Dal Rapporto “Teleriscaldamento e Teleraffrescamento” del GSE emerge che le relative reti soddisfano solo il 2% della domanda complessiva di prodotti energetici per riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria del Paese, contro il 10% dell’UE, e dipendono per l’84% da impianti alimentati da fonti fossili.
Il Gestore dei Servizi Energetici S.p.A (GSE) ha messo online la II edizione del Rapporto “Teleriscaldamento e Teleraffrescamento” che traccia il quadro dello sviluppo e della diffusione delle relative reti in esercizio in Italia, aggiornato alla fine del 2018, con approfondimenti dedicati alle diverse tipologie di reti, di impianti e di volumetrie servite.
Il Decreto legislativo 102/2014, di recepimento della Direttiva EED, fornisce la seguente definizione di rete di teleriscaldamento e teleraffrescamento (art.2 comma 1): “Sistema di trasporto dell’energia termica, realizzato prevalentemente su suolo pubblico, finalizzato a consentire a chiunque interessato, nei limiti consentiti dall’estensione della rete, di collegarsi alla medesima per l’approvvigionamento di energia termica per il riscaldamento o il raffreddamento di spazi, per processi di lavorazione e per la copertura del fabbisogno di acqua calda sanitaria”.
Con riferimento al teleriscaldamento, la fotografia scattata dal Rapporto delinea una realtà consolidata, con oltre 300 reti in esercizio, per un’estensione complessiva di 4.800 km e 9,3 GW di potenza termica installata, che servono oltre 250 comuni, in gran parte concentrati nelle regioni settentrionali del Paese, con la Lombardia al 1° posto, seguita da Piemonte, Emilia-Romagna e Provincia di Bolzano. Se si considera il solo settore residenziale, queste reti soddisfano il 2% circa della domanda complessiva di prodotti energetici per riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria del Paese, contro il 10% dell’UE.
La tipologia di fonte che alimenta gli impianti legati a queste reti è prevalentemente di origine fossile (84% della potenza installata), per lo più a gas naturale; il restante 16% da rinnovabili (biomassa, geotermia, ecc.) e rifiuti, la cui incidenza diminuisce man mano che cresce la taglia degli impianti.
Negli anni più recenti si sta via via diffondendo anche il servizio parallelo di teleraffrescamento, erogato attraverso una rete di distribuzione dedicata (ad acqua refrigerata) oppure attraverso gruppi ad assorbimento installati presso le utenze e alimentati dalla rete di teleriscaldamento. Sono stati censite 32 reti di teleraffrescamento, per un’estensione di 35,2 km e una volumetria raffrescata di 8,8 milioni di metri cubi, presenti quasi esclusivamente in Lombardia ed Emilia-Romagna.

Nel suo 5° Rapporto “Biomass For Heat”, Bioenergy Europe sottolineava la permanente eccessiva dipendenza degli impianti di district heating alimentati dalle fonti fossili, se pure si sia assistito negli ultimi anni a un forte decremento della componente solida e liquida a favore del gas naturale.
Nell’UE teleriscaldamento e il teleraffrescamento rappresentano attualmente il 10 % circa della domanda di energia termica in tutta l’Unione, con grandi differenze tra gli Stati membri. La strategia della Commissione in materia di riscaldamento e raffrescamento ha riconosciuto il potenziale per la decarbonizzazione del teleriscaldamento grazie a una maggiore efficienza energetica e allo sviluppo delle energie rinnovabili.
Secondo quanto riportato nel Rapporto il 72% dei sistemi di teleriscaldamento e il 63% dei sistemi di teleraffrescamento in esercizio in Italia sono efficienti secondo la definizione
della Direttiva 2012/27/CE, riportata nell’art. 2 del succitato D.Lgs,
secondo cui sono tali i sistemi che:
“usano in alternativa, almeno:
a) il 50% di energia derivante
da fonti rinnovabili;
b) il 50% di calore di scarto;
c) il 75% di calore cogenerato;
d) il 50% di una combinazione delle precedenti.”.
Il ruolo di primo piano dei sistemi di teleriscaldamento e teleraffrescamento in Italia è peraltro confermato dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), presentato alla Commissione UE all’inizio dell’anno, che assegna a tali sistemi un ruolo di rilievo nel perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e risparmio energetico, prevedendo in particolare un’estensione aggiuntiva delle reti ed enfatizzando la diffusione di sistemi efficienti.
La nuova Direttiva Rinnovabili (RED II) incentiva l’utilizzo di soluzioni efficienti di teleriscaldamento e teleraffrescamento, attraverso l’inserimento di quote maggiori di rinnovabili, anche per evitare che i consumatori si scolleghino da impianti inefficienti.
L’art. 24 prevede che “siano fornite ai consumatori finali informazioni sulla prestazione energetica e sulla quota di energia da fonti rinnovabili nei loro sistemi di teleriscaldamento e teleraffrescamento in un modo facilmente accessibile, ad esempio sui siti web dei fornitori, sulle bollette annuali oppure su richiesta”.