Uno Studio, condotto da ricercatori dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e del CMCC, ha scoperto che l’uso crescente da parte delle famiglie dei condizionatori per far fronte all’aumento del numero di ondate di calore correlate ai cambiamenti climatici incide sulle spese per l’energia elettrica più di quanto previsto in precedenti studi, aumentando il rischio della povertà energetica.
I cambiamenti climatici, aumentando il numero di giorni caldi potrebbero portare ad una più ampia adozione di condizionatori d’aria, e quindi indurre le famiglie a spendere una quota maggiore del proprio reddito per l’elettricità. Il ruolo emergente del raffreddamento come una nuova necessità di base – anche nei Paesi che tradizionalmente non hanno “bisogno” di tali apparecchi – potrebbe esacerbare la povertà energetica. Le famiglie potrebbero non essere in grado di acquistare gli apparecchi più efficienti, a causa dei costi complessivi e dei vincoli di disponibilità di risorse o di indirizzare una quota maggiore dei propri reddito per soddisfare la domanda di raffreddamento, limitandosi su altre spese come cibo e istruzione, che contribuiscono ad aumentare il benessere.
È quanto ha messo in evidenza lo Studio “Air conditioning and electricity expenditure: The role of climate in temperate countries”, condotto da un gruppo di ricerca dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) e pubblicato online sulla rivista scientifica Economic Modelling.
Studi precedenti realizzati negli Stati Uniti stimano che la spesa familiare per l’energia elettrica legata ai condizionatori si incrementi dell’11%. Analizzando i dati socio-economici di famiglie residenti in altri Paesi OCSE e quelli climatici della NASA, gli autori dello Studio hanno calcolato che, in media, l’uso del condizionatore porta a spendere fino al 42% in più per l’energia elettrica, rispetto a chi non ha il condizionatore.
Gli aumenti effettivi dipenderanno da quanti gradi centigradi in più le famiglie dovranno affrontare per via del cambiamenti climatici. I consumi elettrici per raffrescamento saranno quindi un nuovo fattore destinato ad aumentare la povertà energetica legata all’elettricità, condizione in cui si trovano le famiglie che spendono più del 5% del loro reddito annuale in bollette elettriche.
Secondo il Buildings Performance Institute Europe, nel 2014 la povertà energetica toccava già il 10-15% delle famiglie europee. Lo Studio appena pubblicato delinea invece una situazione ancor più preoccupante.
“Il concetto di ‘povertà energetica’, già oggetto di attenzione in Europa, è di norma legato alla possibilità di assicurarsi un livello adeguato di riscaldamento durante i mesi più freddi – ha spiegato Enrica De Cian, Professoressa di Economia ambientale a Ca’ Foscari e responsabile del team di ricerca del Progetto ERC EnergyA che ha svolto lo Studio – I nostri dati, tuttavia, suggeriscono di allargare il concetto includendo il ruolo sempre più determinante del raffrescamento estivo. I nuclei familiari più poveri spendono già di norma una porzione ampia del loro budget in beni essenziali, come il cibo e l’elettricità. Quest’ultima voce dovrà aumentare per proteggere i più vulnerabili dal rischio di mortalità o da altri gravi problemi di salute durante le ondate di calore”.
Possedere l’aria condizionata comporta importanti conseguenze sia per la spesa energetica delle famiglie che dei Paesi, anche se permangono grandi differenze: negli Stati Uniti rappresenta l’11% del consumo energetico negli edifici mentre in Europa è solo l’1,2%.
“I dati che abbiamo analizzato rivelano che in Spagna il 18.5% delle famiglie spende più del 5% del proprio budget in elettricità – ha sottolineato l’economista – Queste percentuali sono generalmente più alte nei paesi freddi, arrivando al 24.2% in Svezia. In Francia e Svizzera troviamo numeri più bassi: 8% e 5% rispettivamente”.
L’Italia non è stata analizzata perché non compresa nel dataset OCSE considerato in questo studio, ma “ci aspettiamo un andamento simile a Francia e Spagna, e lo stiamo verificando negli studi che stiamo svolgendo”.
Chi usa il condizionatore e perché
“L’elemento innovativo di
questo lavoro – ha affermato a sua volta l’economista Teresa Randazzo,
prima autrice dello studio – è che la
nostra analisi empirica permette di tenere conto di fattori di scelta che sono
di norma difficili da osservare e misurare, come la percezione personale del
comfort termico, l’avversione al rischio o la consapevolezza ambientale“.
Lo studio evidenzia in effetti come varie caratteristiche degli individui e dei nuclei familiari portino – o meno – all’adozione dell’aria condizionata nelle case. Ad esempio, la presenza di minori in casa induce ad adottare e ad usare di più i condizionatori.
Ancora, gli individui più istruiti tendono a usare meno i condizionatori, suggerendo che sono più consapevoli dell’impatto dei loro consumi sull’ambiente. Allo stesso modo, le famiglie che sono più inclini al risparmio energetico tendono ad usare meno l’aria condizionata. Viceversa, le famiglie che posseggono numerosi elettrodomestici tendono ad usare di più i condizionatori.
“Vivere in aree urbane aumenta la probabilità che si adotti un condizionatore di 9 punti percentuali – spiegato Malcolm Mistry, Responsabile dei dati climatici per il Progetto EnergyA, e coautore della ricerca – un contributo importante, se paragonato al ruolo del clima o del reddito familiare, probabilmente dovuto al fenomeno delle isole di calore urbane”.
L’analisi dei dati su famiglie e clima
Per capire meglio le dinamiche di adozione dell’aria condizionata nei Paesi industrializzati e il suo impatto sul bilancio delle famiglie, anche alla luce dei cambiamenti climatici, i ricercatori di EnergyA hanno esaminato 8 Paesi OCSE di diverse latitudine: Australia, Canada, Francia, Giappone, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Svizzera.
I ricercatori hanno combinato le informazioni geo-codificate su 3.615 famiglie provenienti da dati dell’OCSE raccolti nel 2011, con dati storici sul clima.
“La nostra rielaborazione dei dati climatici NASA-GLDAS calcola i cosiddetti Cooling Degree Days per gli ultimi 49 anni, un indicatore comunemente usato in letteratura per catturare l’intensità e la durata dei periodi particolarmente caldi e i corrispondenti bisogni di raffreddamento“, ha aggiunto Mistry.
I trend nel mercato dei condizionatori
Spinte in gran parte dal settore residenziale, dal 1990 le vendite annuali dei condizionatori d’aria sono più che triplicate a livello mondiale, raggiungendo 135 milioni unità nel 2016, secondo gli ultimi dati dell’Agenzia Internazionale per l’Energia. La Cina è in testa, con 41 milioni di condizionatori nelle case private, seguita da 16 milioni negli Stati Uniti e circa 9 milioni sia in Giappone che in Europa.
“Secondo il nostro studio – ha concluso la Professoressa De Cian – oltre al ruolo determinante del miglioramento del tenore di vita, i cambiamenti climatici aumenteranno i tassi di adozione dell’aria condizionata anche in Europa, con incrementi fino al 21% in Spagna e al 35% in Francia tra soli 20 anni”.
Per facilitare un uso efficiente dei condizionatori da parte dei consumatori, l’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) ha messo online un Decalogo di consigli pratici per raffrescarsi in modo ottimale, conseguendo benefici ambientali, e per risparmiare fino al 7% sulla bolletta elettrica.