A Nuova Delhi dove è in corso la Conferenza delle Parti della Convenzione ONU sulla Lotta alla Desertificazione (UNCCD), è stato presentato il Rapporto che esamina come le politiche messe in atto siano in grado di affrontare la desertificazione, il degrado dei suoli e la siccità, driver del fenomeno migratorio.
È in corso (Nuova Delhi, 2-13 settembre 2019) la 14ma Conferenza delle Parti (COP14) della Convenzione ONU per la Lotta alla Desertificazione (UNCCD) che ha per tema ” Restore land, sustain future”, con un focus sul conseguimento della neutralità di degrado del suolo (LDN) a livello globale, in linea con l’obiettivo 15.3 degli OSS, al fine di garantire che la quantità di terra produttiva rimanga stabile.
La LDN è definita dall’UNCCDcome “uno stato in cui la quantità e la qualità delle risorse del territorio, necessarie per sostenere le funzioni e i servizi ecosistemici e a migliorare la sicurezza alimentare, rimangono stabili o aumentano entro determinate scale temporali e territoriali ed ecosistemi”.
A Nuova Delhi è stato presentato il Rapporto “Addressing the land degradation-migration nexus” (Affrontare il nesso tra degrado dei suoli e migrazione), commissionato all’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM), in collaborazione con l’Istituto per l’Ambiente di Stoccolma (SEI) e il supporto finanziario della Direzione generale ambiente (DG ENV) della Commissione europea, del Governo della Turchia e dell’Ankara Initiative.
Il Rapporto fa seguito alla decisione assunta dagli Stati alla COP12 di produrre uno Studio su “Il ruolo che le misure adottate per attuare la Convenzione possono svolgere per affrontare la desertificazione, il degrado del suolo e la siccità, uno dei driver che causano la migrazione”.
“La migrazione legata alla desertificazione, al degrado del suolo e alla siccità non è un problema del futuro: è la nostra realtà attuale dall’Africa all’Asia, per passare poi al Sud America e alle isole del Pacifico – ha affermato Mariam Traore Chazalnoel, responsabile delle politiche per le migrazioni, l’ambiente e i cambiamenti climatici della IOM – Non possiamo permetterci di non agire immediatamente, altrimenti il mondo dovrà affrontare una crisi immensa”.
Il suolo rimane la risorsa più importante per la maggior parte delle popolazioni vulnerabili che vivono nei Paesi in via di sviluppo, poiché i loro mezzi di sussistenza sono direttamente collegati all’agricoltura. Il degrado del suolo è un fenomeno sistemico pervasivo che può assumere molte forme problematiche, tra cui la contaminazione chimica e inquinamento, la salinità, erosione del suolo, l’esaurimento dei nutrienti, il pascolo eccessivo, la deforestazione e la desertificazione. Oggi, oltre 1,3 miliardi di persone vivono su terreni agricoli degradati e le popolazioni più vulnerabili non hanno un accesso sicuro alla terra e non controllano le sue risorse. Secondo il Rapporto speciale (SRCCL) “Cambiamenti climatici e territorio” dell’IPCC” dello scorso agosto, la terra è sottoposta a una crescente pressione umana e i cambiamenti climatici si sta aggiungendo a sfide come il degrado, la desertificazione, la deforestazione e l’insicurezza alimentare.
Oltre un milione di specie animali e vegetali è sull’orlo dell’estinzione, in gran parte a causa della perdita di habitat e del degrado del suolo, che minacciano anche la sicurezza alimentare globale. Tre su quattro ettari di terra sono stati modificati dai loro stati naturali e la produttività di circa uno su quattro ettari di terra è in calo. Il degrado del suolo, se combinato con i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità, potrebbe costringere fino a 700 milioni di persone a migrare entro il 2050.
