La transizione energetica globale, secondo il Rapporto del WEF che valuta le prestazioni del sistema energetico di 115 Paesi, non ha fatto progressi nell’ultimo quinquennio.
Dopo l’aggiornamento (GECO 2018), divulgato dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) il 26 marzo 2019 sulle tendenze global,di utilizzo dell’energia, della sua produzione con i combustibili fossili, delle emissioni di gas serra, che mostra come nel 2018 siano state tutte in aumento, mentre le politiche per l’efficienza energetica hanno rallentato, a lanciare un altro avvertimento per la scarsa velocità della transizione energetica a basse emissioni di carbonio, è intervenuto quasi contemporaneamente il Rapporto del World Economic Forum (WEF) “Fostering Effective Energy Transition 2019”.
Il Rapporto riassume i risultati dell’Energy Transition Index (ETI), giunto alla sua ottava edizione, che valuta le prestazioni del sistema energetico di 115 Paesi, volte alla transizione verso un futuro sistema energetico sicuro, sostenibile, accessibile e inclusivo.
L’ETI aggrega indicatori derivanti da 40 diversi set di dati energetici, economici e ambientali, al fine di fornire una visione completa e basata sui dati del sistema energetico mondiale che può essere monitorato nel tempo.
La classifica che ne consegue, basata su aspetti oggettivi, ha lo scopo di consentire ai responsabili politici e alle imprese di identificare il percorso per la transizione energetica e i punti deboli e, conseguentemente, le politiche che debbono essere attuate per attivare i mercati.
Il sistema energetico globale, osserva il WEF, guidato da fattori quali l’aumento della domanda, l’innovazione tecnologica, i cambiamenti geopolitici e le preoccupazioni ambientali, si sta trasformando notevolmente. Quantunque tutti i sistemi energetici abbiano avuto nel tempo modifiche, l’attuale evoluzione energetica non ha precedenti, anche se la sua velocità potrebbe non essere sufficientemente rapida.
Secondo Relazione speciale (Sr-15) del 2018 dell’IPCC, le emissioni antropogeniche globali dovranno scendere allo zero netto entro il 2050 per limitare l’aumento della temperatura globale a meno di 1,5 °C, rispetto al livello preindustriale.
Il sistema energetico contribuisce per due terzi alle emissioni globali ed è il principale responsabile di questa sfida. Compito, peraltro, non semplice stante la dimensione e l’inerzia dell’attuale architettura energetica e il frammentato panorama decisionale.
Nonostante l’Accordo sugli obiettivi climatici globali, l’abbassamento dei costi energetici e il crescente interesse pubblico e aziendale per gli impatti catastrofici che potrebbero innescare cambiamenti climatici irreversibili, si legge nel Rapporto, dal 2014 non è stato fatto alcun progresso per rendere i sistemi energetici più sostenibili dal punto di vista ambientale.
Negli ultimi 5 anni si sono registrati miglioramenti in alcuni indicatori come quelli dell’accesso e della sicurezza energetica, ma troppi Paesi si affidano ancora al carbone per la produzione energetica perché si possano conseguire gli obiettivi ambientali.
Anche le principali economie non sono riuscite negli ultimi anni ad incidere sulla riduzione dell’intensità energetica (quantità di energia utilizzata per unità di PIL), un fattore che sarà fondamentale per guidare l’implementazione di un’economia globale più verde ed efficiente.
“Abbiamo bisogno di un futuro in cui l’energia sia accessibile, sostenibile e disponibile per tutti – ha dichiarato Roberto Bocca, Responsabile di Futuro dell’Energia e Materiali, nonché Membro del Comitato esecutivo, del WEF – Un robusto progresso nel portare l’energia ad un maggior numero di persone non è sufficiente per mascherare i fallimenti più ampi che stanno già avendo un impatto sul clima e sulle nostre società. Ora è necessaria un’azione urgente per accelerare la transizione che funzioni per le imprese, i consumatori e il nostro ambiente“.
Le tristi conclusioni del Rapporto sono addolcite dalla constatazione che Cina e India, classificate per performance di sistema rispettivamente 97° e 86° posto della classifica, risalgono posizioni nell’indicatore della preparazione alla transizione (rispettivamente 45° e 61° posto): “Ciò sembra suggerire che i due colossi, sebbene i loro attuali sistemi energetici siano obsoleti e non pronti alla transizione – afferma il WEF – stiano costruendo un contesto favorevole per supportare la transizione futura. A tal riguardo spicca il 7° posto della Cina per l’indicatore Impegno regolamentare e politico”.
La classifica è guidata dalla Svezia con il 74,9%, seguita dalla Svizzera (74,3%) e dalla Norvegia (73,4%). Seguono Finlandia (73%), Danimarca (72,2%), Austria (70,7%), Gran Bretagna (70,2%), Francia (68,6%), Olanda e Islanda (entrambe con il (68,5%).
Come si vede sono tutti Paesi dell’Europa occidentale. Le preoccupazioni del WEF sono rivolte alla scarsa preparazione delle maggiori economie, dal momento che le top ten contano per appena il 2,6% delle emissioni globali annue.
L’Italia è 29ma con il 61,7%. In particolare, il nostro Paese è 20° con il 70% sul fronte delle performance di sistema, ma soltanto 36° con il 54% sulla preparazione alla transizione energetica.
Il Rapporto sottolinea che i Paesi meglio posizionati per la decarbonizzazione condividono quadri normativi stabili, ambienti imprenditoriali innovativi in grado di attrarre investimenti e un forte impegno politico per la transizione energetica.