Uno Studio di un gruppo internazionale di ricercatori, che ha analizzato la “nicchia climatica” ovvero le regioni più favorevoli per la prosperità e il benessere delle persone sulla base della storia degli ultimi 6000 anni, ha concluso che continuando con le attuali emissioni di gas ad effetto serra, la superficie terrestre che ospita attualmente il 30% della popolazione potrebbe diventare invivibile.
Nei prossimi 50 anni, da 1,2 a 3,5 miliardi di individui, soprattutto i poveri che non possono permettersi l’aria condizionata, non riusciranno più a vivere nella “nicchia climatica” nella quale sono vissuti per almeno 6.000 anni.
È questo il monito che viene dallo Studio “Future of the Human Niche“, pubblicato il 4 maggio sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) e condotto da un gruppo internazionale di ricercatori di università cinesi, statunitensi ed europee.
“Siccome le nostre scoperte erano così rilevanti abbiamo verificato attentamente tutte le supposizioni e rifatti i calcoli – ha dichiarato Xu Chi del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Nanchino e principale autore dello Studio – Inoltre, abbiamo deciso di pubblicare tutti i dati e i codici informatici, per la trasparenza e per agevolare qualunque attività di follow-up da parte di altri studiosi. Chiaramente ci sarà bisogno di un approccio globale per salvaguardare le generazioni future dalle forti tensioni sociali che il cambiamento previsto potrebbe evocare”.
Con modalità insolite per studiare gli impatti dei cambiamenti climatici, il team di scienziati ha studiato gli umani come si fa per orsi, uccelli e api, al fine di trovare la “nicchia climatica” ovvero le regioni più favorevoli per la prosperità e il benessere delle persone, osservando 6000 anni di storia.
La maggior parte delle persone (quasi il 70%) si concentra in aree con una temperatura media globale di circa 11-15 °C; circa il 30% vive in luoghi con temperature tra 20-25 °C ; quindi 20 milioni di individui vivono con temperature medie superiori ai 29 °C, ben oltre la temperatura ottimale, in un’area che è meno dell’1% della superficie terrestre, n prossimità del deserto del Sahara e nella Penisola arabica.
Sulla base della sua attuale distribuzione, cosa accadrebbe alla popolazione se questa “nicchia” si spostasse e riducesse a causa del riscaldamento globale di origine antropica?
Per rispondere a questo interrogativo, i ricercatori hanno preso in considerazione lo scenario RCP8, previsto dall’ultimo Rapporto di Valutazione (AR5) dal Gruppo Intergovernativo dell’ONU sui cambiamenti climatici (IPCC), che prevede che non siano intraprese le necessarie misure di riduzione delle emissioni di gas serra (ipotesi business-as-usual) e lo scenario SSP3 (A Rocky Road) il percorso socio-economico condiviso, mediano tra i 5 che saranno utilizzati per la redazione dell’AR6, la cui pubblicazione è prevista nel 2021.

Il risultato è stato che al 2070, la temperatura media percepita salirebbe di 7,5 °C e quella fascia climatica che ora si estende su meno dell’1% della superficie terrestre si allargherebbe occupando il 19%. A quel punto quella “nicchia” climatica dove attualmente si colloca il 30% della popolazione mondiale sarebbe sottoposta alle stesse condizioni di temperatura di quella che attualmente sopporta meno dell’1% di individui, “esponendo 3 miliardi e mezzo di persone a condizioni invivibili, senza tecnologie di raffrescamento”, come ha sottolineato Jens-Christian Svenning del Center for Biodiversity Dynamics in a Changing World del Dipartimento di Bioscienze dell’Università di Aarhus (Danimarca) e co-autore dello Studio.
A farne le spese sarebbero per primi i Paesi densamente popolati come l’India, dove più di 1,2 miliardi di persone si troverebbero a vivere con temperature come quelle del Sahara, il Pakistan, l’Indonesia e la Nigeria “la cui popolazione povera dovrebbe triplicare entro la fine del secolo non sarebbe in grado di farcela”, ha aggiunto Tim Lenton, Climatologo e Direttore del Global Systems Institute dell’Università di Exeter (GB).
A quel punto, molte popolazioni potrebbero migrare verso climi più freschi, senza contare quelle che saranno costrette ad allontanarsi dalle aree costiere per l’innalzamento del livello dei mari sotto l’effetto dello scioglimento dei ghiacci.
I ricercatori sono i primi a sottolineare che non possono stabilire quanti saranno i migranti, né che la stima di 3 miliardi di individui sarà certa, dal momento che tale rischio dipenderà dalla quantità di emissioni di anidride carbonica continueremo ad emettere e dalla velocità di crescita della popolazione.
Tuttavia, vista l’esperienza drammatica che la popolazione mondiale sta sperimentando per effetto della pandemia di Covid-19, sarebbe quanto mai opportuno non perdere tempo nell’intraprendere le necessarie azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici, perché lo stare a casa non sarà la risposta adeguata.
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