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Scienza: quale ruolo al tempo delle fake news e dell’ingerenza della politica?

La Scienza non può essere messa alla pari di una piattaforma social e non può subire condizionamenti che ne sminuiscano l’autonomia e la missione di “frontiera infinita che persegue pace, salute e prosperità diffuse”.

Quante dicerie sono circolate in questi giorni sul Coronavirus ora COVID-19:
è stato costruito in laboratorio come arma biologica che non sono riusciti a controllare;
è stato creato a scopi politici per punire alcuni Stati;
era già conosciuto e si è lasciato che si diffondesse per lucrare sul vaccino già brevettato;
ci sono rimedi omeopatici per contrastarlo.

Intervenendo al 30° Anniversario di Telethon al Quirinale e alla vigilia della Giornata delle Malattie Rare (29 febbraio 2020), il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella  non si è lasciata sfuggire l’occasione per intervenire ancora sulla situazione che sta vivendo il nostro Paese a seguito dell’epidemia e sulla diffusione sit incontrollata di notizie (infodemia come l’ha definita l’Organizzazione Mondiale della Sanità), molte delle quali vere e proprie fake news.

La scienza è alleata della società e questa deve riferirvisi con senso di responsabilità – ha affermato il Capo dello Stato – È accaduto in questi anni che la scienza fosse messa in discussione, abbiamo assistito a comportamenti irrazionali, al propagarsi di teorie antiscientifiche – per esempio sui vaccini – al diffondersi di ansie che si sono trasformate in comportamenti autolesionisti. Oggi di fronte alla comparsa di un nuovo insidioso virus, si apprezza meglio il valore della scienza, la dedizione degli uomini e delle donne che portano aventi nuove ricerche e l’impegno sul campo di chi ne applica i risultati”.

Preoccupante è, comunque, che queste false credenze siano difficili da smontare e addirittura i tentativi di contrastarle con informazioni scientifiche diffuse dalle Organizzazioni e Istituti scientifici si rivelerebbero anche controproducenti.

Almeno a queste conclusioni è giunto lo Studio The effects of corrective information about disease epidemics and outbreaks: Evidence from Zika and yellow fever in Brazil”, pubblicato il 29 gennaio 2020 su Science Advances, la Rivista dell’American Association for the Advancement of Science, e condotto da ricercatori di Università statunitensi, che ha analizzato gli effetti sulla popolazione delle informazioni correttive delle autorità sanitarie in occasione delle epidemie, verificatesi in Brasile, di Zika (2015-2016) e di febbre gialla (2018).

Le malattie emergenti sono una specie di palude primordiale per le teorie della cospirazione che ne derivano – ha  affermato il co-autore dello studio Brendan Nyhan, Professore di Scienze politiche al Dartmouth CollegeQuando è in corso nell’ambiente una nuova minaccia e non ci sono fonti concrete sulla sua origine, le persone spesso accolgono le spiegazioni semplici e intuitive e meno psicologicamente spiacevoli rispetto alla realtà disordinata, caotica e casuale delle malattie emergenti che non sono sempre facili da capire“.

I risultati sembrano attagliarsi al COVID-19, poiché molte caratteristiche dell’epidemia sono simili a quelle della ricerca: una malattia relativamente sconosciuta e una diffusione incredibilmente veloce.

Se poi “l’ideologia politica inizia a dominare il dibattito, il rischio per la salute pubblica aumenta – ha affermato Jennifer Kates , vicePresidente senior e Direttrice della politica globale per la salute presso la Kaiser Family Foundation, sottolineando che le risposte sane alla salute pubblica vengono dalla scienza e dall’esperienza, e avvertendo, inoltre, che occorre – cautela nel non alimentare il panico, a non usare la situazione in modo partigiano e a non allontanarsi dai messaggi basiliari sulla salute pubblica, anche se sarà difficile durante la campagna elettorale”. Il riferimento ovviamente è alle polemiche che stanno imperversando negli USA, accentuate dalle tornate elettorali che si stanno svolgendo nel Paese per le candidature alla Casa Bianca.

