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AquaFarm, NovelFarm e AlgaeFarm: il Programma convegnistico

Cresce l’attesa per il taglio del nastro della VI edizione di AquaFarm, della IV NovelFarm e della II AlgaeFarm (Fiera di Pordenone, 15-16 febbraio 2023) le Manifestazioni di Pordenone Fiere SpA, nel corso delle quali Conferenze e Convegni organizzati dai Comitati scientifici dedicati aggiorneranno gli stakeholders dei settori sulle principali innovazioni e tendenze in acquacoltura e industria della pesca sostenibile, colture fuori suolo e algocoltura.

A Fiera di Pordenone (15-16 febbraio 2023) sono stati definiti dai Comitati scientifici dedicati i Programmi di Conferenze, Convegni e Workshop che arricchiscono AquaFarm, la Mostra-convegno internazionale dedicata ad acquacoltura e all’industria della pesca sostenibile, NovelFarm, l’unica manifestazione del Sud Europa dedicata alle coltivazioni fuori suolo e al vertical farming, affiancata da AlgaeFarm, l’appuntamento dedicato alle tecnologie e applicazioni in algocoltura.

Focus della Convegnistica di AquaFarm saranno cambiamenti climatici e caro energia che hanno a messo a dura prova anche l’acquacoltura, ma che, grazie a scelte strategiche della filiera produttiva, il settore può uscirne più sostenibile.

A fine 2022 è stato approvato il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), il documento che offre risposte operative nei confronti della sfida climatico-ambientale e che si  pone l’obiettivo di fornire un indirizzo nazionale per l’implementazione di azioni finalizzate a ridurre i rischi derivanti dai cambiamenti climatici, migliorare la capacità di adattamento dei sistemi naturali, sociali ed economici e trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare con le nuove condizioni climatiche.

Secondo il Piano, che verrà presentato ad AquaFarm da Tommaso Petochi, ricercatore dell’ISPRA e responsabile scientifico del Progetto europeo AdriaClim, per la caratterizzazione  di indicatori sugli effetti dei cambiamenti climatici sull’ambiente marino-costiero in aree pilota, con un focus sugli aspetti fisici, idrodinamici e di interesse per l’acquacoltura, da una parte sarà necessario introdurre delle azioni volte e mitigare i cambiamenti climatici, dall’altra invece si dovrà agire per cercare di affrontare gli effetti in modo resiliente. Come? È la domanda a cui gli esperti del settore daranno risposte e su cui dibatteranno gli stakeholder.

In questo contesto verrà presentata dall’Associazione Piscicoltori Italiani (API), la Guida per la valutazione e il miglioramento dell’efficienza energetica degli impianti di acquacoltura, il cui obiettivo è di fornire ai tecnici e ai gestori degli impianti di acquacoltura gli strumenti necessari per massimizzare la loro efficienza energetica e le loro prestazioni, consentendo loro di valutare da soli lo stato delle loro strutture attuali, nonché l’impatto sul loro consumo energetico derivante dalle azioni di miglioramento che stanno valutando di attuare.

La Guida è stata redatta nell’ambito del Progetto europeo EWEAS (E-learning platform: Energy and Water Efficiency in the Aquaculture Sector), finanziato attraverso il Programma Erasmus  e  composto da 5 partner provenienti da 5 paesi europei, tra cui API per l’Italia, che si è concentrato sul miglioramento della conoscenza e della competenza dei professionisti che affrontano quotidianamente le problematiche connesse alla gestione delle risorse idriche ed energetiche nel settore dell’acquacoltura

Tale progetto ha contribuito a migliorare l’efficienza idrica ed energetica negli impianti di acquacoltura fornendo soluzioni per ridurre il consumo eccessivo di acqua ed energia.
“L’acquacoltura è ancora una volta un esempio di resilienza – ha afferma Pierantonio Salvador, Presidente di API – Questo momento di crisi globale può essere un’opportunità per il settore: adottando buone pratiche di gestione, l’impatto ambientale si può ridurre ulteriormente”.

Dedicato alla resilienza del settore e al ruolo strategico della mangimistica nel perseguire gli obiettivi di sostenibilità della filiera, è il Convegno organizzato da Assalzoo, l’Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici. Altra sessione dedicata alle tematiche green è organizzata da AMA, l’Associazione Mediterranea Acquacoltori), in cui si esporranno nuove pratiche per una molluschicoltura carbon free.

Un argomento fondamentale per le Conferenze programmate per NovelFarm, è il confronto tra la cosiddetta De novo domestication, l’ultima tendenza nello sviluppo di nuove varietà e specie vegetali coltivate, insieme al suo opposto, la rewilding. Da esse, e dalla prima in particolare, passa buona parte del futuro delle nuove tecniche di coltura, a partire dalle vertical farm. Ma non tutti sono d’accordo, e puntano invece sulla tecnologia.

