Salute

Microplastiche: si diffondono dall’intestino verso altri organi

Un team di ricercatori dell’Università del Nuovo Messico, che ha esposto i topi alle microplastiche presenti nell’acqua potabile per quattro settimane, ha scoperto che erano migrate dall’intestino nei tessuti del fegato, dei reni e persino del cervello, modificando le vie metaboliche nei tessuti interessati.

Dall’acqua, dal cibo e persino dall’aria che respiriamo, minuscole particelle di plastica si insinuano in molte parti del nostro corpo. Ma cosa succede una volta che queste particelle sono all’interno? Cosa fanno al nostro sistema digestivo?

Secondo lo StudioIn Vivo Tissue Distribution of Polystyrene or Mixed Polymer Microspheres and Metabolomic Analysis after Oral Exposure in Mice”, pubblicato il 10 aprile 2024 su Environmental Health Perspectives e condotto da ricercatori dell’Università del New Mexico (UNM-Albuquerque), quelle minuscole particelle – microplastiche e nanoplastiche – stanno avendo un impatto significativo sui nostri percorsi digestivi, facendosi strada dall’intestino ai tessuti di reni, fegato e cervello.

Negli ultimi decenni, le microplastiche sono state trovate nell’oceano, negli animali e nelle piante, nell’acqua del rubinetto e in bottiglia – ha affermato Eliseo Castillo, Dottore di ricerca e Professore associato presso la Divisione di Gastroenterologia ed Epatologia del Dipartimento di Medicina Interna della Scuola di Medicina dell’UNM ed esperto di immunologia delle mucose, nonché a capo della ricerca sulle microplastiche presso l’UNMC – Sembra che siano ovunque“.

Stando ad un Future Brief , un servizio della Direzione generale Ambiente della Commissione UE che fornisce previsioni degli esperti di politiche ambientali su questioni che cominciano a delinearsi all’orizzonte, in media un adulto inala o ingerisce dalle 39.000 alle 52.000 particelle plastiche all’anno, pari a 5 grammi di plastica alla settimanal’equivalente di una carta di credito

Di recente ha suscitato grande interesse della comunità scientifica per lo studio, condotto da ricercatori italiani coordinati dall’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” di Napoli, sulla  presenza di micro e nano plastiche nelle placche aterosclerotiche di pazienti sottoposti ad endoarterectomia per stenosi carotidea asintomatica, rivelando il collegamento con un esito clinico peggiore come infarto e ictus.

Castillo e il suo team si sono concentrati su ciò che le microplastiche fanno all’interno del corpo, in particolare al tratto gastrointestinale (GI) e al sistema immunitario intestinale.

Per un periodo di quattro settimane, Castillo, il ricercatore post-dottorato Marcus Garcia e altri ricercatori dell’UNM hanno esposto i topi alle microplastiche presenti nell’acqua potabile, in una quantità equivalente a quella di microplastiche che si ritiene gli esseri umani ingeriscano ogni settimana.

Il team ha scoperto che le microplastiche erano migrate dall’intestino nei tessuti del fegato, dei reni e persino del cervello, modificando le vie metaboliche nei tessuti interessati.

Il fatto di rilevare microplastiche in alcuni tessuti dopo l’esposizione, ci dice che possono attraversare la barriera intestinale e infiltrarsi in altri tessuti – ha sottolineato Castillo, preoccupato per l’accumulo di particelle di plastica nel corpo umano – Questi topi sono stati esposti per quattro settimane. Ora pensate a quel che equivale per gli esseri umani che sono esposti dalla nascita alla vecchiaia“.

Gli animali da laboratorio sani utilizzati per lo studio hanno mostrato cambiamenti dopo una breve esposizione alle microplastiche.

Supponendo che qualcuno abbia una precaria condizione di salute di base e si verifichino questi cambiamenti – ha aggiunto Castillo – l’esposizione alla microplastiche potrebbe esacerbare la condizione di base?”.

In precedenza, in uno Studio pubblicato su Cell Biology & Toxicology, Castillo e altri ricercatori dell’UNM avevano scoperto che quando i macrofagi incontravano e ingerivano microplastiche, la loro funzione veniva alterata e rilasciavano molecole infiammatorie.

Il cambiamento del metabolismo cellulare può alterare le risposte infiammatorie – osserva Castillo – Durante l’infiammazione intestinale – stati di malattia cronica come la colite ulcerosa e il morbo di Crohn, entrambe forme di malattia infiammatoria intestinale – questi macrofagi diventano più infiammatori e sono più abbondanti nell’intestino.”

Una fase successiva della ricerca, esplorerà il modo in cui la dieta sia coinvolta nell’assorbimento della microplastica. 

“La dieta di ognuno è diversa -ha aggiunto Castillo – Quindi, quello che faremo è dare a questi animali da laboratorio una dieta ricca di colesterolo e grassi, o una dieta ricca di fibre, verificando la maggiore o minore esposizione esposti alle microplastiche. L’obiettivo è cercare di capire se la dieta influisce sull’assorbimento delle microplastiche nel nostro corpo”.

Un altro aspetto da verificare è capire perché si verifica un cambiamento nel microbiota intestinale, dal momento vari team di ricerca hanno dimostrato che le microplastiche cambiano il microbiota, ma le modalità di questo cambiamento non è stato ancora affrontato.

Castillo spera che la sua ricerca aiuti a scoprire i potenziali impatti che le microplastiche hanno sulla salute umana e che contribuisca a stimolare cambiamenti nel modo in cui la società produce e smaltisce la plastica.

In fin dei conti, la ricerca che stiamo cercando di fare mira a scoprire come ciò influisca sulla salute dell’intestino – ha concluso Castillo – La ricerca continua a dimostrare l’importanza della salute dell’intestino. Se non hai un intestino sano, vengono colpiti il cervello, il fegato e tanti altri tessuti. Quindi, anche immaginando che le microplastiche facciano qualcosa nell’intestino, l’esposizione cronica potrebbe portare a effetti sistemici”.

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