Malattie e cure Salute

Resistenza antimicrobica: infezioni sempre più difficili da trattare

Antibiotici resistenza

I dati diffusi dal Rapporto ECDC-EFSA sulla resistenza antimicrobica rivelano che gli antibiotici usati per trattare malattie che possono essere trasmesse tra animali e uomini, come la campilobatteriosi e la salmonellosi, stanno perdendo efficacia.

La resistenza antimicrobica non accenna a diminuire in Europa, rendendo più difficile trattare le malattie infettive per uomini e animali.

È quanto emerge dal RapportoThe European Union summary report on antimicrobial resistance in zoonotic and indicator bacteria from humans, animals and food in 2017”, pubblicato congiuntamente dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA)

Nel recente Summary del “Global Chemicals Outlook II: from Legacies to Innovative Solutions”, presentato nel corso della quarta Assemblea del Programma Ambiente delle Nazioni (Nairobi, 11-15 aprile 2019) che anticipa il Rapporto che sarà pubblicato il 1° aprile 2019, in occasione dell’International Conference on Chemicals Management (Montevideo, 2-4 aprile 2019) e al quale hanno lavorato per 3 anni un gruppo di oltre 400 scienziati di tutto il mondo, si indica il rilascio incontrollato di antibiotici usati per trattare malattie infettive negli animali e negli uomini tra i maggiori rischi ambientali, che peraltro mette in pericolo anche il conseguimento al 2030 dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 3.8 (Accesso a farmaci e vaccini essenziali, sicuri, efficaci di qualità e a prezzi accessibili per tutti).

La resistenza antimicrobica (AMR)  è un fenomeno presente naturalmente, ma sta aumentando in modo massiccio con l’incremento dell’uso di antibiotici a fini umani (36%) e quelli adoperati per il bestiame è previsto, secondo i dati della FAO, in aumento del 67% entro il 2030.

È stato dimostrato che l’immissione nell’ambiente dei composti antimicrobici provenienti dalle abitazioni, dagli ospedali e impianti farmaceutici, così come dalle acque di scolo dei terreni agricoli e degli allevamenti, in abbinamento a contatti diretti tra le comunità dei batteri e i batteri resistenti dispersi, agevola l’evoluzione batterica e l’insorgere di ceppi più resistenti.

Uno Studio pubblicato il 5 novembre 2018 su The Lancet e condotto dall’ECDC e dal Burden of AMR Collaborative, ha stimato che ogni anno nell’UE le infezioni causate da batteri resistenti ai farmaci causano la morte di circa 33 000 persone e conseguenti perdite economiche per circa 1,5 miliardi di euro.

Per far fronte al fenomeno della resistenza antimicrobica, nel giugno 2017 la Commissione Europea ha adottato un Piano d’azioneEU One Health Action Plan against Antimicrobial Resistance”, chiedendo misure efficaci contro questa minaccia e riconoscendo che deve essere affrontata in termini di salute umana, degli animali e dell’ambiente.

Ora, il Rapporto ECDC-EFSA, disponibile anche in modalità interattiva, consentendo interrogazioni mirate per antibiotico e per Stato, conferma l’aumento della resistenza antimicrobica già rilevata negli anni precedenti, sulla base dei dati raccolti sia su persone che animali (suini e vitelli di età inferiore ad un anno) nei 28 Paesi membri.

I dati sulla crescita della resistenza antimicrobica dovrebbero far suonare campanelli di allarme in tutta la regione – ha affermato il Commissario UE per la Salute e la sicurezza alimentare, Vytenis Andriukaitis – Il rapporto mostra che stiamo entrando in un mondo in cui sempre più infezioni comuni diventano difficili – o a volte anche impossibili – da trattare. Tuttavia, le ambiziose politiche nazionali di alcuni Paesi dove viene limitato l’impiego degli antibiotici, hanno portato a una diminuzione della resistenza. Quindi, prima che i campanelli d’allarme diventino una sirena assordante, assicuriamoci di agire sempre di più tutti insieme, in ogni Paese e in tutti i settori della salute pubblica, della salute animale e dell’ambiente, sotto l’ombrello dell’approccio One Health”.

Gli agenti antimicrobici utilizzati negli animali da produzione alimentare in Europa sono spesso gli stessi o appartengono alle stesse classi di quelli usati nella medicina umana.

La multiresistenza (resistenza a tre o più antimicrobici) è il principale effetto collaterale dell’uso di antibiotici negli uomini e negli animali, e deriva dalla continua selezione positiva di cloni batterici resistenti, siano essi batteri patogeni, commensali o addirittura ambientali. Questo cambierà la struttura della popolazione delle comunità microbiche, portando a tendenze evolutive accelerate con conseguenze imprevedibili per la salute umana e animale.

La resistenza antimicrobica che si verifica negli animali destinati alla produzione di alimenti può diffondersi alle persone non solo attraverso il cibo, ma anche attraverso l’acqua o altre contaminazioni ambientali, come anche attraverso il contatto diretto con gli animali.

Ad esempio, CampylobacterSalmonella e alcuni ceppi di Escherichia coli sono esempi di batteri zoonotici che possono infettare le persone per via alimentare.

Nel Rapporto si scopre che in 5 Paesi, la resistenza al fluorochinolone ciprofloxacina e alle tetracicline nei batteri Campylobacter, che possono causare intossicazione alimentare negli esseri umani, è così alta che questi antibiotici ormai non funzionano più per il trattamento dei casi gravi di campilobatteriosi.

Inoltre, la maggior parte dei Paesi ha riferito che anche la Salmonella negli esseri umani è sempre più resistente ai fluorochinoloni, come è elevata la multiresistenza del batterio sia nell’uomo (28,3%) che negli animali, in particolare nel caso del ceppo S. typhimurium.

Distribuzione spaziale di resistenza alla ciprofloxacina della S. typhimurium da casi umani segnalati nel 2017 ei Paesi dell’UE (Fonte: ECDC-EFSA)

Un uso prudente degli antimicrobici è essenziale per limitare l’emergenza e la diffusione della resistenza antimicrobica negli uomini e negli animali.

Ora è il momento di invertire l’andamento della resistenza antimicrobica, se vogliamo mantenere efficaci gli antibiotici – ha sottolineato Mike Catchpole, Direttore scientifico dell’ECDC – Anche percentuali basse significano che molte migliaia di pazienti in tutta l’UE hanno limitate opzioni di trattamento per le infezioni gravi”.

Con l’intesa del 2 novembre 2017 tra Governo, Regioni e Province Autonome, l’Italia si è dotata di un Piano Nazionale per far fronte all’aumento della resistenza antimicrobica e della diffusione di microrganismi resistenti agli antibiotici, che prevede uno sforzo di coordinamento nazionale, obiettivi specifici e azioni programmate, sia attraverso una sinergia tra i livelli nazionale, regionale e locale e i diversi attori chiave coinvolti, sia attraverso una Governance in cui i ruoli delle istituzioni siano definiti chiaramente.

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