Cambiamenti climatici Salute

Antrace: rischi per i pastori siberiani da scioglimento del permafrost

Ricercatori dell’Università Ca’ Foscari Venezia, dell’Istituto di scienze polari delConsiglio nazionale delle ricerche e del Politecnico di Milano hanno studiato il primo modello matematico sulla diffusione del batterio dell’antrace nelle zone artiche scoprendo che il rischio è più legato alla durata della stagione “calda”rispetto alla profondità di scongelamento del permafrost.

I cambiamenti climatici possono favorire direttamente epidemie letali per gli animali e per l’uomo. Un caso emblematico è il crescente rischio di diffusione di antrace in Siberia a causa dello scongelamento del permafrost durante la stagione estiva.

Scienziati dell’Università Ca’ Foscari Venezia, dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (ISP-CNR) e del Politecnico di Milano hanno studiato il primo modello matematico sulla diffusione del batterio dell’antrace nelle zone artiche, scoprendo che il rischio è più legato alla durata della stagione ‘calda’ rispetto alla profondità di scongelamento del terreno.

I risultati dello Studio Permafrost dynamics and the risk of anthrax transmission: a modelling study” sono stati pubblicati il 7 ottobre 2020 sulla prestigiosa rivista Nature-Scientific Reports.

L’antrace è una grave infezione epizootica e zoonotica che causa un’elevata mortalità tra gli ungulati sia selvatici sia allevati che ingeriscono le spore di questo batterio (Bacillus anthraci) durante il pascolo o gli spostamenti, con significative conseguenze di ordine economico e veterinario, ma anche di salute pubblica perché questa zoonosi può anche fare il salto di specie (spillover), come abbiamo sperimentato con la pandemia di Covid-19 correlata alla diffusione del nuovo coronavirus (Sars-Co- V-2), anche se le zoonosi da batteri sono meno letali di quelle da virus.

Diverse regioni dell’emisfero settentrionale sono endemiche per l’antrace, tra cui il Nord America, l’Europa orientale e l’Asia centro-settentrionale. La situazione più preoccupante è in Siberia perché lo scongelamento del permafrost, lo strato di terreno fino a 50cm di profondità perennemente ghiacciatod, per effetto dei cambiamenti climatici e di stagioni “calde” sempre più frequenti, determinano il riaffiorare delle carcasse di animali morti per l’infezione e delle spore del batterio che sopravvivono per decenni nel permafrost.

È come se il permafrost fosse un grande serbatoio che viene aperto dalle temperature sempre più miti – ha spiegato Enrico Bertuzzo, Professore all’Università Ca’ Foscari Venezia e autore corrispondente dello studio – Abbiamo analizzato con un modello i possibili percorsi del batterio proprio considerando l’ambiente e il ruolo della pastorizia”.

Sono proprio gli animali a infettare poi le popolazioni indigene, che nella pastorizia hanno una tra le principali fonti di sostentamento.

L’ultima grave epidemia di antrace in Siberia è stata registrata nel 2016,nella penisola del Taymyr, la propaggine più settentrionale del continente euro-asiatico. Nell’occasione morirono 2.349 renne e 4 cani, ma anche un dodicenne e almeno venti persone furono ricoverate dopo essere state infettate.

Gli scienziati hanno utilizzato i dati temporali di profondità di scongelamento dello strato attivo sopra il permafrost, da correlare al rischio di trasmissione. Il modello distingue spore che vengono rilasciate dai nuovi casi infetti e spore che possono essere riattivate in seguito ai processi che si sviluppano dallo scongelamento del suolo.

Gli animali sono maggiormente esposti durante il pascolo estivo, quando si ha maggior scongelamento dello strato attivo sopra il permafrost, e degli strati più superficiali di permafrost – ha aggiunto Elisa Stella, ricercatrice del ISP- CNR e principale autrice dello studio – Dal nostro studio è emerso che il rischio di trasmissione è probabilmente legato maggiormente alla durata del periodo di scongelamento rispetto alla profondità di scongelamento”.

La ricerca offre un nuovo strumento per lo studio del fenomeno, ma sono molti gli interrogativi a cui rispondere per mitigare il rischio a cui sono esposti gli abitanti della regione siberiana. Non è disponibile, tra l’altro, una mappa delle sepolture degli animali infetti, per cui sussiste il rischio di attraversare aree contaminate.

Una misura suggerita dai ricercatori italiani è di anticipare o posticipare il pascolo stagionale, evitando il periodo più caldo e riducendo la permanenza del bestiame nelle aree a rischio.

Sono proprio gli abitanti delle regioni boreali, dove le alterazioni degli ecosistemi legate ai cambiamenti climatici sono più intense, ad essere più esposti alle Climate sensitive infections ovvero alle malattie legate al clima che cambia.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) fin dal 2003 ha messo in guardia sulla maggior diffusione di malattie e infezioni correlate ai cambiamenti climatici, in un voluminoso Rapporto, redatto congiuntamente a UNEP e WMO.

Fonte: WHO “Climate change and human health – risks and responses”. 

Il permafrost che si scioglie porta con sé anche la minaccia di un aumento vertiginoso della concentrazione di gas ad effetto serra in atmosfera, considerando contiene grandi quantità di carbonio organico, quasi il doppio del carboni attualmente presente in atmosfera, come ha avvisato il Rapporto speciale su oceano e criosfera (SROCC) dell’IPCC.

E. B.

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