Senza dimenticare il grave silenzio durato troppo a lungo delle autorità cinesi sulla rapida diffusione del contagio, nonostante gli avvertimenti di medici e scienziati a cui è stato, probabilmente imposto di non rivelare notizie fino a che la situazione non è stata più gestibile, il divieto che sarebbe stato imposto dall’Amministrazione Trump, secondo quanto riportato dai media statunitensi, di non partecipare ad eventi e dibattiti pubblici incentrati sul tema COVID-19 ad Anthony Fauci, l’immunologo di origini italiane, i cui contributi sono risultati fondamentali nel campo della ricerca sull’AIDS e altre immunodeficienze, nonché Direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), e dei National Institutes if Health (NIH), è un’interferenza della politica sulla scienza.

Evidentemente, in questa decisione ha giocato la preoccupazione che le notizie, pur attendibili e corrette sul COVID-19, possano influenzare le tendenze di voto degli statunitensi e, ancor di più, sui listini di Wall Street. Di qui anche le dichiarazioni e i tweet rassicuranti del Presidente Donald Trump sulla situazione sotto controllo, mentre gli avversari Democratici lo accusano di voler minimizzare il rischio e di lasciare il Paese impreparato di fronte all’espandersi dell’epidemia anche nel Paese.

Si sono invertite le parti, allorché i Repubblicani incolparono il Presidente Barack Obama di essere troppo lento nel rispondere alle minacce nel 2014 dell’epidemia di Ebola e di non stanziare adeguati fondi per la ricerca.

Resta, comunque, il fatto che l’attuale Amministrazione Trump ha mostrato insofferenza nei confronti della comunità scientifica statunitense e delle sue preoccupazioni per lo stato dell’ambiente e la scarsa attenzione al ruolo antropico dei cambiamenti climatici, sempre negato da Donald Trump, rimuovendo dalle cariche ricoperte nell’EPA (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente) coloro che si ostinavano a mantenere separata scienza e politica.

Non è casuale che sul numero 2, Inverno 2020 di “Issues in Science and Technology” è stato pubblicato l’articoloScience Institutions for a Complex, Fast-Paced World”, a firma di Marcia McNutt, Presidente della Natiional Accademies of Science, e Michael M. Crow, Presidente dell’Arizona State University, che a 75 anni dalla redazione di ”Science, The Endless Frontier”, il Rapporto del Direttore dell’Ufficio per la ricerca e lo sviluppo in ambito scientifico dell’Amministrazione Roosevelt, Vannevar Bush, destinato ad aprire un dibattito sul ruolo che le istituzioni scientifiche statunitensi (e non solo), debbono assumere per continuare ad affrontare le numerose sfide che l’attuale società si trova a dover contrastare, senza essere sottoposta a condizionamenti, bensì riproponendo la validità di quel modello di autonomia.

Quel Rapporto viene paragonato a una sorta di “Tavole consegnate a Mosè sul Monte Sinai”: “Come per la storia di Mosè, ci sono stati degli ostacoli lungo la strada, ad esempio quando il presidente Truman ha posto il veto sul disegno di legge per istituire la nuova agenzia di finanziamento della scienza che Bush aveva proposto perché mancavano disposizioni che garantissero la responsabilità democratica – affermano gli Autori – Eppure alla fine, i principi fondamentali sanciti in ‘Science, the Endless Frontier’ sono quelli che hanno guidato sia la politica che le politiche di sostegno del governo alla scienza nell’era postbellica”.

Settantacinque anni dopo, forse il mondo è diventato troppo complesso e controverso perché una visione così unica della scienza possa prendere piede – conclude l’articolo – Ma la nostra speranza è che ‘Issues in Science and Technology’ possa essere il forum principale per idee potenti e opzioni convincenti che migliorino la capacità della nazione per far sì che la scienza e l’innovazione supportino il conseguimento di pace, salute e prosperità diffuse. In questo ambizioso obiettivo, noi rimaniamo saldamente sulle spalle della visione che è stata espressa da ‘Science, the Endless Frontier’ ”.

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