Secondo la nuova relazione della Corte dei Conti europea, la politica agricola comune (PAC) non è stata efficace nell’invertire il declino della biodiversità agricola che dura ormai da decenni e l’agricoltura intensiva resta la principale causa. Alcuni regimi della PAC hanno maggiori potenzialità ai fini del miglioramento della biodiversità agricola, ma la Commissione e gli Stati membri hanno privilegiato le opzioni a basso impatto.
In occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, che celebra anche la biodiversità al motto di “È l’ora della Natura”, la Corte dei Conti europea (ECA) ha pubblicato la Relazione speciale “Biodiversità nei terreni agricoli: il contributo della PAC non ne arrestato il declino”, da cui si evince che, nonostante specifiche misure e consistenti finanziamenti della Politica Agricola Comune (PAC), non c’è stato l’auspicato arresto di perdita della biodiversità.
Il ruolo dell’Unione europea nella protezione della biodiversità è fondamentale, osserva la Corte, dato che l’UE definisce gli standard ambientali e cofinanzia la maggior parte delle spese agricole degli Stati membri. Per il periodo 2014-2020, la Commissione ha previsto di spendere 86 miliardi di euro (circa l’8 % del bilancio a lungo termine dell’UE) per la biodiversità, di cui 66 miliardi di euro provenienti dalla PAC.
L’UE e gli Stati membri hanno sottoscritto la Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica (CBD) nel 1990, e nel 2010 si sono impegnati a raggiungere gli obiettivi di “Aichi” per il 2020, definiti nell’ottobre 2010 a Nagoya (prefettura di Aichi) per assicurare l’applicazione concreta della Convenzione. Nel mese di ottobre di quest’anno si sarebbe dovuta svolgere in Cina la Conferenza delle Parti della Convenzione (CBD-COP15) per definire di obiettivi di salvaguardia della biodiversità per il decennio 2021-2030, ma a seguito della pandemia di Covid-19, è stata rinviata al prossimo anno, a data da destinarsi, come accaduto anche ad altri eventi
Il Global Risks Report presentato in gennaio dal World Economic Forum (WEF) ha evidenziato come il rischio di perdita della biodiversità sia stato indicato dai 750 esperti e decision maker che hanno contribuito alla sua redazione tra i maggiori rischi che possono verificarsi (4°posto) e tra quelli di maggiore impatto (3°posto) in termini di benessere per l’umanità.
Da molti anni in Europa si osserva un declino della biodiversità agricola (si riferisce agli animali selvatici ovvero non agli animali d’allevamento, come piccoli mammiferi, uccelli e insetti, alla vegetazione naturale su prati, seminativi e colture permanenti e alla vita sotterranea). Dal 1990, le popolazioni di uccelli e di farfalle comuni presenti nei terreni agricoli, buoni indicatori di cambiamento, sono diminuite di oltre il 30 %. L’agricoltura intensiva ha fortemente ridotto l’abbondanza e la diversità della vegetazione naturale, e di conseguenza della fauna, e resta una delle cause principali della perdita di biodiversità.
Nel 2011, la Commissione ha approvato una Strategia per arrestare la perdita di biodiversità entro il 2020, impegnandosi ad accrescere il contributo dell’agricoltura e della silvicoltura al mantenimento della biodiversità al fine di apportare un “miglioramento misurabile” allo stato di conservazione delle specie e degli habitat che subiscono gli effetti dell’agricoltura.
Nel maggio scorso la Commissione UE ha adottato, secondo quanto previsto dalla tabella di marcia del Green Deal europeo, la nuova Strategia “Bringing nature back into our lives” (Riportare la Natura nella nostra vita), con l’obiettivo di farne l’elemento centrale del piano di ripresa dell’UE, fondamentale, anche per prevenire la comparsa di future pandemie e rafforzare la resilienza.
La Corte ha esaminato, quindi, se la PAC abbia contribuito a migliorare la conservazione della biodiversità ed analizzato le modalità con cui l’UE sta perseguendo i propri obiettivi, attraverso visite di audit a Cipro e in Germania, Irlanda, Polonia e Romania.
“L’azione della PAC non è stata finora sufficiente a contrastare il declino della biodiversità agricola, una grave minaccia sia per l’agricoltura che per l’ambiente – ha dichiarato Viorel Ștefan, il Membro della Corte responsabile della relazione – La proposta per la PAC post-2020 e la strategia sulla biodiversità fino al 2030 mirano a rendere la PAC più reattiva di fronte a sfide quali la perdita di biodiversità, i cambiamenti climatici o il rinnovo generazionale, continuando al tempo stesso a sostenere gli agricoltori europei per ottenere un settore agricolo sostenibile e competitivo”.
La Corte ha rilevato che la strategia UE sulla biodiversità fino al 2020 non aveva stabilito valori obiettivo misurabili per l’agricoltura, per cui è difficile valutare i progressi e la performance delle azioni finanziate dall’UE. Inoltre, lo scarso coordinamento tra le politiche e le strategie dell’UE riguardanti la biodiversità non ha consentito, ad esempio, di affrontare il problema del declino della diversità genetica, un sottoinsieme della biodiversità.
I pagamenti diretti della PAC agli agricoltori rappresentano circa il 70 % di tutte le spese agricole dell’UE, ma le modalità con cui la Commissione monitora le spese della PAC a beneficio della biodiversità non sono affidabili, in quanto sovrastimano il contributo di alcune misure. Inoltre, gli effetti di tali pagamenti sulla biodiversità nei terreni agricoli sono limitati oppure non conosciuti. Anche se alcuni requisiti previsti per i pagamenti diretti, in particolare per “l’inverdimento”, e “la condizionalità” sono potenzialmente utili ai fini del miglioramento della biodiversità, la Commissione e gli Stati membri hanno privilegiato le opzioni a basso impatto, come le colture intercalari e azotofissatrici. La Corte ha rilevato, inoltre, che il regime di sanzioni nell’ambito della condizionalità non ha prodotto un impatto certo sulla biodiversità nei terreni agricoli e le potenzialità delle misure di inverdimento non sono state pienamente sfruttate.
I Programmi di sviluppo rurale (PSR) presentano maggiori potenzialità ai fini della biodiversità rispetto ai pagamenti diretti, in particolare quelli che sostengono le pratiche agricole rispettose dell’ambiente che vanno al di là degli obblighi imposti dalla normativa al riguardo. Tuttavia, gli Stati membri si avvalgono raramente delle misure ad alto impatto, come i regimi basati sui risultati, preferendo quelle meno impegnative e meno benefiche (“misure verde chiaro”), più apprezzate dagli agricoltori.
La Corte raccomanda alla Commissione UE di coordinare meglio la strategia sulla biodiversità fino al 2030, potenziare il contributo dei pagamenti diretti e dello sviluppo rurale alla biodiversità nei terreni agricoli, consentire una più precisa tracciabilità delle spese finanziate ed elaborare indicatori affidabili per valutare l’impatto della PAC.
WEF, Global Risks Report 2020,