La migrazione è stata a lungo una delle più importanti strategie di sostentamento disponibili per le famiglie per far fronte ai cambiamenti ambientali e alleviare la pressione della popolazione sul terreni aridi che non sono in grado di far fronte allo stress aggiuntivo. Considerato che la migrazione può essere motivata da migliori opportunità di lavoro, garantire una gestione sostenibile del territorio e il ripristino degli ecosistemi compatibili con la creazione di opportunità di lavoro dignitose e attraenti è fondamentale al fine di ridurre ed evitare la migrazione forzata legata alla desertificazione, al degrado dei suoli e alla siccità.
Tenendo conto di queste diverse dimensioni, è importante riconoscere che le dinamiche migratorie esistenti sono modificate o esacerbate dal degrado ambientale, piuttosto che causate in modo univoco da esso. Se non vengono intraprese azioni urgenti per proteggere, ripristinare e riabilitare le risorse vitali della terra aumenteranno le povertà e le disuguaglianza, non lasciando molte altre opzioni se non quella di intraprendere pericolosi viaggi all’estero.

Fonte: The Atlas of Environmental Migration (Ionesco D., D. Mokhnacheva and F. Gemenne, Routledge, Abingdon, 2017), page 37.
Uno Studio di ricercatori statunitensi, pubblicato lo scorso luglio, focalizzando l’analisi sui migranti dell’America centrale, per lo più provenienti da comunità rurali dove gli individui dipendono da un’agricoltura su piccola scala, ha concluso che per comprendere il fenomeno migratorio bisogna studiare le correlazioni con i cambiamenti di uso del territorio indotti da politiche agricole che favoriscono progetti di prelievo ed esportazione di risorse agricole e naturali di maggior valore a spese delle tradizionali pratiche agricole.
La migrazione forzata ha gravi conseguenze sia nelle aree di origine che di destinazione. La prima edizione del Global Land Outlook pubblicato nel 2017 prevede che Africa e Asia potrebbero perdere fino all’80% delle loro terre coltivate a causa dell’espansione urbana. In risposta alla grave migrazione forzata guidata dal degrado del suolo, 14 Paesi africani hanno lanciato nel 2016 al Vertice di Marrakesh la “Sustainability, Stability and Security” Initiative (3S) per portare la “voce dell’Africa” al dibattito dei driver della migrazione e dell’instabilità nel continente.
L’iniziativa, supportata dalla Segreteria dell’UNCCD, mira a ridurre al minimo la migrazione forzata e la radicalizzazione creando opzioni di occupazione per i giovani, le donne e i migranti, attraverso una serie di misure relative alla terra: promozione del ripristino delle terre degradate; rafforzamento dell’accesso alla terra e dei diritti di proprietà; potenziamento dei sistemi di allerta precoce per prevedere la siccità e altri pericoli; sostegno a risposte efficaci alla migrazione forzata delle popolazioni colpite. L’iniziativa 3S sta coinvolgendo Paesi di altissimo livello politico per accelerarne l’attuazione.
“I 14 Paesi che stanno dietro all’Iniziativa 3S sono pronti a fare la propria parte per affrontare i fattori trainanti del degrado del territorio e della migrazione – ha dichiarato a New Delhi Mohamed Doubi Kadmiri, Consigliere Diplomatico del Capo del Governo del Marocco, Paese che assieme al Senegal ha lanciato l’Iniziativa – Ma un cambiamento sostenibile può avvenire solo se vengono fatti ingenti investimenti nel recupero del territorio, per creare un circolo virtuoso in cui le persone hanno l’opportunità di vivere una vita sicura e stabile a casa propria”.
In futuro, la comunità globale deve compiere sforzi sostanziali per sostenere e ricostruire aree produttive, mitigare gli effetti della siccità, aumentare la resilienza e prevenire conflitti e migrazioni. Tale sostegno deve prevedere di affrontare i fattori trainanti del degrado del suolo per contrastare i fattori di fragilità e insicurezza dei suoli e risorse idriche, invertendo le pressioni sulle risorse, migliorando o ripristinando la governance e ricostruendo mezzi di sussistenza e posti di lavoro basati sulle risorse naturali.