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Città sempre più calde: il Rapporto dell’Osservatorio di Legambiente

Il nuovo Rapporto dell’Osservatorio di Legambiente CittàClima evidenzia che nonostante le nostre città siano sempre più calde per effetto dei cambiamenti climatici, con correlati effetti sulla salute e la sicurezza dei suoi cittadini, l’Italia non ha un Piano di adattamento climatico, unico tra i grandi Paesi europei.

È stato pubblicato il 29 luglio 2020 il Rapporto dell’Osservatorio di Legambiente CittàClima 2020: “Città sempre più calde”.

Dati e studi scientifici mostrano in maniera sempre più drammatica le conseguenze sulla popolazione dell’aumento della temperatura globale per effetto dei cambiamenti climatici. Secondo uno Studio condotto da un gruppo internazionale di ricercatori di università cinesi, statunitensi ed europee e pubblicato sulla PNAS lo scorso maggio, nei prossimi 50 anni da 1,2 a 3,5 miliardi di individui, soprattutto i poveri che non possono permettersi l’aria condizionata, non riusciranno più a vivere nella “nicchia climatica” nella quale sono vissuti per almeno 6.000 anni.

È soprattutto nelle aree urbane che gli effetti del global warming si stanno manifestando con l’aumento delle frequenza delle ondate di calore e delle bombe d’acqua che provocano improvvise alluvioni.

Numerosi studi epidemiologici hanno evidenziato che le elevate temperature e le ondate di calore hanno effetti a breve termine (da uno a tre giorni) sulla mortalità, in particolare su gruppi specifici della popolazione (anziani e bambini) e su persone affette da patologie croniche soprattutto a carico del sistema cardiovascolare e respiratorio, che vivono nelle città, anche a causa di fattori quali la crescente urbanizzazione e impermeabilizzazione dei suoli, che sono alla base del cosiddetto effetto “Isola di calore urbana”.

Il Rapporto dell’ISPRA/SNPA sul consumo di suolo, presentato la scorsa settimana, ha attestato che il fenomeno prosegue nelle zone periurbane e urbane, in cui si rileva un continuo e significativo incremento delle superfici artificiali, con un aumento della densità del costruito a scapito delle aree agricole e naturali, unitamente alla criticità delle aree nell’intorno del sistema infrastrutturale, più frammentate e oggetto di interventi di artificializzazione a causa della loro maggiore accessibilità.

Non meno preoccupanti gli impatti dei fenomeni meteorologici estremi. Nei periodi estivi si intensificano i fenomeni alluvionali, le cosiddette bombe d’acqua – in un quadro si sempre maggiore instabilità climatica legato al generale aumento delle temperature con gli ultimi fenomeni noti alla cronaca relativi a Palermo e Milano.

Secondo la ricerca dell’European Data Journalism Network che ha confrontato le serie storiche delle temperature dei Comuni italiani, a Roma la temperatura è aumentata di 3,65 °C, seguita da Milano (+3,34°C) e Bari (+3,05°C).

Politiche per ridurre l’impatto del caldo nelle aree urbane italiane
Occorre superare la fase del fatalismo, i dati oramai sono inequivocabili e dimostrano l’aumento delle temperature nelle aree urbane italiane, con possibili aumenti molto rilevanti durante questo secolo dentro un processo di surriscaldamento del Pianeta già in corso e che dobbiamo augurarci resti compreso dentro la fascia 1,5-2 °C prevista dal’Accordo di Parigi – si sottolinea nel Rapporto –Nel frattempo però dobbiamo prepararci e aiutare le persone che vivono nelle aree urbane rispetto a situazioni inedite e pericolose”.

L’Italia, deve approvare subito il piano di adattamento climatico, essendo l’unico grande Paese europeo che non dispone ancora di un Piano nazionale che definisca chiaramente le priorità di intervento per le aree a maggior rischio del Paese, e diventi il riferimento per i finanziamenti e gli interventi di messa in sicurezza del territorio italiano nei prossimi anni. È fondamentale capire la complessità dei fenomeni tenendo conto sia dei processi in corso nel territorio italiano, in particolare nelle aree urbane, che degli scenari che riguarderanno il bacino del Mediterraneo, un hot spot , scaldandosi più velocemente di altre regioni.

Le città devono diventare la priorità degli interventi di adattamento al clima, perché sono più a rischio, prevedendo specifiche risorse per le politiche e i piani di adattamento e di messa in sicurezza. Come avviene per i PUMS (i piani urbani di mobilità sostenibile), il Governo deve definire le Linee guida per elaborare i piani urbani di adattamento e vincolare le risorse all’approvazione di questi, per interventi di messa in sicurezza, e manutenzione, rigenerazione urbana sostituendo asfalto con aree verdi e piantando alberi per ridurre gli impatti delle ondate di calore, salvaguardando corsi d’acqua e aree libere dall’edificato, mettendo in sicurezza le infrastrutture.

Salvaguardare la permeabilità dei suoli nelle aree urbane, perché, vista la situazione, servono regole chiare per evitare che continuino i processi di impermeabilizzazione dei suoli. Bisogna fissare delle percentuali obbligatorie di terreni permeabili negli spazi cittadini privati e pubblici (parcheggi, cortili, piazze) e di recupero, riutilizzo e risparmio di acqua negli edifici. Si tratta di una decisione che risulta indispensabile per una corretta e sicura gestione delle acque, ricaricando la falda, e per ridurre l’effetto isola di calore.

Utilizzare materiali e spazi verdi per ridurre il caldo nei quartieri, incentivando l’utilizzo di materiali e colorazioni con prestazioni certificate e con l’obiettivo di ridurre l’effetto isola di calore, di sistemi come i tetti verdi, di vasche e fontane, che contribuiscono a contenere l’aumento delle temperature esterne.
In parallelo si devono prevedere risorse statali per la piantumazione di alberi e la creazione di boschi urbani per la riduzione delle temperature in città, attraverso l’ombra e il ruolo attivo di assorbimento di inquinanti e gas serra, raggi solari.

Riqualificare il patrimonio edilizio per ridurre l’impatto del caldo con incentivi come il 110%  che devono puntare a portare il patrimonio edilizio italiano verso la classe A di rendimento energetico, anche nel periodo estivo. Oggi è possibile realizzare interventi con risultati certificati da un punto di vista del rendimento energetico con costi limitati, e devono essere realizzati a partire dall’edilizia popolare e dai quartieri dove vivono le famiglie più povere che non hanno accesso all’aria condizionata.
Purtroppo gli incentivi del 110% appena approvati non vanno in questa direzione – si sottolinea nel Rapporto – malgrado il rimborso totale delle spese da parte dello Stato è previsto un miglioramento minimo dell’efficienza (il salto di due classi, quindi in sostanza dalla G alla E) e non vi sono politiche prioritarie per le aree più povere delle città”.

Infine, il Rapporto conclude con esempi di buone pratiche a livello europeo e mondiale per rendere le città più fresche, tra cui: il Piano di adattamento di Bologna e Piazza Gae Aulenti a Milano.

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