La fotografia del Paese quale scattata dall’Istat nel suo ultimo Rapporto Annuale sulla situazione economica, demografica e sociale, evidenzia che la crescita è stata moderata, i salari reali hanno perso in 5 anni più del 10%, oltre il 23% della popolazione è a rischio povertà, le persone sole costituiscono più di un terzo della popolazione, un italiano su 10 rinuncia alle visite mediche specialistiche, in 10 anni quasi 100 giovani laureati sono espatriati, e si prevede un rallentamento della crescita nel 2025.
La XXXVI edizione del Rapporto annuale, dell’Istat sulla situazione del Paese, presentato il 21 maggio 2025 nel corso di un evento in streaming a Palazzo Montecitorio dal Presidente dell’Istituto Francesco Maria Chelli, esamina i cambiamenti economici, demografici e sociali che hanno interessato il Paese nell’anno appena trascorso, offrendo un quadro informativo ampio e approfondito sulle principali sfide del nostro tempo e su quelle che l’Italia sarà chiamata ad affrontare nei prossimi anni.
Il Rapporto è articolato in 4 capitoli di cui si evidenziano i principali risultati.
– Economia e ambiente
Nel 2024 l’economia italiana ha continuato a crescere a un ritmo moderato, inferiore rispetto alla Francia e soprattutto alla Spagna, mentre la Germania è in recessione per il secondo anno di seguito. I primi mesi del 2025 sono stati caratterizzati da forte incertezza sulle prospettive a breve, soprattutto per i rischi circa l’evoluzione degli scambi associati alle decisioni di politica commerciale degli Stati uniti.
L’occupazione ha continuato a espandersi ed è stato conseguito un parziale recupero nel potere d’acquisto dei salari. D’altra parte, l’aumento dell’occupazione, anche per la sua composizione settoriale, si è tradotto in una riduzione della produttività del lavoro.
È proseguito il rientro dall’inflazione, riflettendo il forte calo nelle quotazioni dell’energia, la cui crescita ne era stata all’origine. L’inflazione al consumo si è mantenuta più bassa che nelle altre maggiori economie europee, tornando però a salire nei primi mesi del 2025. Nell’anno appena trascorso sono migliorati in misura consistente i saldi del bilancio pubblico, soprattutto grazie alla riduzione degli oneri del superbonus. Il debito pubblico è cresciuto lievemente, per effetto della ridotta crescita del Pil nominale e dell’aumento della spesa per interessi.
Nell’ultimo decennio la crescita dell’economia ha risentito sia di condizioni macroeconomiche in prevalenza sfavorevoli, sia di caratteristiche del sistema produttivo associate all’efficienza e all’incremento della produttività che ne hanno frenato l’espansione, quali le ridotte dimensioni d’impresa, la specializzazione, il contenuto innovativo relativamente modesto delle produzioni.
Negli anni più recenti lo sviluppo delle attività ad alta tecnologia ha contribuito a mitigare questi effetti. Tuttavia, l’Italia continua a scontare un ritardo nella dotazione di capitale umano qualificato, che si riflette anche in una minor capacità di adozione delle tecnologie digitali che richiedono competenze specializzate.
Considerando la dimensione della sostenibilità, tra il 2005 e il 2024 è triplicata la produzione di energia da fonti rinnovabili: in quest’ambito l’Italia resta indietro rispetto alle altre maggiori economie europee, anche se negli ultimi anni si è avuta un’accelerazione. Parallelamente, si sono ridotte le pressioni generate dal sistema economico sull’ambiente. Permangono tuttavia elevati i rischi naturali, associati anche alla maggior frequenza di eventi climatici estremi.
– Popolazione e società
La dinamica demografica e sociale dell’Italia continua a riflettere trasformazioni profonde, che attraversano generazioni, territori e gruppi sociali. La popolazione residente è in costante calo, spinta da una dinamica naturale fortemente negativa, solo parzialmente compensata da un saldo migratorio positivo.
I cambiamenti demografici si intrecciano con quelli familiari. Le famiglie diventano sempre più piccole: cresce il numero di persone che vivono da sole, aumentano le libere unioni, le famiglie monogenitore e quelle ricostituite, mentre si riduce la presenza dei nuclei familiari con figli.
Sul fronte dell’istruzione si registra un miglioramento dei livelli medi, ma persistono ampi divari rispetto alla media dell’UE27. Le competenze digitali, sempre più centrali nel mondo del lavoro e nella vita quotidiana, mostrano livelli ancora insufficienti soprattutto se confrontati con l’obiettivo fissato dal programma strategico UE per il decennio digitale.
Nel mercato del lavoro, nonostante l’occupazione abbia raggiunto il massimo storico, l’Italia presenta ancora tassi di partecipazione tra i più bassi d’Europa, in particolare per giovani e donne. La qualità dell’occupazione è migliorata in termini di stabilità, ma persistono forti vulnerabilità.
Le condizioni economiche delle famiglie restano fragili. La povertà assoluta è stabile rispetto all’anno precedente ma in aumento nel confronto con il 2014. Anche tra chi lavora si diffonde la vulnerabilità economica con l’aumento delle persone i cui redditi non sono sufficienti a garantire un livello di vita adeguato.
