Acqua Inquinamenti e bonifiche

L’acqua dei rubinetti contaminata da microfibre di plastica

acqua rubinetti contaminata da microfibre di plastica

In più occasioni abbiamo avuto modo di dare notizia di studi e ricerche che hanno trovato le microplastiche negli intestini di pesci e molluschi o microfibre di poliestere, viscosa, nylon e acrilico negli organismi di piccoli animali che vivono nelle profondità degli abissi oceanici, con il rischio che attraverso la catena alimentare possano risalire fino all’uomo.

Ora, uno Studio (“Invisibles. The plastics inside us“) condotto dall’Università del Minnesota per conto di Orb Media, un sito di informazioni di Washington, analizzando 159 campioni di acqua del rubinetto, provenienti più o meno da tutto il mondo e analizzati con tecnica standard per eliminare i contaminanti da altre fonti, ha scoperto che anche nell’acqua che beviamo e utilizziamo per cucinare sono presenti microfibre di plastica.

Nel complesso è risultato che l’83% dei campioni analizzati è risultato contaminato con fibre di plastica, e non sembra essere rilevante l’area geografica e il reddito, visto che il tasso più elevato è stato rinvenuto nei rubinetti degli edifici dei siti campionati in USA (94%), compresi quelli del Campidoglio, della sede dell’Agenzia di Protezione dell’Ambiente (EPA) e della Trump Tower di New York. La stesa percentuale è stata rilevata nell’acqua del Libano, seguita da quella dell’India (82%) e dell’Uganda (81%). In Indonesia il tasso è del 76% e in Ecuador del 75%. Il tasso più basso si registra nell’acqua dei rubinetti europei, in particolare in Gran Bretagna, Germania e Francia, anche se arriva pur sempre al 72%. Il numero medio di fibre rinvenute ogni 500 ml di acqua oscilla tra il 4,8% degli USA all’1,9% dell’Europa.

Mentre la fonte di inquinamento plastico negli oceani è abbastanza intuitiva, non è ancora chiaro come queste microfibre finiscano nell’acqua del rubinetto. I ricercatori propendono nel ritenere che la maggior parte di queste microfibre derivi dai vestiari e scaricate nelle acque da lavatrici e disperse in aria dalle asciugatrici, ma anche la consunzione dei pneumatici costituisce un’altra probabile fonte di inquinamento in atmosfera, come le pitture e vernici. Non bisogna dimenticare, poi, il degrado delle microplastiche, diffuse in tutti gli ambienti, e delle microsfere utilizzate nell’industria dei cosmetici.
Né l’acqua in bottiglia può costituire un’alternativa a quella del rubinetto dal momento che sono state rinvenute microfibre anche in campioni di acqua commercializzata.

Mentre le immagini delle tartarughe marine intrecciate nelle reti di plastica abbandonate dai pescatori fanno il giro dei media e contribuiscono ad allarmare sulle conseguenze dell’inquinamento ambientale da plastica, la contaminazione invisibile delle microfibre non raggiunge ancora un adeguato livello di consapevolezza dei rischi per l’uomo.
Gli studi che riguardano il possibile effetto tossicologico generato dall’ingestione di cibo contaminato con microplastiche e microfibre di plastica nell’uomo sono ancora agli albori, tuttavia precedenti analisi hanno indicato che le particelle di plastica possono assorbire e rilasciare sostanze e batteri potenzialmente dannosi.
Abbiamo abbastanza dati per guardare alla vita selvatica, e l’impatto che sta avendo sulla fauna è preoccupante – ha dichiarato Sherri Mason, esperta di microplastiche dell’Università Statale di New York a Fredonia, che ha supervisionato lo Studio – Se sta avendo questo impatto sulla fauna, come possiamo pensare che non stia avendo un qualche impatto su di noi?“.

Ogni anno nel mondo si producono 300 milioni di tonnellate di plastiche, delle quali più del 40% viene utilizzato una sola volta, a volte per meno di un minuto, per poi essere essere scartate, mentre la plastica in generale può persistere per secoli prima di degradarsi. Uno studio (“Production, use, and fate of all plastics ever made“), pubblicato il 19 luglio 2017 su Science Advances, la Rivista dell’American Association for the Advancement of Science, ha stimato che dal 1950 siano state prodotte in tutto il mondo più di 8,3 miliardi di tonnellate di plastica.

Dagupan, Filippine. Un bambino si arrampica tra i detriti di plastica di una discarica vecchia di 50 anni che si affaccia sull’Oceano. La maggior parte degli articoli biodegradabili è da tempo in decomposizione; inoltre la montagna multicolore ha cominciato a galleggiare in mare spinta dai venti costieri. Fonte ORB.

Risolvere il problema globale dell’inquinamento plastico presuppone una collaborazione tra cittadini, imprese e governi, al fine di limitare il flusso di nuovi materiali plastici, ma il passaggio da un’economia lineare verso un’economia circolare garantirebbe a produttori, progettisti e consumatori di creare e utilizzare beni e prodotti che siano più sostenibili per il Pianeta.

Questo studio dovrebbe darci una scossa – ha dichiarato Muhammad Yunus, fondatore della Grameen Bank (organismo che si occupa di microcredito) e vincitore del Premio Nobel per la Pace nel 2006 – Sapevamo che questa plastica tornava a noi attraverso la catena alimentare. Ora scopriamo che ci ritorna anche attraverso l’acqua potabile. Dal momento che il problema è stato creato dagli uomini a causa della loro indifferenza, la soluzione può derivare da una loro maggiore attenzione. Quel che abbisogna è che la determinazione per agire deve essere messa in atto prima che ci arrivi addosso”.

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