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Impronta di carbonio: acquistare online o andare nei negozi?

Una ricerca finanziata dal Programma europeo Horizon 2020 rivela che la differenza sostanziale dell’impronta di carbonio dei prodotti acquistati online o presso un tradizionale negozio, la fa l’ “ultimo miglio” ovvero le modalità e i mezzi con cui i prodotti giungono nelle nostre case o quelli che utilizziamo per fare gli acquisti.

Nella decisione di fare acquisti online entrano in gioco diversi fattori come, prezzo, tempistica, qualità, convenienza. Ora una nuova ricerca condotta da Università europee e finanziata dal Programma Horizon 2020 offre ai consumatori, soprattutto a quelli attenti alla propria impronta di carbonio, una considerazione in più: le emissioni di gas serra.

Pubblicato il 26 febbraio 2020 su Environmental Science & Technology, rivista dell’American Chemical Society, lo studio Comparative Greenhouse Gas Footprinting of Online versus Traditional Shopping for Fast Moving Consumer Goods: A Stochastic Approach”, ha messo a confronto l’impronta del carbonio correlata a beni e prodotti acquistati nei tradizionali negozi fisici e quella degli ordini effettuati online, per individuare l’opzione migliore per l’ambiente rispetto ad un’altra.

Precedenti studi hanno mostrato risultati contraddittori – ha affermato Sadegh Shahmohammadi, del Dipartimento di Scienze ambientali dell’Università Redboud di Nimega (Paesi Bassi) e principale autore dello Studio – Abbiamo voluto migliorare l’affidabilità di quei modelli e vedere cosa sta effettivamente avvenendo”.

Indipendentemente dal fatto che vengano acquistati online tramite Amazon o presso un negozio a conduzione familiare, i beni di consumo fanno spesso un lungo viaggio prima di raggiungere le mani degli acquirenti.  La maggior parte degli articoli deve viaggiare dalla fabbrica al magazzino del produttore fino a un centro di distribuzione o negozio fisico e ogni tratta del viaggio richiede una certa quantità di emissioni di gas serra.

Abbiamo utilizzato un approccio probabilistico – ha aggiunto Shahmohammadi – , modellando il viaggio dal momento in cui i prodotti lasciano la fabbrica fino al loro arrivo al domicilio del consumatore“.

Al fine di mantenere il modello il più semplice possibile, i ricercatori si sono concentrati sui cosiddetti beni di consumo in rapido movimento, una categoria che comprende prodotti alimentari (escluso quelli congelati o surgelati i cui metodi di conservazione contribuiscono ulteriormente alle emissioni), prodotti per la pulizia e l’igiene personale, ma non abbigliamento od elettronica, attraverso 3 canali di vendita prevalenti nel Regno Unito:
negozi di vendita al dettaglio (Bricks & Mortar);
ordinazione online, seguita dalla consegna a domicilio direttamente da un negozio fisico (Bricks & Clicks);
ordinazione online con evasione dell’ordine tramite una impresa di consegna pacchi (Pure Play).

Dall’analisi dei metodi di acquisto considerati, emerge che quelli effettuati nei negozi locali tendono ad essere più ecologiche di quelle dei rivenditori online perché le persone che si recano in un negozio acquistano di solito più di un prodotto, ma l’ultimo miglio ovvero “ “l’ultima parte del viaggio – ha sottolineato Shahmohammadi – è quel che determina la differenza maggiore”.

La varietà delle pratiche e delle scelte dei consumatori non viene in genere affrontata nei confronti degli impatti ambientali degli acquisti tradizionali e del commercio elettronico. Calcolando l’impronta di carbonio dell’ultimo miglio in 4 Paesi (Regno Unito, Stati Uniti, Paesi Bassi e Cina) è risultato che le impronte totali di gas a effetto serra per singolo articolo acquistato nei negozi locali erano superiori del 63% a quelle derivanti dall’articolo consegnato a domicilio dal negozio e inferiori dell’81% di quelle emesse dall’articolo consegnato a domicilio da un’impresa di trasporti.

Tuttavia, il numero di oggetti acquistati in ogni viaggio, la distanza percorsa in quel viaggio e il metodo di trasporto utilizzato ha determinato un grande impatto sul volume totale delle emissioni. Ad esempio, il raggruppamento di più articoli in un singolo ordinativo riduce l’impronta di carbonio degli acquirenti perché richiede meno viaggi al negozio o consegne di pacchi, e nei Paesi Bassi e Cina, dove molti acquirenti camminano o vanno in bicicletta nei negozi, acquistare nei negozi locali è risultato molto più rispettoso dell’ambiente rispetto agli Stati Uniti, dove l’uso dell’auto per fare gli acquisti è più diffuso.

Il recente briefingThe first and last mile-the key to sustainable urban transport” (Il primo e l’ultimo miglio – la chiave per un trasporto urbano sostenibile) dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) ha evidenziato che proprio i viaggi brevi di inizio o di fine percorso sono i tratti essenziali in termini di sostenibilità degli spostamenti giornalieri che vengono compiuti. 

Secondo i ricercatori, coloro che fanno acquisti nei negozi locali potrebbero ridurre la loro impronta del 40% camminando o andando in bicicletta nei negozi. Allo stesso modo, “la sostituzione di furgoni di consegna delle merci con veicoli elettrici – ha concluso Shahmohammadi – potrebbe ridurre l’impronta di trasporto dell’ultimo miglio del 42% e di quella totale del 26% nel Regno Unito“.

Par di capire che non è importante la scelta del canale per fare acquisti, ma come rendere la modalità meno inquinane possibile.

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