È stato presentato “Water Intelligence”, il report nazionale dell’Osservatorio PROGER dedicato all’innovazione nella gestione delle risorse idriche, realizzato dalla Fondazione EWA, sull’innovazione tecnologica e digitalizzazione a tutto campo nella gestione del ciclo dell’acqua, mostra l’avanzata tumultuosa delle tecnologie in ogni fase del ciclo dell’acqua: dallo stoccaggio ai prelievi, dagli utilizzi alla depurazione e alle potenzialità ancora non sfruttate del riuso.
– In Italia oggi sono oltre 150.000 le applicazioni tecnologiche, inclusa l’Intelligenza Artificiale, per il monitoraggio e la gestione dell’acqua per tutti gli utilizzi, con 110.000 nell’irrigazione virtuosa.
– Supercalcolatori con apprendimento automatico, applicazioni che utilizzano dalla sensoristica alla robotica, per supportare in modo “intelligente” stoccaggio, prelievo, distribuzione, consumo e depurazione nell’ambito del servizio idrico integrato.
– Soluzioni digitali avanzate per la gestione dei processi di desalinizzazione e di depurazione, rigenerazione e riuso delle acque di scarico.
– Modellazione predittiva da apprendimento automatico e data mining permettono di anticipare gli eventi catastrofali e aumentare le difese dal rischio idrogeologico.
Sono alcuni degli aspetti chiave che emergono dal Rapporto “Water Intelligence”. realizzato dalla Fondazione Earth and Water Agenda (EWA) e presentato a Roma presso la sede di Confagricoltura nel corso del Convegno trasmesso in streaming dal titolo “L’evoluzione delle tecnologie dedicate alla gestione dell’acqua: l’intelligenza artificiale a supporto dell’intelligenza umana per risolvere i problemi di oggi e di domani”, , organizzato da PROGER, società globale che raccoglie il meglio dell’expertise italiano nell’ambito del management, dell’ingegneria e della sicurezza, in collaborazione con l’Associazione Italiadecide che si propone di promuovere un’analisi condivisa per la soluzione dei problemi di fondo del nostro Paese, guardando al futuro attraverso strategie di medio-lungo periodo.
Il Rapporto si pone anche come spunto di riflessione sull’assoluta necessità di un “Piano nazionale integrato per la sicurezza idrica e idrogeologica”. Il costo della siccità morde e morderà ancora di più in futuro: si calcolano oltre 30 miliardi di euro complessivi negli ultimi vent’anni per gli esborsi pubblici legati a stati di emergenza e ristori alle categorie colpite. Bisogna passare dalla gestione emergenziale al governo del fenomeno, perché la siccità nella sola agricoltura ha fatto perdere lo 0,10% di PIL.
“Il cambiamento climatico incide su più fronti: sta stravolgendo i ritmi della coltivazione, rendendo necessaria una ridefinizione della mappa del cibo a livello globale, ma causa anche effetti importanti sulle coltivazioni, con eccesso o penuria di acqua e conseguenti ricadute sulla produzione e sulla filiera, fino a incidere sui prezzi finali al consumatore. – ha commentato il Presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – La gestione dell’acqua è pertanto un tema nevralgico per le imprese agricole. In questo senso vengono in aiuto le nuove tecnologie, la scienza e la ricerca, ad esempio attraverso le tecniche di evoluzione assistita per rendere le piante resistenti agli effetti del cambiamento climatico: su questo dobbiamo investire, affinché non manchi mai il cibo dalla natura”.
L’Italia, che ha attraversato negli ultimi 20 anni 9 gravi fasi di siccità con costi complessivi per circa 30 miliardi di euro, deve la sua vulnerabilità idrica soprattutto all’assenza o alla carenza cronica di infrastrutture idriche primarie e, soprattutto, di una gestione programmata e condivisa per lo stoccaggio, la distribuzione e il riuso dell’acqua. Perché, sebbene l’Italia sia dotata di abbondante acqua dolce teoricamente prelevabile (140 miliardi di mc), questa generosa condizione naturale non si traduce in altrettanta abbondanza nella disponibilità della risorsa. Gli scenari climatici sviluppati dai centri scientifici confermano che eccesso e scarsità di acqua convivono e sono due lati della medaglia con cui l’Italia deve fare i conti. I fenomeni meteorologici estremi si combinano con l’insufficienza e vetustà delle infrastrutture idriche, concepite sulle necessità degli anni ‘50 e non resilienti ai cambiamenti climatici. Il risultato è che tra i 27 paesi dell’Unione Europea è l’Italia che preleva più acqua potabile di tutti, ma è anche in testa nelle perdite lungo i circa 400.000 km di rete del Sistema Idrico Integrato: dei 9,1 miliardi di mc immessi ogni anno, ne arrivano a destinazione solo 4,6 mld di mc.

