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Spiagge: erosione costiera e cambiamenti climatici sono i nemici da combattere

Il Rapporto Spiagge 2019 di Legambiente torna a sottolineare l’importanza di definire nuove regole e politiche per rilanciare il ruolo delle aree costiere italiane, lanciando un appello ai balneari per avviareun confronto sinergico sul futuro delle spiagge italiane partendo dalla lotta, non già alla Direttiva Bolkestein, ma ai veri nemici del litorale: l’erosione costiera, il cemento, l’inquinamento e i cambiamenti climatici.

Qual è lo stato di salute di quello straordinario patrimonio ambientale e turistico che rappresentano gli oltre 3mila chilometri di spiagge italiane?

A tracciare un quadro complessivo dei lidi della Penisola italiana, caratterizzata da ben 3.346 km di coste sabbiose, è il Rapporto Spiagge 2019, presentato da Legambiente il 29 luglio 2019, che fotografa una situazione complessa e variegata.

In Italia le spiagge libere sono spesso un miraggio, quelle presenti sono il più delle volte di serie B e poste vicino a foci dei fiumi, fossi o fognature dove la balneazione è vietata.

A ciò va aggiunto l’impatto che ormai i cambiamenti climatici, l’erosione e il cemento selvaggio stanno avendo sulle coste ridisegnandole, il problema dell’inquinamento, l’accessibilità negata e quello delle concessioni senza controlli.

Dall’altra parte, però, in questi anni lungo il nostro litorale si è registrato un grande fermento green che punta, in maniera sempre più concreta, sulla sostenibilità ambientale, su un impegno plastic-free e sulla difesa della biodiversità come testimoniano le numerose storie selezionate nel report e l’esperienza avviata attraverso il marchio “Ecospiagge per tutti”.

Quanto sia importante capire la situazione attuale, ma anche i processi in corso, sono i crescenti impatti e le vittime dei cambiamenti climatici nei territori costieri di questi giorni, quali la tromba d’aria che si è abbattuta il 27 luglio a Focène (Fiumicino) sul litorale laziale, quella che ha distrutto il 10 luglio gli Stabilimenti balneari a Numana (AN) o la violenta grandinata che nello stesso giorno ha colpito la città di Pescara.

Al contempo continuano i processi di erosione delle spiagge in moltissime aree del Paese e che ha costretto ad annullare il concerto del 27 luglio di Jovanotti che si sarebbe dovuto svolgere nella ad Albenga (SV) perché la Spiaggia Fronte Isola che doveva ospitarlo, nel frattempo si era ritirata di 10-12 metri, risultando impossibile ospitare le persone che sarebbero arrivate per l’evento.

Gli studi elaborati sulla dimensione del fenomeno erosivo delle spiagge portano a una stima per cui almeno un terzo delle aree costiere sta subendo processi o è a rischio erosione, ma non esiste un monitoraggio costante del fenomeno che si continua, purtroppo, a inseguire con interventi spesso inutili, impattanti e costosi.

A destare preoccupazione sono i dati diffusi lo scorso anno dall’ENEA sulla situazione delle coste italiane più esposte all’inondazione, con almeno 5.500 km2 di territori a rischio nel 2100.

In una prospettiva di questo tipo, sottolinea Legambiente, studiare quanto sta avvenendo lungo le coste italiane diventa imprescindibile tanto quanto è urgente mettere in campo nuove strategie di adattamento a fenomeni di questa portata. Senza dimenticare come sia importante monitorare lo stato di salute del Mediterraneo, per il crescente impatto che la presenza di plastiche e microplastiche sta determinando, per la depurazione purtroppo ancora incompleta in molte parti d’Italia, come rivela le continue procedure di infrazione avviate in questi anni dalla Commissione UE, l’ultima delle quali è stata adottata la scorsa settimana,  e per le conseguenze del riscaldamento crescente della temperatura del mare che già vediamo nella comparsa di nuove specie di alghe e pesci.

