I risultati di uno Studio condotto dall’Istituto di Metodologie per l’Analisi Ambientale del Consiglio Nazionale delle Ricerche supportano l’ipotesi che Covid si propaghi più facilmente in ambienti non umidi e freschi, meglio se con un maggior livello di inquinamento dell’aria.
Uno studio coordinato dall’Istituto di Metodologie per l’Analisi Ambientale del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IMAA), ha evidenziato come le differenti condizioni meteorologiche e qualità dell’aria possono influenzare la diffusione della pandemia da Covid-19.
L’Italia è stata la prima, tra tutti i Paesi europei, ad essere stata fortemente colpita da Covid-19 causata dal nuovo coronavirus (Sars-CoV-2), dimostratosi essere molto contagioso avendo infettato nel mondo (al 7 ottobre 2020) 35.537.491 individui (6.482.947 in Europa; 329.784 in Italia) e 1.042.798 morti (243.027 in Europa; 36.073 in Italia).
I risultati dello Studio “Impact of meteorological conditions and air pollution on COVID-19 pandemic transmission in Italy”), pubblicati il 1° ottobre 2020 su Nature Research – Scientific Report, sottolineano che parametri quali temperatura e umidità risultano correlati negativamente con il numero di pazienti ricoverati in terapia intensiva, figura di merito usata nel lavoro per valutare la diffusione della pandemia sul territorio nazionale. Una ulteriore correlazione, debolmente positiva, è stata riscontrata con la presenza di polveri sottili in atmosfera. In sostanza, questo significa che il virus si propaga più facilmente in ambienti non umidi e freschi, meglio se con un maggior livello di inquinamento dell’aria.
Vale la pena sottolineare che i risultati dello studio non implicano necessariamente una relazione diretta causa-effetto tra il virus e fattori quali temperatura e umidità, ma, per esempio, che le condizioni climatiche potrebbero influenzare il comportamento umano, favorendo l’aggregazione in spazi chiusi.
Onde evitare possibili correlazioni spurie, il risultato ottenuto è confermato attraverso un’analisi eseguita su due differenti aree metropolitane italiane quali Milano e Firenze e la Provincia autonoma di Trento. Lo studio eseguito è particolarmente innovativo perché, rispetto ad altri studi simili, per la prima volta i parametri meteorologici e di qualità dell’aria sono stati correlati non con il numero di positivi giornalieri, variabile condizionata in modo non banale ad esempio dal numero di tamponi eseguiti, ma con il numero di malati ricoverati in terapia intensiva.
In particolare, il modello epidemiologico è stato stimato a partire dalle evidenze statistiche a disposizione, e compensato in modo da epurare le correlazioni calcolate da effetti principali quali l’attuazione di misure di distanziamento sociale forzato atte alla riduzione della diffusione pandemica. L’approccio proposto rende, così, i risultati indipendenti dal numero di tamponi giornalieri eseguiti e, soprattutto, dal naturale decorso di un’epidemia.
Ricordiamo che sono in vigore da oggi (8 ottobre 2020) le “Misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 e per la continuità operativa del sistema di allerta Covid, nonché per l’attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020“, contenute nel Decreto del Consiglio dei Ministri 7 ottobre 2020 che introduce, tra l’altro, l’obbligo di indossare le mascherine all’aperto e nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private ed estende il periodo di utilizzo dell’App Immuni.