“Oltre il 60% della rete idrica ha più di 30 anni, il 25% più di 50 anni: su 34,2 miliardi di m3 prelevati ne arrivano a destinazione solo 26,6 (77%). La nostra rete perde 7,6 miliardi di m3 all’anno (23%) – ha commentato Marco Lombardi, AD di Proger e Presidente dell’Osservatorio – Forti piogge al nord ed estrema siccità al sud, la situazione attuale riflette perfettamente l’emergenza e soprattutto la carenza di infrastrutture e di progettazione. In Italia l’acqua non manca ma non arriva a destinazione perché la rete idrica infrastrutturale non è adeguata e si sono accumulate carenze di investimenti in tecnologia applicata ai servizi idrici. C’è tantissimo “know-how” ma pochissima cultura: la cultura si riflette nei comportamenti, nelle scelte consapevoli e nelle azioni quotidiane, nella Politica di un Paese. Serve una gestione più sostenibile anche grazie alle reti neurali e l’Artificial intelligence, attraverso consumi inferiori e meno sprechi. Questa carenza dovrebbe figurare tra le massime priorità sia della politica, sia delle imprese. Necessitiamo di una sensibilità sociale nei confronti delle risorse idriche, manca la visione, non si può intervenire sull’emergenza bisogna pianificare un piano strutturale a 10 anni per tutelare questa preziosa risorsa”.
Negli ultimi 20 anni lo Stato ha investito tra l’1 e il 2% della spesa pubblica nazionale, quasi zero rispetto ad altri settori di servizi a rete. Questa irrilevanza viene confermata anche nel PNRR con investimenti pari a 4,3 miliardi di euro sul totale di 238 miliardi. Nella captazione, stoccaggio, distribuzione, uso e riciclo dell’oro blu, l’economia delle acque si distingue come uno dei settori più permeabili e promettenti nell’adozione di applicazioni digitali e di intelligenza artificiale generativa. Le aziende più performanti hanno sviluppato percorsi digitalizzati per impostare sistemi di controllo avanzato e a distanza, piattaforme di gestione integrate con sistemi informatici, sensoristica, topografica di precisione con laser scanner e georadar.
Le tecnologie disponibili sono spesso frutto della ricerca Made in Italy e dei nostri enti scientifici, a partire da Ispra (IdroGEO) , Cnr, Enea e Copernicus, e permettono agli operatori di poter anticipare e affrontare ogni fase ordinaria e di gestione dell’emergenza, grazie a sistemi satellitari e di monitoraggio basati su sensori, IoT e IA per il controllo dei deflussi e delle quantità delle acque sotterranee e superficiali; consentono la gestione di circa 500.000 km di reti idriche e 1 milione di km di reti fognarie, con tratti “intelligenti” con controlli in real time dei consumi, tramite smart metering in grado di offrire una conoscenza dettagliata delle condizioni della rete; supportano i trattamenti di depurazione delle acque reflue e i sistemi di raccolta di acqua piovana per usi industriali e urbani, garantendo la massima qualità e riducendo l’impatto ambientale.
La proposta concreta del Rapporto “Water Intelligence”:
* 13,8 miliardi di euro dovrebbero andare alla gestione dell’acqua:
– 7 miliardi per il servizio idrico integrato;
– 1,8 miliardi per 20 nuove dighe e 5mila piccoli e medi invasi;
– 1 miliardo di euro per il disinterramento delle dighe;
– 1 miliardo di euro per l’aumento della produzione idroelettrica.
* 3,85 miliardi di euro agli interventi contro il dissesto idrogeologico:
– 2,5 miliardi di euro per le misure per la difesa del territorio;
– 1,5 miliardi per rafforzare tecnologie, monitoraggi e ricerca.