Con questo dossier vogliamo contribuire a costruire un dibattito sullo stato di salute delle coste italiane all’altezza delle sfide che avremo di fronte nei prossimi anni – ha affermato  Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente – L’errore che non va commesso è quello di continuare ad affrontare gli argomenti separatamente, inseguendo la cronaca nel periodo estivo dei danni da cicloni o erosione, di spiagge libere e in concessione (con le polemiche sui canoni e sulla famigerata Direttiva Bolkestein), dell’inquinamento dei tratti di costa. Il paradosso, da cui dobbiamo assolutamente uscire, è che nel nostro Paese nessuno si occupa di coste. Non possiamo più permettercelo in una prospettiva climatica come quella che abbiamo descritto, e soprattutto non dobbiamo consentirlo, perché gli 8mila chilometri di aree costiere italiane, con il sistema di porti, città e aree protette, rocce e spiagge, sono già oggi una straordinaria risorsa in chiave turistica che potrebbe rafforzarsi e allargarsi costruendo un’offerta sempre più qualificata, integrata e diversificata anche come aree e stagionalità”.

In particolare, Legambiente torna a sottolineare l’importanza di definire nuove regole e politiche per rilanciare il ruolo delle aree costiere italiane fissando le sfide del futuro. Occorre approvare una legge nazionale in materia di aree costiere, come fatto negli altri Paesi, che dia risposta alle 3 sfide che abbiamo di fronte:

1) garantire il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge (complessivamente si può stimare che le sole concessioni relative agli stabilimenti ed ai campeggi superano il 42% di occupazione delle spiagge, con Liguria ed Emilia-Romagna che ne occupano quasi il 70%, la Campania il 67,7% e le Marche il 61,8%);

2) nelle spiagge in concessione premiare la qualità dell’offerta, consentita peraltro dalla Direttiva Bolkenstein, in una logica ambientale sempre più integrata e ambiziosa che guarda sia alle strutture che al rapporto con il territorio, su imprese locali e familiari capaci di garantire l’occupazione;

3) intervento sui canoni di concessione, non solo per costruire un quadro più trasparente e corretto come prezzo pagato a metro quadro, ma anche per indirizzare le risorse per tutelare le aree costiere, valorizzare il patrimonio naturale, adattare il territorio ai cambiamenti climatici.

Per far ciò è indispensabile avviare un dialogo sinergico coinvolgendo in primo luogo il settore balneare, i cittadini e gli ambientalisti per ragionare insieme sul futuro delle spiagge italiane unendo qualità, accessibilità, sostenibilità e valorizzazione del territorio.

Quando si parla di spiagge e concessioni non si dovrebbe parlare solo di Bolkestein come si fa in Italia – ha sottolineato a sua volta Sebastiano Venneri, responsabile mare di Legambiente – Si dovrebbe invece cominciare a ragionare su come valorizzare queste straordinarie potenzialità e come affrontare i problemi trovando soluzioni innovative, come fanno già molti Paesi europei dove si è scelto di premiare le imprese locali che scommettono sulla qualità e al contempo garantire che una parte maggioritaria delle spiagge sia garantita per la libera fruizione. In Francia, ad esempio, la durata delle concessioni per i lidi non supera i 12 anni e l’80% del litorale deve rimanere libero. La sfida che vogliamo lanciare ai balneari è di ragionare insieme sul futuro delle spiagge italiane partendo da una lotta ai veri nemici del litorale: l’erosione costiera, il cemento e i cambiamenti climatici. Sono i balneari i primi ad essere interessati ad avere prospettive credibili di lavoro e di sicurezza, ma anche ad isolare quanti compiono abusi e illeciti. La proposta è: ragioniamo assieme su regole per garantire un’offerta di qualità e al contempo l’accessibilità dei cittadini, su criteri che premino coloro che scommettono sulla valorizzazione del patrimonio ambientale e su strutture a impatto zero”.

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