La revisione biennale sulla popolazione mondiale delle Nazioni Unite indica che la sua crescita toccherà il picco al 2100, raggiungendo quota 10,9 miliardi di individui, ma per l’Europa arriverà ben prima con 1 persona su 4 che al 2050 avrà un’età superiore ai 65 anni, con tutte le ripercussioni economiche e sociali correlate.
Nel corso di una Conferenza stampa, il Dipartimento degli Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite (UN-DESA) ha presentato il 17 giugno 2019 l’ultimo Rapporto di revisione biennale sulle Stime della Popolazione Mondiale (World Population Prospects 2019. Highlights ), che fornisce un insieme completo di dati e indicatori demografici per valutare le tendenze della popolazione a livello globale, regionale e nazionale e per calcolare altri indicatori chiave per il monitoraggio del progresso verso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
“La popolazione mondiale dal 1950 si è triplicata e le proiezioni ci indicano che la crescita proseguirà raggiungendo nel 2050 i 9,7 miliardi di individui e nel 2100 i 10,9 miliardi – ha affermato John Wilmoth, Direttore della Divisione Popolazione di UN-DESA, sottolineando che le previsioni demografiche a lungo termine hanno certi margini di incertezza, anche se i vari scenari analizzati sono concordi sui dati relativi al 2050 – Tuttavia, tutti gli scenari prevedono un continuo rallentamento rispetto al passato del ritmo di crescita della popolazione. Secondo le proiezioni diffuse oggi è plausibile che la popolazione mondiale possa raggiungere il picco nel 2100, ma non è sicuro e alla fine il picco potrebbe sopraggiungere prima o arrivare più tardi, con livelli più alti ovvero più bassi. Altrettanto significativo è il fatto che la popolazione globale sta invecchiando con le fasce di età più anziane che sono più numerose di quelle giovani. Comprendere e anticipare questi fenomeni di aumento e invecchiamento della popolazione progettare un percorso di sviluppo sostenibile”.
Nello Studio di due anni fa, UN-DESA aveva previsto che ci sarebbero stati 9,8 miliardi di persone sul pianeta nel 2050 e 11,2 miliardi nel 2100.
Anche se a livello globale la popolazione continua ad aumentare, i tassi di crescita variano notevolmente tra le diverse regioni. Le proiezioni di UN-DESA indicano che 9 Paesi copriranno al 2050 più della metà della crescita demografica: India; Nigeria, Pakistan, dell’Africa Sub-sahariana Repubblica democratica del Congo, Etiopia, Tanzania, Indonesia, Egitto e USA.
Intorno al 2027 l’India supererà la Cina quale Paese più popoloso del mondo. Inoltre, si prevede che la popolazione dell’Africa Sub-sahariana raddoppierà entro il 2050 (+99%). Le regioni con la crescita più bassa tra il 2019 e il 2050 sono Oceania (56%, escluse Australia e Nuova Zelanda), Africa Settentrionale e Asia Occidentale (46%), Australia e Nuova Zelanda (28%) Asia Centrale e Meridionale (25%), America Latina e Caraibi (18%), Asia Orientale e Sud-orientale (3%), Europa e America Settentrionale (2%).
Il tasso di fertilità globale da 3,2 nascite per donna nel 1990 è sceso a 2,5 nel 2019, ed è destinato a diminuire ulteriormente a 2,2 nel 2050. Globalmente, nel 2019, la fertilità rimane sopra 2,1 nascite per donna (è l’indice necessario per garantire la sostituzione delle generazioni ed evitare il declino della popolazione nel lungo periodo in assenza di immigrazione), ma è al di sopra nell’Africa Sub-sahariana (4.6), Oceania (3.4, escluse Australia e Nuova Zelanda), Africa Settentrionale e Asia Occidentale (2.9) e Asia Centrale e Meridionale (2,4).

