Sostenibilità

Italia sostenibile: il Rapporto 2022 di Cerved

La seconda edizione del Rapporto Italia Sostenibile 2022, curato dal Gruppo Cerved, pone l’Italia al 15° posto tra 29 nazioni analizzate, al di sotto della media europea, a causa soprattutto delle cattive performance economiche e sociali, mentre vanta un buon livello di sostenibilità ambientale.

Il grande piano di risposta alla crisi provocata dalla pandemia, il PNRR, è entrato nella sua fase realizzativa in un contesto aggravato da nuove sfide: la guerra in Europa, la crisi energetica, l’inflazione. Siamo chiamati ad attuare riforme e investimenti non solo per accelerare la ripresa ma anche per affrontare i nodi strutturali, gli squilibri sociali e le criticità ambientali che bloccano la crescita dell’Italia e ne minacciano il futuro. Dalle scelte che faremo dipenderà il nostro destino a lungo termine. La sostenibilità è un obiettivo centrale di questo sforzo”.

È l’incipit del Rapporto Italia Sostenibile 2022″ del Gruppo Cerved, presentato il 13 settembre 2022 nel corso di un evento in presenza e in streaming, che analizza il grado di sostenibilità italiana e dei Paesi europei, dal punto di vista economico, sociale e ambientale.

Con questo strumento ci proponiamo di aiutare i decisori, le istituzioni e le imprese a ragionare in termini di impatto: occorre misurare il fabbisogno delle comunità per pianificare correttamente gli obiettivi dei progetti pubblici e aziendali – ha commentato Andrea Mignanelli, Amministratore delegato di Cerved Group, società che opera come agenzia di informazioni commerciali: valuta la solvibilità e il merito creditizio delle imprese, monitora e gestisce il rischio di credito durante tutte le fasi e definisce strategie di marketing – Colpisce, nei confronti internazionali come in quelli tra le province italiane, l’evidente correlazione tra capacità di innovazione del tessuto produttivo e velocità della transizione ecologica. Ciò significa che le grandi questioni del riequilibrio sociale e ambientale non sono separabili dai problemi strutturali che limitano lo sviluppo”.  

L’Europa sta attraversando un momento complesso a livello macro-economico.  La pandemia ha lasciato degli strascichi e il grande piano di risposta alla crisi è il PNRR, entrato nella sua fase realizzativa in un contesto aggravato da nuove sfide: la guerra in Europa, la crisi energetica, l’inflazione e l’aumento dei tassi di interesse da parte della BCE.  

Il nostro Paese è chiamato ad attuare riforme e investimenti non solo per accelerare la ripresa ma anche per affrontare i nodi strutturali, gli squilibri sociali e le criticità ambientali che bloccano la crescita e ne minacciano il futuro. Dalle scelte che farà l’Italia dipenderà il nostro futuro nel lungo periodo. La sostenibilità è un obiettivo centrale di questo sforzo: in quest’ottica anche le istituzioni finanziarie cominciano a considerare nelle valutazioni di credito, il rispetto delle tematiche ESG.

Purtroppo, l’Italia non brilla per sostenibilità: su 29 nazioni europee analizzate da Cerved nella seconda edizione del Rapporto Italia Sostenibile, il nostro Paese occupa la quindicesima posizione, ed è al di sotto della media europea soprattutto a causa delle cattive performance economiche e sociali, mentre vanta un buon livello di sostenibilità ambientale. Tuttavia, se scorporate, le regioni di Nord Ovest e Nord Est si piazzano addirittura al sesto e settimo posto, immediatamente a ridosso dei migliori 5 Paesi (Svezia, Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Finlandia). La debolezza italiana è soprattutto economica: hanno risultati peggiori solo Romania, Cipro e Grecia, anche a causa di una produttività che da più di vent’anni non registra alcun miglioramento.

Da queste considerazioni nasce l’esigenza di creare strumenti che possano intercettare il più precisamente possibile i livelli di sostenibilità dei nostri territori, attraverso costanti analisi per monitorare gli andamenti futuri legati all’attuazione del PNRR.

Prendendo in esame centinaia di variabili, tratte dall’ampio database di informazioni di cui è in possesso il Gruppo Cerved e da fonti pubbliche, è stato definito un indice generale di sostenibilità – riferito a stati, macroregioni, regioni e province – che integra misure relative alla solidità economica, sociale e ambientale dei singoli territori. Tale indice permette quindi di classificare i territori secondo le performance di sostenibilità raggiunte, confrontarne i livelli e analizzare i potenziali gap di sviluppo.

