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Vendemmia 2023: al via, ma produzione in calo del 14%

Inizia la vendemmia 2023 che paga, secondo le stime fornite da Coldiretti, un pesante dazio agli effetti dei cambiamenti climatici che, fra maltempo e ondate di calore, hanno danneggiato i vigneti con una produzione stimata in calo di circa il 14%, ma con crolli fino al 50% nel Centro Sud, facendo segnare, per quelle aree, il peggior risultato del secolo.

In una stagione complessa dal punto di vista meteo la vendemmia 2023 inizia pagando un pesante dazio agli effetti dei cambiamenti climatici che, fra maltempo e ondate di calore, hanno danneggiato i vigneti con la produzione nazionale stimata in calo di circa il 14% ma con crolli fino al 50% nel Centro Sud facendo segnare, per quelle aree, il peggior risultato del secolo.

È quanto emerge dal Comunicato di Coldiretti diffuso in occasione dell’avvio il 3 agosto 2023 della vendemmia delle prime uve di Pinot grigio ad Alcamo (TP)

Secondo le stime di Coldiretti, la produzione italiana dovrebbe scendere intorno ai 43 milioni di ettolitri contro i 50 milioni registrati la scorsa stagione, facendo entrare il 2023 fra i peggiori anni della storia del vigneto Italia nell’ultimo secolo insieme al 1948, al 2007 e al 2017. Se le prime stime sulla vendemmia in corso segnata dal grande caldo saranno confermate, per la prima volta dopo anni l’Italia non sarebbe più il maggiore produttore mondiale di vino superata in quantità dalla Francia che, nonostante i danni della peronospera e della siccità, secondo le stime del servizio di statistica del Ministero dell’Agricoltura francese, la vendemmia, continua Coldiretti, dovrebbe attestarsi tra i 44 ed i 47 milioni di ettolitri, in linea con la media del periodo 2018-2022, mentre la Spagna, dovrebbe restare terza con circa 36 milioni di ettolitri. In Italia, specifica Coldiretta, è attesa, comunque, una produzione di qualità, anche se i viticoltori devono stare sempre più attenti alla scelta del giusto momento per la raccolta e la lavorazione in cantina.

In base alle prime proiezioni, in assenza di ulteriori eventi avversi, per la conquista del 1° posto come produttore mondiale di vino si prospetta un testa a testa fra l’Italia e la Francia che sta facendo i conti con malattie della vite e maltempo, mentre la Spagna, dove le condizioni meteorologiche hanno fatto anticipare la raccolta di almeno due settimane, dovrebbe restare terza con 36,5 milioni di ettolitri e un calo dell’11% rispetto allo scorso anno.

In Italia, spiega Coldiretti, nonostante gli investimenti fatti dagli agricoltori a tutela della salute dei vigneti, con un incremento dei costi di produzione che pesa sui bilanci delle aziende, ci sono regioni importanti come Sicilia e Puglia, che rappresentano oltre 1/5 di tutto il vino del Belpaese, con perdite tra i filari fino al 40%– mentre in alcune zone fra Molise e Abruzzo si registra un crollo anche del 60% dei grappoli da raccogliere. La situazione è difficile anche in Toscana, ma la situazione migliora spostandosi verso Nord, dove le rese sono stabili o crescono leggermente rispetto lo scorso anno.

Se in Romagna l’alluvione ha dato un duro colpo ai vigneti, in Emilia, nonostante le grandinate, la produzione resiste seguendo l’intera dorsale che da Modena, Piacenza e Parma si spinge fino all’Oltrepò Pavese e all’Astigiano. Dal Piemonte al Veneto, passando per la Lombardia le rese sono stabili, nonostante nubifragi e grandinate che hanno colpito a macchia di leopardo nelle ultime settimane, in un Nord che quest’anno dovrebbe produrre il 65% di tutto il vino nazionale.

Uno scenario che vede la vendemmia in Italia partire tradizionalmente con le uve da spumanti Pinot e Chardonnay in un percorso che – precisa la Coldiretti – prosegue a settembre ed ottobre con la Glera per il Prosecco e con le grandi uve rosse autoctone Sangiovese, Montepulciano, Nebbiolo e si conclude addirittura a novembre con le uve di Aglianico e Nerello, su 658mila ettari coltivati a livello nazionale.

La produzione dell’Italia può contare su 635 varietà iscritte al registro viti, il doppio rispetto ai francesi, con le bottiglie Made in Italy destinate per circa il 70% a DOCQ, DDOC e IGT con 332 vini a denominazione di origine controllata (DOC), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (DOCQ) e 118 vini a indicazione geografica tipica (IGT) riconosciuti in Italia e il restante 30% per i vini da tavola a dimostrazione del ricco patrimonio di biodiversità su cui può contare l’Italia che vanta lungo tutta la Penisola la possibilità di offrire vini locali di altissima qualità grazie ad una tradizione millenaria.

Con la vendemmia in Italia – ha affermato il Presidente della Coldiretti, Ettore Prandinisi attiva un sistema che offre opportunità di lavoro a 1,3 milioni di persone impegnate direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, sia per quelle impiegate in attività connesse e di servizio”.

Da quest’anno, in Italia anche i visitatori potranno partecipare personalmente alla raccolta dell’uva tra i filari, grazie al Protocollo d’Intesa sulla “Vendemmia Turistica sottoscritto fra l’Ispettorato nazionale del lavoro (INL) e l’Associazione nazionale Città del Vino, offrendo un’occasione per vivere la vendemmia da protagonisti.

Coldiretti sottolinea come un patrimonio di cultura, storia, economia e lavoro sia messo a rischio dall’entrata in vigore della Legge sulle etichette allarmistiche del vino dopo che la Commissione UE ha dato il via libera per silenzio-assenso alla proposta del Governo irlandese. Per Coldiretti, si tratta di una norma distorsiva del commercio che è il risultato di un approccio ideologico nei confronti di un alimento come il vino che fa parte a pieno titolo della dieta mediterranea e conta diecimila anni di storia e le cui tracce nel mondo sono state individuate nel Caucaso mentre in Italia si hanno riscontri in Sicilia già 4100 anni prima di Cristo.

È del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici, tipico dei Paesi nordici, al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione come la birra e il vino che in Italia è diventato l’emblema di uno stile di vita lento, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol – ha sottolineato Prandini – Il giusto impegno dell’Unione per tutelare la salute dei cittadini non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate”.

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