Il Rapporto dell’Organizzazione per la Cooperazione per lo Sviluppo Economico, in collaborazione con la Commissione europea, pur sottolineando che l’aspettativa di vita in Europa si è allungata mediamente di circa 7 anni nel periodo 1990-2014, ci sono ancora forti disuguaglianze tra i Paesi e tra le fasce di reddito della popolazione, invitando gli Stati membri dell’UE a destinare più risorse verso settori che hanno il maggior impatto sui risultati in campo sanitario, inclusa la prevenzione.
Come si posiziona l’Italia?
L’aspettativa di vita ormai supera gli 80 anni nella maggior parte dei Paesi dell’UE, ma questo non vuol dire che gli europei stiano meglio. Nell’UE, 50 milioni di persone soffrono di malattie croniche e 550mila persone in età lavorativa muoiono ogni anno, per malattie potenzialmente evitabili, per un costo stimato di 115 miliardi di euro per le economie europee.
È il quadro che si evidenzia dal Rapporto “Health at a glance: Europe 2016” (Uno sguardo sulla Sanità: Europa 2016), redatto dall’OCSE in collaborazione con la Commissione europea e presentato la scorsa settimana a Bruxelles.
Il Rapporto presenta le più recenti tendenze in materia di salute e di sistemi sanitari nei 28 Stati membri dell’UE, in 5 Paesi candidati e in 3 Paesi dell’Associazione europea di libero scambio, con l’obiettivo di accrescere le conoscenze in materia di salute a livello nazionale ed unionale nel quadro della nuova Strategia della Commissione sullo stato di salute nell’UE.
“Il Rapporto fornisce indicazioni utili per gli Stati membri al fine di plasmare le loro azioni sulla salute in tutte le politiche – ha affermato Commissario UE alla Salute e Sicurezza alimentare, Vytenis Andriukaitis – Troppe persone muoiono ogni anno per malattie potenzialmente evitabili legate a fattori di rischio come fumo e obesità. C’è necessità di proseguire negli sforzi per fare in modo che l’assistenza sanitaria diventi più accessibile“.
Nel Rapporto si sottolinea, infatti, come aumenti la quota di europei obesi (il 16% degli adulti, contro l’11% nel 2000), mentre uno su cinque fuma.
Dal documento emerge anche che l’UE ha bisogno di sistemi sanitari più accessibili: il 27% dei pazienti si reca al Pronto Soccorso, a causa della mancanza di cure mediche di base; in media il 15% della spesa sanitaria è pagato direttamente dai pazienti, con grandi disparità tra i diversi Paesi.
Non solo: un europeo povero ha dieci volte più probabilità, rispetto ad un europeo benestante, di avere problemi nell’ottenere cure mediche appropriate, per ragioni finanziarie. L’invecchiamento della popolazione, insieme ai crescenti tassi di malati cronici e alle ristrettezze di bilancio, richiederanno cambiamenti, secondo il Rapporto, nel modo in cui vengono erogate le cure: bisognerà sviluppare l’assistenza sanitaria a distanza, ridurre la permanenza in ospedale organizzando meglio i servizi, spendere in modo accorto per i farmaci, anche sfruttando appieno la possibilità di ricorrere ai generici.
Dal 1990 l’aspettativa di vita negli Stati membri dell’UE è aumentata di oltre sei anni, passando da 74,2 anni nel 1990 a 80,9 anni nel 2014; eppure permangono disuguaglianze sia tra un paese e l’altro che all’interno dei singoli paesi. Nei Paesi dell’Europa occidentale che vantano la più elevata aspettativa di vita, si continua a vivere oltre otto anni in più in media rispetto a quanto accade nei Paesi dell’Europa centrale ed orientale caratterizzati dai livelli di aspettativa di vita più bassi. Inoltre, all’interno dei singoli Paesi permangono forti disuguaglianze in termini di salute e di aspettativa di vita tra i soggetti che vantano livelli di istruzione e di reddito più elevati e quelli più svantaggiati. Ciò è in gran parte dovuto ad una diversa esposizione ai rischi per la salute, ma anche a disuguaglianze nell’accesso ad un’assistenza di qualità elevata.
“Molte più vite potrebbero essere salvate se gli standard di cura fossero innalzati ai migliori livelli in tutti i Paesi europei – ha osservato il Segretario Generale dell’OCSE Angel Gurría – C’è ancora molto da fare per ridurre le disuguaglianze in termini di accesso all’assistenza sanitaria e destinare risorse verso settori che hanno il maggior impatto sui risultati in campo sanitario, inclusa la prevenzione“.
Anche questo Rapporto conferma che la spesa sanitaria del nostro Paese (fra pubblico e privato) è leggermente al di sotto della media europea (9,9%), ma ben lontana da quanto si spende in Germania, Svezia, Francia, Olanda eDanimarca che hanno speso circa l’11% del PIL. Fra i Paesi che hanno una spesa inferiore a quella italiana: Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Ungheria, Polonia e Romania.
La scheda dedicata al nostro Paese (Come si posiziona l’Italia?) indica, peraltro, che gli indicatori dello stato di salute e qualità dell’assistenza in Italia rimangono tra i migliori nell’UE. L’aspettativa di vita rimane la seconda più alta in Europa, dopo la Spagna, avendo raggiunto (2014) ben 83,2 anni, maggiore di oltre due anni rispetto media europea (80.9 anni). Uno dei fattori che ha contribuito alla crescita dell’aspettativa di vita in Italia è la buona qualità di assistenza sanitaria per condizioni potenzialmente letali e i miglioramenti nella gestione di condizioni croniche misurate dalla riduzione in ricoveri ospedalieri.
Di contro, la percentuale di popolazione che riporta esigenze di cure mediche e dentali non soddisfatte è in crescita, in particolare per i gruppi a basso reddito, con un conseguente potenziale aumento delle disuguaglianze nel settore sanitario.
Maggiori sforzi sono necessari, inoltre, per aumentare la proporzione di generici nel mercato farmaceutico e per ridurre le prescrizioni di antibiotici.
“L’uso eccessivo di antibiotici – conclude la scheda del Rapporto dedicata al nostro Paese – è un problema sempre più prominente nella sanità pubblica in Italia e in altri Paesi, perché aumenta la diffusione di ceppi batterici resistenti, che a sua volta riduce l’efficacia di terapie convenzionali, risultando in periodi di malattia protratti, maggiore rischio di decesso e costi più alti“.