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Inquinanti atmosferici: l’ISPRA ha aggiornato i dati

Lo Studio sull’Analisi dei trend dei principali inquinanti atmosferici in Italia (2008-2017) mostra un decremento generalizzato, tuttavia in molte aree del Paese i limiti dell’UE continuano ad essere superati e si continua a morire.

L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) ha messo online il nuovo Studio  che aggiorna l’analisi condotta 5 anni fa (riferita al periodo 2003-2017), estendendola ad un maggior numero di punti di misura e permettendo, quindi, una migliore rappresentazione spaziale delle tendenze dell’intero Paese.

Secondo il report, nel periodo analizzato le concentrazioni di PM10, PM2,5 ed NO2, nella larga prevalenza di casi, diminuiscono. In particolare per il PM10 il trend è decrescente nel 77% dei casi (119 stazioni di monitoraggio su 155 analizzate) e si stima una riduzione della media annuale pari a 0,8 µg/m³ l’anno.

Anche le concentrazioni di NO2 diminuiscono nella maggior parte dei casi (79%, -195 stazioni su 246) con una riduzione media in termini di concentrazione di 1,0 µg/m³ l’anno.

Relativamente al PM2,5, nel 69% dei casi (43 stazioni di monitoraggio su 62) si registra una riduzione significativa con una variazione annuale media stimata pari a 0,7 µg/m³.

Nessun segno di diminuzione invece per i valori medi dell’ozono che rimangono stabili negli anni. Nella quasi totalità delle stazioni (100 su 116) infatti, non è possibile individuare un trend statisticamente significativo; la tendenza di fondo appare sostanzialmente monotona e le oscillazioni interannuali sono attribuibili alle naturali fluttuazioni della componente stagionale. Ciò è spiegabile, almeno in parte, con la sua natura di inquinante secondario per il quale manca una relazione di proporzionalità diretta con la riduzione delle emissioni dei precursori.

Tuttavia,  in molte aree del Paese i limiti per gli inquinanti atmosferici continuano ad essere superati: lo studio mostra chiaramente come in diverse zone d’Italia si superino ancora i valori limite per il materiale particolato, il biossido di azoto, l’ozono troposferico.

Fonte: ISPRA

In Europa, Nord America, Giappone e Australia, si legge nel Rapporto, è stato registrato negli ultimi 25 anni un disaccoppiamento tra la crescita economica e le emissioni dei principali inquinanti, dovuto alle azioni messe in campo per ridurre l’inquinamento atmosferico. Si prevede che un percorso analogo caratterizzerà lo sviluppo della Cina nei prossimi 25 anni. Tuttavia in molte parti del mondo (in particolare in Africa, in India e nel Sud-Est asiatico) siamo ancora in un fase di vertiginosa crescita delle emissioni, trainata dall’aumento della domanda di trasporto privato e dall’aumentato fabbisogno energetico, soddisfatto in larga parte dall’uso di combustibili fossili ed è prevedibile che tale trend non si invertirà prima del 2040.

Il Rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) sullo stato globale dell’energia e della CO2 (GECO 2018), appena pubblicato, ha confermato che l’utilizzo dei combustibili fossili per la produzione energetica è cresciuto del 2,3% nel 2018, ad un ritmo il più elevato degli ultimi 10 anni.

Nonostante i miglioramenti del livello di concentrazione dei principali inquinanti atmosferici, in Europa la cattiva qualità dell’aria continua a fare vittime, oltre che provocare danni economici, come attesta anche l’ultimo Rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, che ha stimato 422.000 le morti premature per il particolato, 79.000 quelle per il biossido di azoto e 17.700 per l’ozono, con Italia e Germania a guidare la triste classifica.

Nel quadro europeo, infatti, l’Italia con il bacino padano rappresenta sempre una delle aree in cui l’inquinamento atmosferico è più rilevante, soprattutto a causa dei trasporti. Secondo l’International Council on Clean Trasportation  (ICCT) che ha diffuso qualche settimana fa uno Studio sugli impatti sulla salute attribuibili ai trasporti, nel 2015  Milano e Torino sono state le due aree urbane a livello globale con il maggior numero di morti premature ogni 100.000 abitanti dovute all’inquinamento atmosferico causato dai trasporti.

Per l’ISPRA, la possibilità di conseguire gli obiettivi fissati dall’Unione europea a breve termine (ottenere, al più tardi entro il 2020 un significativo miglioramento della qualità dell’aria outdoor, che si avvicini ai livelli raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, con la piena conformità alle norme vigenti) e a lungo termine (ridurre significativamente gli impatti sulla salute e sugli ecosistemi entro il 2030), è legata all’efficacia delle politiche energetiche, agricole e sulla mobilità, e alla loro integrazione nelle politiche nazionali e locali, che saranno adottate dagli Stati membri ad integrazione delle misure già previste nei piani per la qualità dell’aria da adottare nel caso in cui i livelli in aria ambiente degli inquinanti, superino i rispettivi valori limite o obiettivo. e a lungo termine rimane legata all’efficacia delle politiche energetiche, agricole e sulla mobilità che saranno adottate dagli stati membri a integrazione delle misure già previste nei piani per la qualità dell’aria nel caso in cui i livelli degli inquinanti superino i rispettivi valori limite. A oggi, tali obiettivi sono ancora lontani dall’essere raggiunti.

Yes, ’n’ how many deaths will it take he knows
That too many people have died?

(“Sì, quante morti ci vorranno prima che egli [l’uomo] capisca che troppa gente è morta?), cantava Bob Dylan in “.Blowin’ in the wind” (1963).

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