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“L’estate che scotta”: 8 milioni di italiani colpiti da ondate di calore

Greenpeace Italia e ricercatori dell’Istat nel nuovo report “L’estate che scotta” hanno analizzato i dati dei capoluoghi di Regione e delle province autonome di Trento e Bolzano, per mostrare la percentuale di popolazione costretta a vivere in luoghi con una temperatura superficiale media pari o superiore a 40°C. Più di 8 milioni di cittadini colpiti, di cui più di 1,3 milioni tra anziani e bambini. Un trend in peggioramento: raddoppiata in sei anni la popolazione esposta.

Dall’agosto 2019 allo stesso mese del 2023 (ultimi dati disponibili) è raddoppiato il numero di italiane e italiani esposti a temperature superficiali pari o superiori ai 40°C nelle città monitorate da Istat, ovvero i capoluoghi di Regione e delle province autonome di Trento e Bolzano. Si tratta di oltre 8 milioni di cittadini (di cui più di 1,3 milioni sono anziani e bambini, categorie considerate come “fragili”), ovvero l’87,3% delle persone interessate dal rilevamento. Stime comunque al ribasso, dato che è stata presa in esame solo la popolazione residente, mentre il numero di persone che vive nelle città analizzate è sicuramente maggiore.

È quanto emerge dall’ultimo report L’Estate che Scotta”, pubblicato il 31 luglio 2024 e realizzato da Greenpeace Italia in collaborazione con ricercatori di Istat, che ha preso in considerazione i dati della superficie terrestre, ovvero il calore “al tatto” della “superficie” della Terra, raccolti dai satelliti Sentinel-3 del programma Copernicus.

Si tratta di temperature rilevate da satelliti che fotografano la superficie terrestre dall’alto, quindi si riferiscono a tutte le superfici visibili dall’alto: tetti, abitazioni, strade, campi, chiome degli alberi – ha spiegato Alessandro Cimbelli, ricercatore Istat – Una rilevazione che sottostima il fenomeno, dato che parliamo di rilevazioni effettuate tra le 9 e le 11 di mattina, quindi non si tratta della temperatura massima giornaliera”.

Uno Studio pubblicato lo scorso giugno che ha coinvolto scienziati di vari paesi europei, ha dimostrato che le ondate di calore in Europa sono in aumento rispetto al decennio 2000-2009 e che le persone esposte sono aumentate del 57%, con impatti particolarmente pronunciati nelle città a causa dell’effetto “isola di calore”. Sebbene le ondate di calore siano definite da una combinazione di fattori – innanzitutto la temperatura dell’aria –, calcolare la temperatura superficiale e la popolazione esposta resta un elemento molto rilevante, dal momento che il calore irradiato dal suolo e dalle superfici contribuisce alla vivibilità di un determinato ambiente.

La comunità scientifica è da tempo concorde sul fatto che le ondate di calore sono rese sempre più frequenti e intense dai cambiamenti climatici, a loro volta alimentati dall’emissione di grandi quantitativi di gas serra dovuta ad attività antropiche, in particolare all’utilizzo dei combustibili fossili – ha commentato Federico Spadini della campagna Clima di Greenpeace Italia – Se vogliamo evitare temperature sempre più estreme e il loro impatto su una fetta sempre più grande di popolazione, dobbiamo mettere fine al più presto alla nostra dipendenza da petrolio, gas e carbone. I governi devono farsi promotori di una reale transizione alle fonti rinnovabili, impegnandosi al tempo stesso in interventi sul territorio per evitare gli effetti più pericolosi del caldo estremo”.

Anche il 2024 si appresta a diventare un anno di fuoco. Secondo gli ultimi dati disponibili per il 2024, relativi al mese di giugno, in quasi tutti i capoluoghi italiani le temperature superficiali massime sono state superiori a 35 °C, arrivando a toccare soglie superiori a 39 °C in 12 delle 21 città analizzate. Temperature superficiali record sono state rilevate a Bari, Napoli, Roma, Catanzaro, Ancona, Palermo e Campobasso, dove il termometro delle temperature superficiali ha superato i 40 °C. Al Nord, Milano non è da meno con una media delle temperature superficiali massime di 39,9 °C.

Una situazione diffusa su tutta la penisola, quindi, come si nota analizzando nel dettaglio la percentuale di popolazione che in ogni capoluogo è stata esposta a temperature superficiali pari o superiori a 40 °C.

Dati alla mano, in 11 capoluoghi su 21 analizzati più del 90% della popolazione è stata interessata dal fenomeno, con picchi di percentuali oltre il 98% a Bari, Firenze, Cagliari, Napoli e Palermo. Una delle novità che emerge dall’analisi è che anche in alcuni capoluoghi del Nord si riscontrano degli importanti valori di popolazione esposta a temperature al suolo uguali e superiori a 40° C. Prova ne sono Aosta (96,7% di popolazione coinvolta), Torino (95,6%) e Milano (91,3%). In generale, un quadro disarmante visto che solo in 3 capoluoghi la percentuale di popolazione coinvolta dal fenomeno scende sotto il 60% (Trieste 51,3%, Genova 47%, Bolzano 2,1%).

Guardando al trend degli ultimi anni, si nota come da agosto 2019 ad agosto 2023 la popolazione esposta è praticamente raddoppiata, passando da 4,4 milioni a quasi 8,3 milioni.

L’esposizione a temperature superficiali superiori a 40 °C può determinare una emergenza medica per colpo di calore – ha sottolineato Stefano Tersigni, ricercatore Istat – La pericolosità a tale esposizione è più accentuata nelle persone fragili, ovvero maggiormente vulnerabili a questo tipo di stress”.

Secondo Greenpeace, per evitare temperature estreme e proteggere la popolazione servono interventi urgenti per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, aggravati dalle emissioni di gas serra derivanti dall’uso di combustibili fossili, causa principale dell’aumento delle ondate di calore, riducendo al più presto la dipendenza da petrolio, gas e carbone e promuovere una transizione verso le energie rinnovabili.

Nonostante gli impatti dell’aumento delle temperature, sia quelli diretti causati dall’esposizione a temperature sempre più alte, sia quelli indiretti, dovuti all’intensificarsi degli eventi meteorologici estremi – ha concluso Spadini – le aziende principali responsabili del riscaldamento globale continuano indisturbate a investire sui combustibili fossili, con livelli di emissioni ormai fuori controllo. Giganti del gas e del petrolio come ENI stanno facendo pagare alle persone il conto delle loro politiche industriali orientate al profitto, quando invece dovrebbero essere proprio loro a pagare i costi della crisi climatica che stanno alimentando e a doversi impegnare per una transizione energetica a zero emissioni”.

Immagine di copertina: Fonte Greenpeace

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