La mappa italiana della sostenibilità e le sette Italie della sostenibilità
Se ci si focalizza solo sul nostro Paese, la mappa della sostenibilità delle province italiane – definita in base all’indice che sintetizza la componente economica, sociale e ambientale – conferma l’ampio divario che esiste tra il Nord e il Sud della Penisola. Oltre alla classifica generale, sono poi state individuate 17 variabili che hanno permesso di dividere l’Italia in cluster omogenei.

Dall’elaborazione di questi dati è nata una nuova mappa del nostro Paese, “Le sette Italie: una nuova geografia della sostenibilità”, che raggruppa le province con profili e caratteristiche omogenee e ha dato vita a sette cluster di riferimento per una lettura semplificata di criticità e potenzialità della nostra Penisola.

Italia virtuosa: un gruppo di 14 province con un livello buono e in alcuni casi eccellente di sostenibilità ambientale, e con livelli di sostenibilità economica e sociale superiori alla media.
Aree competitive: 12 province, tra le quali le maggiori città metropolitane del Nord, tra le più dinamiche del paese e ai primi posti nel ranking generale di sostenibilità. Hanno problemi di inquinamento ma buone capacità di gestione della transizione ambientale.
Centro-Nord con tematiche ambientali: 22 province caratterizzate da un tessuto produttivo di media solidità, un discreto equilibrio sociale, ma con livelli critici di sostenibilità ambientale.
Grandi città in cerca di equilibrio (Roma, Firenze, Venezia e Genova costituiscono un profilo a parte): città con buone infrastrutture, rilevanti capacità di offerta formativa e di welfare, ma con gravi problemi relativi alla sostenibilità ambientale.
Rischio transizione: gruppo di 14 province di tutte le aree del paese, con un livello medio di sostenibilità nei diversi ambiti, ma con una forte presenza di settori produttivi inquinanti che nei prossimi anni dovranno affrontare percorsi e costi di transizione superiori alla media.
Centro-Sud resiliente: 19 province che presentano livelli di sostenibilità economica e sociale medio-bassi, tuttavia possono contare su un sistema produttivo vitale, importanti infrastrutture e istituzioni formative qualificate. L’equilibrio ambientale è discreto e in alcuni casi buono, con eccezioni dovute principalmente al rischio idrogeologico e sismico.
Province fragili: 22 province, tutte del Mezzogiorno, con un sistema produttivo debole, ampie aree di fragilità sociale, un sistema di welfare in difficoltà. Sotto il profilo ambientale le province di questo gruppo sono tra loro diverse per problemi e livelli di sostenibilità.

La transizione e i rischi per il sistema produttivo italiano
In un contesto di forte aumento del prezzo delle materie prime, il rischio che perda slancio il processo verso una riconversione ambientale e produttiva è molto concreto. Il percorso tracciato dall’UE verso un’economia e una società low carbon potrebbe subire un forte rallentamento a causa dell’innalzamento dei prezzi dell’energia (gas, petrolio, elettricità etc.), dovuti al contesto geo-politico e agli effetti pandemici. Ad oggi i territori italiani più esposti al rischio di transizione sono le aree meridionali e alcune province del centro del nostro Paese. Emerge quindi una maggiore esposizione di alcune province del Centro-Sud (Taranto, Potenza) caratterizzate da una bassa diversificazione produttiva e una forte specializzazione in attività ad alto rischio, come l’automotive, il siderurgico e il petrolchimico.

L’evoluzione della finanza sostenibile
Il 2021 è stato l’anno delle emissioni di debito sostenibile, un mercato che ha superato i 1.500 miliardi di dollari, registrando un aumento del 90% rispetto al 2020.
Analizzando il mercato italiano, l’emissione delle obbligazioni green, sociali e sostenibili da parte di entità italiane ha raggiunto un valore cumulato pari a circa 70 miliardi di euro.
L’Italia a fine 2021 è stata il quarto Paese europeo per prestiti e obbligazioni green, dopo Francia, Germania e Gran Bretagna.
In questo contesto però, il ruolo delle PMI è ancora marginale, ma il potenziale è ampio.

Per consentire una più agevole implementazione di tale approccio sarà necessario valutare le barriere di accesso che potrebbero ostacolare le aziende minori, quali ad esempio i costi elevati e la mancanza di expertise su tematiche di reporting ESG – conclude il rapporto. In questo senso fa ben sperare la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) con la quale si prevede una ulteriore estensione della disclosure sulla sostenibilità che possa essere adattata con criterio di proporzionalità alle dimensioni delle PMI. In tale direzione i lavori dell’EFRAG sono tuttora in corso, ed è previsto che forniscano un quadro chiaro ed esaustivo per una rendicontazione su misura per le imprese minori”.

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