Secondo un’analisi di E3G, prestigioso think tank europeo, a livello globale 2 gigatonnellate (Gt) di anidride carbonica equivalente (CO2e) di potenziali emissioni annuali di gas serra sono protette tramite ISDS ovvero i trattati che consentono agli investitori stranieri di presentare reclami contro i governi ospitanti nei tribunali arbitrali internazionali se i loro interessi commerciali sono compromessi da misure governative, che non sono allineati con gli sforzi internazionali per raggiungere emissioni nette pari a zero, e che i Paesi con ambizioni climatiche dovrebbero guidarne la riforma.
I trattati di investimento che prevedono disposizioni sulla risoluzione delle controversie tra investitori e Stati (ISDS) sono in contrasto con gli sforzi internazionali in materia di clima.
L’analisi in questo rapporto evidenzia come questa protezione sia in contrasto con gli sforzi climatici internazionali, come gli sforzi del G7 e altre iniziative climatiche, guidati da paesi con ambiziose politiche climatiche.
È quanto emerge dal Rapporto “Investments treaties are undermining the global energy transition”, pubblicato il 31 luglio 2024 da E3G, prestigioso think tank europeo che opera per accelerare una transizione globale verso un futuro a basse emissioni di carbonio, che ha individuato quali Paesi proteggono la maggior parte delle emissioni di gas serra tramite l’Investor-State-Dispute-Settlement (ISDS) e quali paesi sono i più vulnerabili a potenziali richieste di risarcimento dall’ISDS.
L’ISDS è l’organismo chiamato a decidere sulle controversie fra “investitori privati” e Stati, previsto in molti trattati commerciali, che consente agli investitori stranieri di presentare reclami contro i governi ospitanti nei tribunali arbitrali internazionali se i loro interessi commerciali sono compromessi da misure governative. Queste cause sono così costose che a volte basta la semplice minaccia di un contenzioso affinché molti Paesi in via di sviluppo desistano dal proporre regole scomode al mercato.
Le regole e clausole dell’ISDS, secondo E3G, in quanto proteggono gli investimenti in combustibili fossili all’estero, rischiano di ritardare la transizione energetica globale aumentando i costi dell’azione per il clima, riducendo lo spazio fiscale per rispondere al cambiamento climatico e incoraggiando ulteriori investimenti in combustibili fossili.
L’UE ha formalmente adottato la decisione di ritirarsi dal Trattato sulla Carta dell’Energia , un patto energetico degli anni ’90 che consente alle compagnie petrolifere di citare in giudizio i governi per ottenere un risarcimento per i mancati profitti se ritengono che le politiche energetiche abbiano danneggiato la loro attività, non più non è più compatibile con le maggiori ambizioni climatiche dell’UE nell’ambito del Green Deal europeo e dell’Accordo di Parigi, ma gli Stati membri che volessero rimanere parti contraenti dopo il ritiro dell’UE potranno votare durante la prossima Conferenza sulla Carta dell’Energia – prevista per la fine del 2024 – approvando o meno l’adozione di un accordo modernizzato.
Secondo il Rapporto di E3G, 6 dei primi 15 Paesi che proteggono la maggior parte delle emissioni di gas serra all’estero tramite disposizioni ISDS, nonostante abbiano aderito alla Clean Energy Transition Partnership (CETP) per favorire la transizione verso un’energia pulita e contribuire all’obiettivo dell’UE di diventare il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050, o alla Beyond Oil and Gas Alliance (BOGA) che mira ad accelerare l’eliminazione graduale di petrolio e gas o facciano parte del G7 che ha ripetutamente sottolineato il suo impegno a eliminare gradualmente i sussidi dannosi ai combustibili fossili, proteggono il 50% del potenziale annuo totale di emissioni di gas serra coperto da trattati con ISDS.

“I paesi più ricchi che hanno guidato le iniziative internazionali sul clima si stanno contraddicendo proteggendo gli investimenti nei combustibili fossili tramite ISDS – ha affermato Eunjung Lee, consulente politico senior per la Clean Economy presso E3G e autore principale dell’analisi – Lasciare aperta una porta secondaria del genere alla protezione dei combustibili fossili comprometterebbe gli sforzi per eliminarli gradualmente e mobilitare la finanza per il clima, interrompendo una tempestiva transizione energetica“.
Tra i paesi maggiormente a rischio di richieste ISDS ci sono Egitto, Nigeria, Colombia e Indonesia. I paesi a reddito medio e basso sono vulnerabili, secondo E3G, al 60,4% delle potenziali richieste ISDS. Circa l’80% delle potenziali richieste ISDS totali potrebbe essere presentato contro i giacimenti di petrolio e gas, il che significa che le disposizioni ISDS rappresentano una minaccia particolare per le politiche di eliminazione graduale della produzione di petrolio e gas.

Il Rapporto contiene delle raccomandazioni rivolte ai Governi dei paesi con ambizioni climatiche per agire sui trattati di investimento:
1. Riconoscere che l’attuale regime dei trattati di investimento è incompatibile con la transizione energetica globale e prendere in considerazione opzioni per una riforma dei trattati di investimento.
2. Perseguire un’azione plurilaterale concordando collettivamente un’opzione di riforma che possa affrontare l’incompatibilità tra il regime del trattato di investimento e l’azione per il clima.
3. Integrare il programma di riforma dei trattati di investimento in dibattiti più ampi sul clima in forum multilaterali come i processi del G7, del G20 e dell’UNFCCC.