Demografia Società

Popolazione italiana: al 2100 si dimezzerà secondo uno studio su Lancet

Dopo il Bilancio Demografico dell’Istat che conferma il declino della popolazione italiana con minimo storico di nascite, arriva uno Studio sulla prestigiosa rivista The Lancet che prevede per l’Italia una popolazione che nel 2100 sarà dimezzata, con tutte le ripercussioni sociali e economiche del fenomeno.

Su Lancet è stato pubblicato il 14 luglio 2020 lo Studio Fertility, mortality, migration, and population scenarios for 195 countries and territories from 2017 to 2100 a forecasting analysis for Global Burden of Disease Study”, condotto da ricercatori dell’Università di Washington-Seattle e parzialmente finanziato dalla Bill & Melinda Gates Foundation, secondo cui la popolazione mondiale raggiungerà probabilmente il picco nel 2064 a circa 9,7 miliardi, per poi scendere a circa 8,8 miliardi entro il 2100 e, in particolare, l’Italia che ha già raggiunto il picco di 61 milioni di abitanti nel 2014, crollerà a circa 30,5 milioni nel 2100.

Per la modellizzazione i ricercatori i ricercatori dell’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) presso la School of Medicine dell’Università di Washington hanno utilizzato i dati del Global Burden of Disease Study 2017, hanno utilizzato nuovi metodi per prevedere la mortalità, la fertilità e la migrazione, che hanno stimato come entro 2100, 183 dei 195 Paesi presi in esame avranno tassi di fertilità totali (TFR), ben al di sotto del livello di sostituzione di 2,1 nascite per donna necessario per mantenere inalterato il numero di abitanti, tal che la loro popolazione diminuirà velocemente a meno che la bassa fertilità non sia compensata dall’immigrazione.

Mappa dell’anno in cui il tasso di riproduzione netto scenderà al di sotto del livello di sostituzione

Queste previsioni demografiche contrastano con le proiezioni di “continua crescita globale” da parte della Divisione della Popolazione delle Nazioni Unite (UN-DESA) e mettono in evidenza le enormi sfide per la crescita economica poste da una forza lavoro in calo, l’elevato onere per i sistemi sanitari e di supporto sociale rappresentato da una popolazione che invecchia e l’impatto sul potere globale collegato ai cambiamenti nella popolazione mondiale.

La continua crescita della popolazione globale nel corso del secolo non è più la traiettoria più probabile per la popolazione mondiale – ha affermato Christopher Murray, Direttore dell’IHME, che ha coordinato la ricerca – Questo studio offre ai Governi di tutti i Paesi l’opportunità di iniziare a ripensare le loro politiche in materia di migrazione, forza lavoro e sviluppo economico per affrontare le sfide poste dai cambiamenti demografici“.

Il nuovo studio prevede inoltre enormi cambiamenti nella struttura dell’età globale al 2100, con una stima di 2,37 miliardi di persone sopra i 65 anni, rispetto a 1,7 miliardi sotto i 20 anni.

Si prevede che il TFR globale diminuirà costantemente, da 2,37 nel 2017 a 1,66 nel 2100 – ben al di sotto del tasso minimo (2.1) ritenuto necessario per mantenere il numero di abitanti (livello di sostituzione) – con tassi che scenderanno a circa 1,2 in Italia e Spagna, e fino a 1,17 in Polonia.

L’ l’Istat ha pubblicato il 13 luglio 2020 il Bilancio Demografico Nazionale da cui emerge che in Italia si conferma il trend negativo iniziato dal 2015, con un nuovo minimo storico di nascite e una recessione demografica dovuta ai cittadini italiani, mentre quella residente straniera continua ad aumentare, anche se con tassi di incremento che si stanno affievolendo.

Anche lievi cambiamenti nel TFR si traducono in grandi differenze nella dimensione della popolazione nei Paesi al di sotto del livello di sostituzione: un aumento di appena lo 0,1% di nascite equivale a circa 500 milioni di persone in più sul pianeta nel 2100.

Gran parte del previsto declino della fertilità è previsto nei Paesi ad alta fertilità, in particolare quelli dell’Africa sub-sahariana in cui i tassi dovrebbero scendere per la prima volta al di sotto del livello di sostituzione, da una media di 4,6 nascite per donna nel 2017 a solo 1,7 per 2100. In Niger, dove il tasso di fertilità era il più alto del mondo nel 2017 – con le donne che hanno partorito una media di 7 bambini – si prevede che il tasso scenderà a circa 1,8 entro il 2100.

Tuttavia, si prevede che la popolazione dell’Africa sub-sahariana triplicherà nel corso del secolo, passando da 1,03 miliardi stimati nel 2017 a 3,07 miliardi nel 2100, con il calo dei tassi di mortalità e un numero crescente di donne che entrano nell’età riproduttiva. Il Nord Africa e il Medio Oriente sono le altre regioni dove si prevede una crescita della popolazione al 2100 (978 milioni), rispetto al 2017 (600 milioni).

Molte delle popolazioni in più rapida contrazione saranno in Asia e nell’Europa centro-orientale. Le popolazioni dovrebbero dimezzarsi in 23 Paesi, tra cui il Giappone (da circa 128 milioni di persone nel 2017 a 60 milioni nel 2100), Thailandia (da 71 a 35 milioni), Spagna (da 46 a 23 milioni), Italia (da 61 a 31 milioni), Portogallo (da 11 a 5 milioni) e Corea del Sud (da 53 a 27 milioni).
Si prevede che altri 34 Paesi avranno un calo della popolazione dal 25 al 50%, inclusa la Cina (1,4 miliardi nel 2017 a 732 milioni nel 2100; vedi tabella).

Se il declino della popolazione è potenzialmente una buona notizia per ridurre le emissioni di carbonio e gli impatti sui sistemi alimentari – ha affermato il Prof. Stein Emil Vollset dell’IHME e principale autore della ricerca – con più anziani e meno giovani sorgeranno sfide economiche con le società che dovranno lottare per crescere con meno lavoratori e contribuenti e le ridotte capacità dei Paesi di generare ricchezza necessaria per finanziare il sostegno sociale e l’assistenza sanitaria per gli anziani”.

Tra le diverse ragioni che spiegano il declino globale della popolazione ci sono il basso tasso di natalità causato da un forte calo della fertilità, l’aumento del livello di scolarizzazione delle donne e l’accesso alla contraccezione.

Inoltre, la ricerca suggerisce che il declino della popolazione potrebbe essere compensato dall’immigrazione, con i Paesi che per mantenere le dimensioni della popolazione e sostenere la crescita economica, anche a fronte del calo dei tassi di fertilità, dovranno promuovere l’immigrazione.

Classifica delle prime 25 economie per PIL totale nel 2017 e scenario di riferimento nel 2030, 2050 e 2100

Questa importante ricerca traccia un futuro che dobbiamo pianificare urgentemente – ha spiegato Richard Horton, Capo redattore di Lancet – Offre una visione per cambiamenti radicali nel potere geopolitico, sfida i miti sull’immigrazione e sottolinea l’importanza di protezione e rafforzamento dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne. Il 21° secolo vedrà una rivoluzione nella storia della nostra civilizzazione. L’Africa e il mondo arabo daranno forma al nostro futuro, mentre Europa e Asia vedranno diminuire la loro influenza. Entro la fine del secolo, il mondo sarà multipolare, con India, Nigeria, Cina e Stati Uniti che saranno le potenze dominanti. Questo sarà veramente un mondo nuovo a cui dovremmo prepararci fin da oggi“.

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