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Istruzione: permane il ritardo dell’Italia rispetto agli altri Paesi OCSE

Istruzione Rapporto OCSE

L’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico dei 36 Paesi membri che sono i Paesi sviluppati aventi in comune un sistema di governo di tipo democratico e un’economia di mercato, ha pubblicato l’11 settembre 2018 il Rapporto “Education at a Glance 2018: OECD Indicators”, un’autorevole fonte di informazioni sullo stato dell’istruzione nel mondo, con dati sulla struttura, il finanziamento e le prestazioni dei sistemi di istruzione sia nei Paesi dell’OCSE che in alcuni altri Paesi (Argentina, Brasile, Cina, Colombia, Costa Rica, India, Indonesia, Federazione Russa, Arabia Saudita e Sudafrica).

Il Rapporto 2018 conferma che il contesto sociale rimane il principale fattore che influenza la partecipazione all’istruzione e all’apprendimento e i risultati economici e sociali. Così i bambini le cui mamme non hanno un’istruzione terziaria hanno meno probabilità di essere arruolati nei programmi di educazione e cura della prima infanzia (ECEC). Sebbene sia ampiamente riconosciuto che lo sviluppo cognitivo di un bambino inizia molto prima di raggiungere l’età scolare, i Governi spendono ancora una quota inferiore di denaro pubblico per l’ECEC rispetto a quella per l’istruzione superiore.

Anche i bambini provenienti da ambienti svantaggiati hanno meno probabilità di proseguire gli studi. Quelli senza genitori con istruzione terziaria hanno maggiori probabilità di iscriversi all’istruzione e formazione professionale rispetto ai programmi generali di istruzione secondaria superiore e sono meno propensi a completare tali programmi. Questo, a sua volta, influisce sulla loro successiva partecipazione all’istruzione superiore, dove la quota di iscritti senza un genitore terziario è assai ridotta.

La partecipazione all’istruzione superiore oggi conta più che mai, afferma l’OCSE. I cambiamenti tecnologici, la digitalizzazione e l’innovazione hanno dato un notevole vantaggio alle competenze avanzate, poiché i posti di lavoro meno qualificati vengono espulsi dal mercato. Coloro che hanno conseguito solo l’istruzione secondaria superiore guadagneranno mediamente il 65% di un laureato terziario, perpetuando questo circolo vizioso sulle generazioni future. Pertanto, occorrono da 4 a 5 generazioni per i figli di famiglie nel decile inferiore per raggiungere il livello medio dei guadagni nei Paesi OCSE. Gli svantaggi nell’istruzione e nel mercato del lavoro si traducono in differenze nei risultati socio-economici e nel benessere generale che si trasmettono dai genitori ai figli.

Ogni individuo ha le potenzialità per conseguire il successo e merita l’opportunità di crescere, svilupparsi e dare pienamente il contribuire alla società – ha affermato il Segretario generale dell’OCSE Angel Gurría, presentando il Rapporto a Parigi – Abbiamo la responsabilità di garantire che le circostanze personali o sociali non impediscano agli studenti di realizzare tale potenziale. Questa dovrebbe essere la promessa per l’istruzione per tutti“.

Per raggiungere la parità nell’istruzione, i Paesi dovrebbero destinare fondi e risorse per l’educazione ai più vulnerabili, prevenire le ripetenze e incoraggiare le persone provenienti da ambienti svantaggiati a entrare nell’istruzione tradizionale. Gli insegnanti dovrebbero avere buone opportunità per lo sviluppo della loro professionalità e adeguate conoscenze pedagogiche per identificare e supportare gli studenti in tutte le abilità, e deve esserci accesso e offerta ad un’educazione della prima infanzia accessibile e di alta qualità. L’importanza di investire nell’ECEC, in particolare per i bambini svantaggiati, è anche una delle principali raccomandazioni dell’OCSE per le politiche di crescita inclusiva, come misure per ridurre le disparità.

Anche le disuguaglianze di genere restano confermate, secondo il Rapporto 2018. I ragazzi hanno più probabilità delle ragazze di ripetere un anno scolastico, di abbandonare la scuola e di non conseguire un’istruzione terziaria. Tuttavia, nonostante le loro prestazioni migliori a scuola, le donne hanno ancora un lavoro peggiore e minori retribuzioni. Le donne rimangono meno propense ad iscriversi e diplomarsi in campi molto remunerativi a livello terziario. Ad esempio, anche se oggi le competenze ingegneristiche sono molto richieste, solo il 6% delle donne laureate ha conseguito una laurea in ingegneria, rispetto al 25% degli uomini.

Promuovere una società coesa, afferma l’OCSE, dipende anche dalla capacità di integrare gli immigrati e assicurare che sviluppino le competenze necessarie per contribuire al mercato del lavoro e al benessere delle loro comunità. Tuttavia, in base ai dati disponibili in alcuni Paesi, gli immigrati di prima e di seconda generazione hanno meno probabilità di entrare nei programmi idi laurea di primo o secondo grado; e gli adulti nati all’estero hanno anche minori probabilità dei loro coetanei nativi a partecipare a corsi di istruzione formale nel corso della loro vita.

Il Rapporto osserva che i Paesi spendendo per l’istruzione, beneficiano successivamente di maggiori entrate fiscali e contributi sociali che provengono da individui con istruzione terziaria, con un tasso di rendimento medio OCSE sull’investimento effettuato del 10% per ogni uomo e l’8% per ogni donna che completa l’istruzione terziaria.

