni, quali ruoli svolgerebbe e cosa è necessario per compiere la transizione entro la metà del secolo.

L’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) nel suo annuale Rapporto sulle emissioni di gas ad effetto serra ha testimoniato che l’agricoltura è responsabile del 10% delle emissioni nell’UE, per cui indirizzare il settore  verso emissioni nette-zero entro la metà del secolo, in linea con l’ambizione dell’Accordo di Parigi, costituisce una delle sfide più trasformative affrontate dal settore dopo lo sviluppo dell’agricoltura nel secondo dopoguerra.

Tuttavia, l’agricoltura insieme ad altri settori rurali che utilizzano il suolo, è in grado non solo di ridurre le proprie emissioni, ma anche di aumentare l’assorbimento di carbonio dall’atmosfera, contribuendo alla riduzione delle emissioni in altri settori, attraverso la sostituzione di materiali ed energia ad alta intensità di carbonio

Il Rapporto dello IEEP che si basa su una revisione di oltre 60 scenari pertinenti di 18 diversi studi al fine di comprendere come e in che misura le emissioni da agricoltura possono essere ridotte e se esista un consenso nella letteratura esistente, mostra che l’obiettivo di un’agricoltura europea a zero emissioni al 2050 è fattibile e mette in evidenza le azioni e le politiche necessarie per raggiungerlo.

Il Rapporto considera soprattutto cosa si potrebbe fare per ridurre le emissioni nell’agricoltura, prima di esaminare il suo potenziale per sostenere altri settori dell’economia o fare affidamento su altri settori che utilizzano la terra (ad esempio la silvicoltura) per compensare eventuali emissioni. Si concentra infatti esclusivamente sul contributo dell’agricoltura alla mitigazione dei cambiamenti climatici, ma ci sono un certo numero di altre dimensioni che dovranno essere considerate (compromessi e co-benefici con l’adattamento climatico e confini planetari più ampi e implicazioni oltre i confini dell’UE).

Principali risultati:
Consentire all’agricoltura di apportare un contributo significativo e proporzionato agli sforzi di mitigazione del clima dell’UE richiederà  l’impiego di tutti gli strumenti e le opzioni disponibili per il settore per ridurre le emissioni di gas serra e aumentare l’assorbimento di carbonio dall’atmosfera.

Solo implementando  azioni sia sul fronte della produzione che del consumo (domanda e offerta) possiamo trasformare il modo in cui i prodotti agricoli sono concepiti in risposta alla sfida climatica e come il settore può sostenere l’azione climatica, anche se c’è bisogno di chiarezza su quali azioni dovrebbero essere intraprese e da parte di chi. Potrebbe pertanto essere necessario sviluppare una gerarchia di riduzione delle emissioni  per guidare e sostenere le azioni nel settore agroalimentare in seguito a approcci analoghi adottati nei confronti dei rifiuti e alla transizione dell’economia circolare dell’UE, quali:
– evitare le emissioni ove possibile, cambiare i tipi di prodotti, riducendo il consumo di carne e altri prodotti ad alta intensità di carbonio ed eliminando gli sprechi alimentari;
– ridurre le emissioni laddove non possono essere evitate del tutto: aumentando l’efficienza delle risorse della produzione, abbassando le emissioni di gas serra per unità di merce, producendo stagionalmente e nelle condizioni ottimali in Europa e riducendo gli sprechi della raccolta;
catturare delle emissioni ove possibile, aumentando il potenziale di stoccaggio del suolo per sequestrare il carbonio nelle pratiche di produzione standard e assicurare la sua gestione continua e permanente sui terreni agricoli, sviluppando bioeconomie circolari che recuperino i consumi e i nutrienti post-produzione, l’energia e i materiali di produzione come input per il settore, riducendo la necessità di nuovi input.

Per consentire il suo contributo alla diffusione delle emissioni nette-zero, l’agricoltura futura deve essere diversa da quella di oggi, sufficientemente trasformata per consentire il suo contributo alla distribuzione di emissioni nette-zero, fornendo al tempo stesso un’alimentazione adeguata e altri servizi ecosistemici ad una società sempre più globale.

Quando si parla di impegnarsi per l’attenuazione del cambiamento climatico, gli agricoltori non si sentono a proprio agio. Si pensa che l’azione climatica voglia dire smettere di produrre o cambiare radicalmente ciò che già si fa, e tutto questo genera una specie di rifiuto – ha affermato Ben Allen, responsabile Agricoltura di IEEP e co-autore dello Studio insieme alla collega Anna Lorant Analista delle Politiche presso l’Istituto, in una video-intervista postata sul sito dell’Informatore Agrario  – In realtà, nel nostro rapporto noi ci concentriamo su azioni come l’aumento dell’efficienza, il sequestro di carbonio nei suoli e nella biomassa, e anche come cambiare quello che produciamo e come le produciamo. Per gli imprenditori e per tutti coloro che guardano avanti queste sono opportunità di provare nuove idee, senza dimenticare che contribuire ad attenuare l’impatto dei cambiamenti climatici nel settore primario vuol dire contribuire alla sostenibilità economica a lungo termine delle aziende. A questo si collega ovviamente l’aspetto delle azioni di adattamento ai cambiamenti climatici, di cui non parliamo molto nel rapporto, ma che è cruciale per la sostenibilità a lungo termine”.

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