Nell’ambito della Campagna di Greenpeace Italia contro il greenwashing e le false soluzioni che ritardano gli interventi per risolvere la crisi climatica, l’Associazione ambientalista, dopo la pubblicazione dello studio sullo scarso spazio dedicato al global warming dai maggiori quotidiani italiani, ha diffuso quello sui telegiornali e trasmissioni televisive di approfondimento, sempre condotto dall’Osservatorio di Pavia, che conferma come i media non contribuiscano ad informare sulla gravità della minaccia.
Sebbene la crisi climatica sia considerata dagli scienziati la più grave emergenza ambientale della nostra epoca, nelle edizioni serali dei principali telegiornali trova spazio in meno dell’1% delle notizie trasmesse, ed è in buona sostanza ignorata anche dai programmi televisivi di approfondimento.
È quanto emerge dallo Studio “Analisi dell’informazione sulla crisi climatica” pubblicato il 27 luglio 2022 da Greenpeace Italia e realizzato dall’Osservatorio di Pavia, l’istituto di ricerca specializzato nell’analisi della comunicazione, che ha esaminato nel periodo gennaio-aprile 2022 tutte le edizioni di prima serata dei telegiornali andati in onda su Rai, Mediaset e La7, e un campione di 6 trasmissioni televisive di approfondimento: Unomattina e Cartabianca per la Rai, Mattino 5 news e Quarta Repubblica per Mediaset, L’Aria che tira e Otto e mezzo per La7.
I risultati mostrano che nei quattro mesi in cui è stata condotta l’indagine, i telegiornali esaminati hanno trasmesso 14.211 notizie, ma solo 96 hanno trattato la crisi climatica, pari ad appena lo 0,7% del totale. Persino le testate più attente al riscaldamento del pianeta, cioè il TG5, il TG1 e il TG3, non hanno trasmesso più di 6 servizi al mese esplicitamente dedicati alla crisi climatica. Fanalino di coda il TG La7 e il TG4, che in media hanno parlato di cambiamenti climatici appena una volta ogni due mesi.
Non molto più confortante l’operato delle trasmissioni televisive di approfondimento, in cui si è parlato della crisi climatica in appena 24 puntate delle 388 andate in onda nei quattro mesi dell’indagine, pari al 6% del totale. Il programma più virtuoso è Cartabianca (Rai), che ha affrontato il tema in un terzo delle puntate trasmesse e sempre in modo esplicito, mentre Unomattina (Rai) è la trasmissione che ha parlato di crisi climatica nel maggior numero di puntate, pari a 12. In fondo alla classifica le due trasmissioni di La7: L’Aria che tira non ha mai parlato della crisi climatica, mentre Otto e mezzo l’ha fatto soltanto una volta e in modo implicito.
“Questo studio evidenzia come la crisi climatica non sia ancora riuscita a farsi strada in televisione, che resta il principale mezzo di informazione per la maggioranza degli italiani – ha affermato Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia – La scarsa attenzione dei principali telegiornali e delle trasmissioni televisive di approfondimento conferma quanto già avevamo riscontrato sulla stampa: il riscaldamento del pianeta trova poco spazio nell’agenda mediatica e politica, impedendo ai cittadini di percepire la gravità della minaccia e ritardando gli interventi di cui avremmo urgente bisogno per evitare gli scenari peggiori del riscaldamento globale. La siccità, le ondate di calore e gli incendi che stiamo vivendo mostrano che non c’è più tempo: se non vogliamo bruciare insieme al pianeta, dobbiamo smettere di nascondere la testa sotto la sabbia e augurarci che la crisi climatica trovi più spazio in tv e nei programmi elettorali delle prossime elezioni politiche”.
Nelle scorse settimane Greenpeace aveva pubblicato uno studio analogo condotto sui 5 quotidiani più letti in Italia (Corriere della Sera, La Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa), svelando la profonda dipendenza della stampa dai finanziamenti dell’industria dei combustibili fossili. I giornali esaminati, infatti, pubblicano in media appena un articolo al giorno in cui si tratta esplicitamente della crisi climatica, raccontata essenzialmente come un problema economico. Al contrario, sulla stampa italiana trovano ampio spazio le pubblicità dell’industria dei combustibili fossili e delle aziende dell’automotive, aeree e crocieristiche, tra i maggiori responsabili del riscaldamento del pianeta: sul Sole 24 Ore si contano più di cinque pubblicità di queste aziende inquinanti a settimana.
Si chiama “classifica degli intrappolati” perché intende “denunciare la pericolosa dipendenza del giornalismo italiano dai finanziamenti delle aziende inquinanti”, sottolinea Greenpeace, ricordando così quanto sia diffuso il greenwashing delle aziende, cioè la loro abitudine di mentire sul clima (affermano di essere “verdi” ma in realtà continuano a investire in energie fossili).
Sebbene la dipendenza dell’informazione televisiva appaia meno marcata, in tv la crisi climatica è raccontata principalmente come un problema ambientale e il soggetto che ha più voce sono gli esperti, anziché le aziende come avviene sulla stampa – nei telegiornali i combustibili fossili sono citati fra le cause appena una volta su dieci e non viene mai indicato alcun colpevole del riscaldamento globale. In modo analogo, nei programmi televisivi le compagnie petrolifere sono citate solo una volta tra i responsabili. Infine, il problema del greenwashing non viene mai menzionato né dai telegiornali né dalle trasmissioni di approfondimento.
Il monitoraggio dei media promosso da Greenpeace Italia rientra nella campagna “Stranger Green” dell’associazione ambientalista contro il greenwashing e le false soluzioni che ritardano gli interventi di cui abbiamo urgente bisogno per salvarci dagli impatti della crisi climatica, come la terribile siccità e le prolungate ondate di calore di questi mesi. Come recita il sottotitolo della campagna, che si richiama all’immaginario della serie televisiva cult statunitense “Stranger Things”, “Sotto il greenwashing c’è l’inferno climatico”.
L’analisi della stampa e della televisione continuerà per l’intero 2022 e i risultati saranno resi pubblici ogni 4 mesi, con l’intento di sollevare un dibattito pubblico sulla necessità di liberare il giornalismo italiano dai condizionamenti dell’industria del gas e del petrolio e offrire a cittadine e cittadini un’informazione corretta sui cambiamenti climatici.
Insieme a più di trenta organizzazioni internazionali, Greenpeace sostiene inoltre una Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) per vietare le pubblicità e le sponsorizzazioni delle aziende legate ai combustibili fossili, che minacciano la libertà di stampa e la salute delle persone e del pianeta. Se entro ottobre la petizione “Stop alla pubblicità delle aziende inquinanti” raggiungerà il traguardo di un milione di firme raccolte, la Commissione europea sarà obbligata a discutere una proposta di legge per mettere fine alla propaganda ingannevole delle aziende inquinanti che alimentano la crisi climatica.