Da quest’anno, il Rapporto dell’OCSE valuta anche dove Paesi stanno raggiungendo i loro obiettivi di equità come parte degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile per l’istruzione (4. Assicurare un’istruzione di qualità, equa ed inclusiva, e promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti). I risultati mostrano che il conseguimento di un’equa partecipazione all’istruzione e alla qualità dei risultati dell’apprendimento rimane una sfida per molti Paesi dell’OCSE.

Nello stesso giorno di presentazione del Rapporto a Parigi, a Roma presso l’Università LUISS, in collaborazione con l’Associazione TreeLLLe – per una società dell’apprendimento permanente(Life Long Learning) – che si pone l’obiettivo di favorire il miglioramento della qualità dell’education (educazione, istruzione, formazione) nei vari settori e nelle fasi in cui si articola, l’OCSE ha organizzato incontro con la stampa per presentare la scheda dedicata all’Italia.

In generale, pur con qualche segnale di recupero del gap rispetto agli altri Paesi, in Italia permane una situazione di ritardo.
Il dato più eclatante che emerge è la percentuale del 30% dei 20-24enni italiani NEET (Not [engaged] in Education, Employment, Education or Training) ovvero di quella fascia di popolazione che non lavora, non studia e non sta seguendo alcun corso di istruzione o formazione (peggio dell’Italia in questa triste classifica fa solo la Turchia) contro il 16% della media OCSE, ma con variazioni regionali fortissime che vanno dal 12% al 38% per la classe di età tra i 15 e i 29 anni. La quota NEET tra le donne aumenta tra i 25 e i 29 anni.

Tra gli altri aspetti più rilevanti si segnalano:

– Il livello di spesa per studente in Italia è inferiore alla media OCSE, anche se il divario è più limitato nella scuola primaria e aumenta con i livelli di istruzione. Nel 2015, il livello di spesa per studente corrispondeva al 99% della media OCSE nell’istruzione primaria, al 95% nell’istruzione secondaria inferiore e all’89% nell’istruzione secondaria superiore. La spesa per studente era inferiore nell’istruzione terziaria (73% della media OCSE, o il 67%, escludendo le spese dedicate alla ricerca e allo sviluppo) e nelle scuole pre-primarie (74%).

– L’Italia è il Paese dell’OCSE con il corpo docente più anziano: nel 2016, il 58% degli insegnanti nell’istruzione primaria e secondaria aveva almeno 50 anni. Gli stipendi erano altresì inferiori alla media OCSE: gli stipendi iniziali variavano tra l’89% (scuola secondaria superiore di indirizzo generale) e il 94% (scuola pre-primaria) della media OCSE.

– Solo il 24% dei bimbi 0-3 anni frequenta asili nido, contro il 35% della media OCSE, mentre in tutte le regioni italiane si registra la piena scolarizzazione nella fascia dell’obbligo (superiore al 90%) e anche per l’istruzione pre-primaria (bambini di età compresa tra i 3 e i 5 anni). Solo una regione italiana registra un tasso di scolarizzazione inferiore al 90% nella scuola pre-primaria per i bambini di 4 anni (Lazio) e solo 4 regioni per i bambini di 3 anni (Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia e Provincia autonoma di Bolzano).

– La quota di popolazione compresa tra i 25 e i 64 anni senza istruzione secondaria superiore è più elevata rispetto a molti altri Paesi dell’OCSE, incidendo sulla disuguaglianza di reddito.

– Nel 2017, i giovani adulti di età compresa tra 25 e 34 anni, nati all’estero e privi di un’istruzione secondaria superiore, guadagnavano il 12% in meno rispetto ai giovani adulti autoctoni; quelli con un livello d’istruzione secondaria superiore o post secondaria non terziaria guadagnavano il 30% in meno, mentre i laureati nati all’estero guadagnavano il 44% in meno, rispetto agli autoctoni.

– La mobilità intergenerazionale rispetto al livello d’istruzione raggiunto è relativamente bassa: solo il 9% dei 25-64enni i cui genitori non hanno raggiunto il livello d’istruzione secondaria superiore hanno completato gli studi a livello terziario (rispetto alla media OCSE del 21%), mentre questa percentuale sale al 59% tra coloro con almeno un genitore con un’istruzione secondaria superiore (media OCSE del 42%) e all’87% tra coloro con almeno un genitore laureato (media OCSE del 68%). Inoltre, l’81% degli adulti con genitori senza un livello d’istruzione secondaria superiore ha terminato gli studi allo stesso livello di istruzione (media OCSE del 37%); questo significa che solo il 19% è riuscito a raggiungere un livello d’istruzione più elevato rispetto ai propri genitori.

– In Italia, la partecipazione ai programmi professionali e tecnici a livello secondario superiore è più alta rispetto alla media dell’area OCSE e i ragazzi hanno maggiori probabilità rispetto alle ragazze di iscriversi a un percorso d’istruzione tecnico o professionale

– In Italia, la quota dei giovani adulti (25-34enni) con una laurea è inferiore rispetto agli altri Paesi dell’OCSE, nonostante questa quota sia aumentata costantemente durante l’ultimo decennio dal 19% nel 2007 al 27% nel 2017. In Europa, come ha rilevato Eurostat, solo la Romania fa peggio (25,6%).

– L’Italia ha uno dei più bassi tassi di occupazione dei giovani laureati. Il numero di italiani che studia all’estero per laurearsi è aumentato del 36% in soli 3 anni; nel frattempo il numero di studenti stranieri iscritti all’Università in Italia è aumentato solo del 12%.

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