Nella maggior parte dell’Africa sub-sahariana e in alcune parti dell’Asia, dell’America Latina e dei Caraibi, le recenti riduzioni della fertilità hanno fatto sì che la popolazione in età lavorativa (25-64 anni) crescesse più rapidamente rispetto alle altre fasce di età, creando opportunità per accelerare la crescita economica grazie alla favorevole distribuzione della popolazione. Per beneficiare di questo “dividendo demografico“, sottolinea UN-DESA, i Governi dovrebbero investire in istruzione e salute, in particolare per i giovani, e creare condizioni favorevoli a una crescita economica.
L’aspettativa di vita alla nascita è aumentata a livello globale da 64,2 anni nel 1990 a 72,6 anni nel 2019, e dovrebbe aumentare ulteriormente a 77,1 anni nel 2050. Mentre sono stati compiuti notevoli progressi nel chiudere il differenziale di longevità tra i Paesi, permangono ampie lacune. Nel 2019, l’aspettativa di vita alla nascita nei Paesi meno sviluppati è in ritardo di 7,4 anni rispetto alla media globale, dovuta in gran parte a livelli persistentemente elevati di mortalità infantile e materna, nonché a violenze, conflitti e al continuo impatto dell’epidemia di HIV.
Entro il 2050, una persona su sei al mondo avrà più di 65 anni (16%), rispetto ad uno su 11 di oggi (9%). Le regioni in cui la quota di popolazione di età pari o superiore a 65 anni è destinata a raddoppiare tra il 2019 e il 2050 includono l’Africa Settentrionale e l’Asia Occidentale, l’Asia Centrale e Meridionale, l’Asia Orientale e Sud-orientale, l’America Latina e i Caraibi. Entro il 2050, 1 persona su 4 che vive in Europa e nel Nord America potrebbe avere 65 anni o più. Nel 2018, per la prima volta nella storia, le persone di età pari o superiore a 65 anni superavano di numero i bambini al di sotto dei cinque anni a livello globale. Il numero di persone di 80 anni o più è proiettato triplicarsi da 143 milioni nel 2019 a 426 milioni nel 2050.
Il potenziale indice di sostegno che mette a confronto il numero di persone in età lavorativa con quelle di età superiore a 65 anni, sta diminuendo in tutto il mondo. In Giappone questo rapporto è 1,8, il più basso al mondo. Altri 29 Paesi, principalmente in Europa e nei Caraibi, hanno già potenziali rapporti di supporto sotto. Entro il 2050, si prevede che 48 Paesi, principalmente in Europa, Nord America e Asia Orientale e Sud-orientale, abbiano potenziali rapporti di supporto inferiori a 2. Questi bassi valori sottolineano il potenziale impatto dell’invecchiamento della popolazione sul mercato del lavoro e le prestazioni economiche, nonché le pressioni fiscali che molti Paesi dovranno affrontare nei prossimi decenni per allestire e mantenere sistemi pubblici di assistenza sanitaria, pensioni e protezione sociale per le persone anziane.
Dal 2010, 27 Paesi hanno registrato una riduzione dell’1% o più delle dimensioni della loro popolazione, causata da bassi indici di fertilità, controbilanciato in qualche area da alti tassi di emigrazione. Tra il 2019 e il 2050, si prevede che le popolazioni di 55 Paesi diminuiranno dell’1% o di più, dei quali 26 potrebbero vedere una riduzione di almeno il 10%. In Cina, ad esempio, la popolazione dovrebbe diminuire di 31,4 milioni, ovvero del 2,2% tra il 2019 e il 2050.
Tra il 2010 e il 2020, 14 Paesi vedranno un afflusso netto di oltre un milione di migranti, mentre 10 Paesi vedranno un deflusso netto della stessa entità. Alcuni dei più grandi deflussi migratori sono indotti dalla domanda di lavoratori migranti (Bangladesh, Nepal e Filippine) o dalla violenza, dall’insicurezza e dai conflitti armati (Myanmar, Siria e Venezuela). Bielorussia, Estonia, Germania, Ungheria, Italia, Giappone, Federazione Russa, Serbia e Ucraina avranno un afflusso netto di migranti nel corso del decennio, contribuendo a compensare le perdite di popolazione causate da un eccesso di morti rispetto alle nascite.