Nonostante le dichiarazioni di voler eliminare entro il 2025 i sussidi ai combustibili fossili, i Paesi del G7 hanno fatto finora ben poco per conseguire l’obiettivo che nella Dichiarazione finale di quest’anno non viene nemmeno esplicitamente reiterato.
Come è ormai consuetudine, alla vigilia della riunione annuale del G7 alcune organizzazioni e istituti di ricerca sono soliti monitorare i progressi che vengono compiuti dai Paesi che fanno parte del G7, rispetto alle dichiarazioni rinnovate di anno in anno di impegnarsi per la graduale eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili entro il 2025.
Peraltro, il controverso Comunicato finale del G7 di quest’anno (Charlevoix in Québec – Canada, 8-9 giugno 2018) non ne fa più esplicita menzione, limitandosi a citare i combustibili fossili al Paragrafo “Lavoriamo insieme su Cambiamenti Climatici, Oceani e Energia Pulita” punto 26: “[…] Gli Stati Uniti cercheranno di lavorare a stretto contatto con gli altri Paesi per aiutarli ad accedere e utilizzare i combustibili fossili in modo più pulito ed efficiente e ad implementare le fonti rinnovabili e le altre fonti energetiche pulite, stante l’importanza dell’accesso e sicurezza energetica nei loro contributi determinati a livello nazionale [sono gli impegni nazionali di riduzione delle emissioni (NDCs) nell’ambito dell’Accordo di Parigi per mantenere ben al di sotto dei +2 °C il riscaldamento globale entro la fine del secolo]”.
National Resources Defense Council (NRDC), il più importante gruppo ambientalista statunitense, Oil Change International (OCI) organismo di ricerca e comunicazione sui costi veri dell’uso dei combustibili fossili e per una transizione energetica pulita, Overseas Development Institute (ODI) think-tank britannico indipendente sullo sviluppo globale e gli affari internazionali, e International Institute for Sustainable Development (IISD), Ong che da oltre 25 anni si occupa di promuovere lo sviluppo umano e la sostenibilità ambientale attraverso ricerche innovative, campagne e partnership, hanno redatto e pubblicato il 4 giugno 2018 “G7 fossil fuel subsidy scorecard”.
Dal Report emerge che i Paesi del G7 nel complesso continuano a fornire almeno 100 miliardi di dollari l’anno per sostenere la produzione e il consumo di petrolio, gas e carbone. In media nel 2015 e nel 2016 i Governi del G7 hanno fornito almeno 81 miliardi di dollari in termini di esenzioni fiscali e 20 miliardi di finanziamenti pubblici, sia per la produzione che per il consumo di petrolio, gas e carbone in patria e all’estero, ostacolando o ritardando di fatto la transizione verso l’energia pulita.
“I Governi del G7 si sono impegnati nel 2009 a eliminare gradualmente i sussidi per i combustibili fossili, ma da allora hanno fatto pochissimi progressi – ha dichiarato Ivette Gerasimchuk, della Global Subsidies Initiative di IISD e co-autrice del Rapporto – Nel contempo, i Paesi meno ricchi con impegni simili assunti nell’ambito del G20, come l’India e l’Indonesia, hanno ridotto i sussidi di miliardi. I Paesi più ricchi devono dimostrare la loro leadership nel porre fine al sostegno dei combustibili fossili”.
Quest’anno, come annuncia il titolo del Report, per la prima volta è stata stilata la classifica di ciascun Paese in termini di trasparenza nella comunicazione dei dati, di impegni annunciati e di progressi effettivi per porre fine ai sussidi per l’estrazione, produzione e uso delle fonti fossili.
Gli Stati Uniti si sono classificati all’ultimo posto a causa del loro continuo supporto all’esplorazione e alla produzione di petrolio, gas e carbone, oltre che a “rimangiarsi” gli impegni assunti in precedenza.
La Francia ha ottenuto il punteggio migliore grazie ai suoi progressi nel porre fine ai permessi di esplorazione di nuovi giacimenti di petrolio e gas sul territorio nazionale e per la graduale riduzione del sostegno fiscale per carburanti fossili.
L’Italia si colloca in 5a posizione, penalizzata dal sostegno fiscale per petrolio e gas per la produzione di energia elettrica e per le esenzioni concesse ai carburanti fossili per i trasporti, nonostante sia il Paese che ha fatto i maggiori progressi per la fine del sostegno all’estrazione del carbone e abbia deciso di chiudere entro il 2025 tutti gli impianti di produzione di energia elettrica a carbone (SEN) .
Per quanto attiene la trasparenza, il nostro Paese si colloca al 3° posto a pari merito con la Francia, grazie in particolare alla pubblicazione da parte del MATTM del “Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli”, il cui aggiornamento è previsto entro il 30 giugno di ogni anno.
“Nonostante le reiterate promesse di eliminare i combustibili fossili i Paesi del G7 continuano a sovvenzionare petrolio, gas e carbone – ha affermato Shelagh Whitley, responsabile del Programma Clima ed Energia all’ODI e principale autore del Rapporto – alimentando pericolosi cambiamenti climatici con il denaro dei contribuenti. Questa classifica risolve l’attuale lacuna nell’individuazione delle rispettive responsabilità. Quantunque si sono avuti negli ultimi anni alcuni progressi, il quadro complessivo è deludente, non avendo alcun Paese ottenuto punteggi elevati”.
Un contributo alla rimozione dei sussidi ai combustibili fossili e alla definizione di proposte per finanziamenti sostenibili è stato offerto dalla Commissione UE che il 24 maggio 2018 ha adottato un Pacchetto legislativo per definire le attività finanziarie sostenibili, stabilire parametri di riferimento a basse emissioni di carbonio e promuovere la consulenza sugli investimenti verdi, destinato “a indirizzare il grande potere dei mercati dei capitali verso la lotta contro i cambiamenti climatici e a promuovere la sostenibilità”.