Le condizioni di salute mostrano segnali contrastanti. La speranza di vita alla nascita ha superato i livelli pre-pandemici, ma gli anni vissuti in buona salute si riducono, soprattutto tra le donne e nel Mezzogiorno. La rinuncia alle prestazioni sanitarie è in aumento, in particolare a causa delle lunghe liste di attesa o per motivi economici. Il disagio psicologico cresce e le condizioni di salute soggettive dichiarate dalle persone con disabilità restano critiche. Per loro la prevalenza di malattie croniche è molto elevata, colpendo in particolare gli anziani, con un impatto più marcato sulle donne.
– Una società per tutte le età
L’aumento straordinario della sopravvivenza ha trasformato radicalmente la struttura della popolazione italiana, dando origine a una società in cui oggi convivono più a lungo diverse generazioni. I loro percorsi di vita hanno contribuito a ridefinire il contesto demografico, sociale ed economico del Paese. Osservarne l’evoluzione della struttura e dei comportamenti significa cogliere i cambiamenti in atto, ma anche programmare in modo più efficace gli interventi necessari per gestire meglio le possibili traiettorie e criticità future.
Le analisi per generazione confermano un cambiamento profondo nel modo in cui si entra nella vita adulta. L’uscita dalla famiglia avviene sempre più spesso per andare a convivere; il matrimonio e la genitorialità sono posticipati, o talvolta evitati del tutto; crescono le unioni libere e le famiglie ricostituite. La crescente instabilità coniugale completa il quadro di una transizione demografica in cui i legami familiari si ridefiniscono nel tempo.
Per comprendere le esigenze di una popolazione che invecchia ma che, al contempo, chiede nuove opportunità, è indispensabile adottare il punto di vista generazionale. L’allungamento della vita in buona salute, gli stili di vita più salutari – sana alimentazione, pratica di attività fisica, evitare di fumare o di eccedere nel consumo di bevande alcoliche – e il maggiore livello di istruzione hanno ampliato gli orizzonti delle generazioni, ma anche introdotto nuove sfide e disuguaglianze: vivere a lungo non è uguale ovunque, né per tutti. Se da un lato aumentano gli anni vissuti in autonomia, dall’altro persistono forti divari territoriali e socioeconomici.
È attraverso l’approfondimento delle dimensioni territoriali che tali dinamiche possono essere comprese nella loro complessità e implicazione per il benessere collettivo. Gli squilibri tra generazioni nei territori, analizzati anche per Aree Interne (a scarso accesso ai servizi essenziali riguardanti salute, scuola, mobilità) e Centri (con infrastrutture che garantiscono tali servizi essenziali), evidenziano le specificità locali, in termini sia di tendenze demografiche sia di fattori come la tipologia familiare, che possono influenzare il potenziale supporto sociale, specie quello informale, e la capacità della società di far fronte alle sfide poste dall’invecchiamento.
– Sistema economico e generazioni
L’Italia, in particolare dopo il Duemila, è stata caratterizzata da una crescita economica contenuta e da una dinamica molto debole della produttività. Questi fattori si sono riflessi sull’andamento dei redditi e hanno limitato le prospettive di realizzazione professionale a confronto sia con l’esperienza storica, sia con le altre maggiori economie europee.
Tra il 2000 e il 2024 l’occupazione è aumentata in misura analoga a Francia e Germania, ma trainata da settori dei servizi a ridotta produttività e alta intensità di lavoro. Il peso delle professioni qualificate nell’occupazione è cresciuto, anche se in misura minore rispetto alle altre grandi economie europee, e negli anni più recenti è aumentata l’importanza dell’occupazione in professioni ICT, fondamentale per la competitività.
Dal lato dell’offerta, le generazioni che si sono affacciate sul mercato del lavoro sono decisamente più istruite di quelle che le hanno precedute ed è aumentata in misura altrettanto notevole la partecipazione femminile.
Per la perdita sostanziale di potere d’acquisto associata all’inflazione nel 2021-2022, il reddito medio da lavoro per occupato nel 2024 risulta inferiore rispetto al 2004. Nello stesso periodo, l’aumento della partecipazione al lavoro, la riduzione della dimensione delle famiglie e la maggiore diffusione della proprietà della casa d’abitazione hanno più che compensato tale riduzione in termini di reddito familiare equivalente.
Considerando il periodo tra il 2011 e il 2022 sono invece cresciuti sia la quota di adulti con redditi da lavoro, sia il reddito mediano reale. Le disuguaglianze territoriali restano forti, con incrementi ampi di occupazione nelle grandi città metropolitane del Centro-nord, dove anche la popolazione ha continuato ad aumentare, e minori o negativi in parte del Mezzogiorno e alcune aree del Centro-nord in declino industriale.
L’istruzione continua a garantire un premio salariale, crescente nell’arco della vita lavorativa, ma la mobilità sociale è complessa, e condizionata dalle caratteristiche della famiglia d’origine, a partire dal livello e dal tipo di istruzione conseguito.
Infine, l’invecchiamento della forza lavoro e il rafforzamento del capitale umano hanno inciso in modo differenziato sul sistema produttivo. Le imprese con giovani qualificati hanno maggior successo economico, mentre il ricambio generazionale costituisce un problema per quelle più piccole e meno efficienti.
“Le previsioni più recenti per il 2025 – si legge nel Rapporto – sono di un rallentamento della crescita rispetto all’andamento già moderato del 2024, come conseguenza principalmente degli effetti dei dazi introdotti all’inizio di aprile dagli Stati Uniti e poi in parte sospesi o rimodulati, e dell’evoluzione delle politiche commerciali globali”.