Quasi tutte le colture oggi in uso sono state addomesticate nel corso degli ultimi 13.000 anni. I nostri antenati hanno selezionato alcune piante selvatiche, usando vari metodi e hanno prodotto varietà anche molto diverse. Essenzialmente, i tratti selezionati sono stati la produttività e la qualità, e più recentemente anche la semplicità di raccolta a discapito della capacità di competere con altre specie, di resistere ai predatori e di diffondersi nell’ambiente. Curiosamente, i geni che governano questi tratti sono gli stessi o molto simili in quasi tutte le piante coltivate, tant’è che è stata coniata la definizione di sindrome da domesticazione per indicare la presenza contemporanea dei tratti selezionati.

De novo domestication e rewilding, secondo gli agronomi e i genetisti, sono due armi fondamentali per affrontare le sfide della produzione primaria di cibo in un mondo a popolazione crescente e con scarsità di nuove terre da mettere a coltura, senza distruggere ulteriormente gli habitat.

Con la prima è possibile, attraverso le NBT (New Breeding Techniques), partire di nuovo dalle forme selvatiche dello colture attuali o di altre specie strettamente imparentate, andando ad agire sul complesso dei geni della domesticazione e non toccando altri geni che esprimono qualità interessanti, per esempio la resistenza a parassiti o a stress ambientali. Con la seconda si fa il contrario: si parte dalla varietà coltivata e si riattivano i geni delle varietà selvatiche che servono (un esempio è la resistenza alla salinità dell’acqua).
Resta comunque la possibilità di attivare geni, o disattivarne altri, che codificano proprietà interessanti. Per esempio, avere agrumi che producono una maggior quantità di antiossidanti.

Se si passa al vertical farming, ci troviamo di fronte ad un ambiente di coltivazione nuovo: assenza di suolo, fertilizzazione e irrigazione integrate, controllo totale sulle condizioni ambientali, struttura multipiano ad alta densità. Ma anche maggiori requisiti in conto capitale e di consumo di energia. Diversi scienziati e operatori ritengono che questa diversità con il campo aperto, ma anche con la serra low-tech classica, richieda varietà vegetali che si adattino e ne valorizzino appieno le possibilità. Diverse esperienze sono state già fatte: un team di ricercatori statunitensi ha usato la tecnica CRISPR-CAS9 per cambiare l’espressione di alcuni geni del pomodoro a grappolo in modo che i frutti crescano vicini, in modo simile all’uva. In questo modo le piante sono più compatte e la raccolta è più semplice. Modifiche simili sono già state effettuate con metodi tradizionali. La differenza è che con le NBT si passa da decenni a giorni.

Altri scienziati e operatori pensano invece che la coltivazione delle varietà attuali possa essere effettuata in vertical farming in modo già più produttivo ed economico dell’attuale, puntando sulla tecnologia. Esempi: ottimizzazione dell’illuminazione, fertirrigazione di precisione, robot di raccolta, monitoraggio con IA, ecc. Per esempio, a NovelFarm verrà presentata la soluzione di una società tedesca che invece di immergere le radici nell’acqua o spruzzarle una per una (aeroponica) crea una nube di goccioline piccolissime che avvolge le piante. Questa nebbioponica (fogponics) costa meno e offre benefici di termoregolazione dell’ambiente di coltura.

Un altro caso è quello della fotosintesi artificiale. L’anno scorso un team di studiosi ha fatto una scoperta interessante. Usando un’apparecchiatura alimentata da pannelli fotovoltaici, ha sintetizzato l’acetato. Questo è la prima sostanza intermedia che le piante produce nella catena della fotosintesi. I vegetali nutriti con l’acetato crescono normalmente anche nella totale oscurità. Quindi una vertical farm potrebbe non essere illuminata e produrre ugualmente. Il problema è che i vegetali sarebbero bianchi o comunque molto sbiaditi rispetto al colore naturale, perché i geni della colorazione sono attivati dalla luce. Nulla vieta di giungere ad un compromesso: luce sufficiente a ottenere il colore, per il resto del tempo buio pesto.

Forse le due impostazioni, modifico le piante-immetto tecnologia, non sono in contrasto, esattamente come avvenuto con il grano, per il quale la riduzione dell’altezza è stata introdotta per facilitare la raccolta meccanica. Tornando all’esempio del pomodoro-uva, un robot di raccolta sarebbe ugualmente, se non di più, avvantaggiato rispetto ad un umano e in più potrebbe arrampicarsi su più livelli in uno spazio ristrettissimo in modo più rapido e sicuro.

Anche di questo si parlerà a NovelFarm, che ospiterà anche i 2 Convegni dedicati al settore della coltivazione delle alghe e microalghe in acquacoltura o in serra, sia per l’alimentazione umana e animale, che per la produzione di energia sostenibile e biocarburante, fino alle applicazioni in economia circolare e nel settore chimico-farmaceutico e cosmetico/nutraceutico.

Per il programma completo delle conferenze e per i dettagli sulla partecipazione ad AquaFarm è disponibile il sito all’indirizzo www.aquafarm.show.

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