Contrariamente a quanto previsto, la proposta di decisione sugli sforzi da attuare per dar seguito agli impegni della COP21, predisposta dalla Commissione UE, in vista della firma del 22 aprile 2016, che conferma gli obiettivi del Pacchetto “Clima ed Energia”, non sarà discussa dal Consiglio europeo nel vertice del 17-18 marzo 2016.
Il Consiglio Ambiente del 4 marzo 2016 aveva evidenziato una spaccatura tra alcuni Paesi che spingono per obiettivi più ambiziosi ed altri, tra cui l’Italia, che ritengono l’obiettivo al 2030 del 40% di riduzione delle emissioni già arduo.
Per evitare che l’Accordo entri in vigore senza la ratifica dell’UE, bisogna accantonare le discussioni che potrebbero richiedere anche anni.
Il 22 aprile 2016 nella sede dell’ONU a New York, nel corso di una cerimonia ad alto livello, ci sarà la firma dell’Accordo di Parigi, adottato alla COP21 del dicembre scorso, che prevede, tra l’altro, il raggiungimento dell’obiettivo di mantenere i cambiamenti climatici ben al di sotto dei +2 °C e di proseguire negli sforzi verso l’obiettivo di +1,5 °C.
L’Accordo entrerà in vigore il 30° giorno successivo a quello in cui sarà ratificato (periodo di firma dal 22 aprile 2016 al 21 aprile 2017) da almeno il 55% delle Parti della Convenzione UNFCCC, rappresentative di almeno il 55% delle emissioni globali.
Pertanto, secondo la Commissione UE, “La rapida ratifica e la firma dell’Accordo daranno la certezza legale della sua operatività”.
Trattandosi di un Accordo misto, è necessario che il Parlamento europeo confermi il suo sostegno al testo, ma prima la Commissione, su indicazione degli Stati membri, deve presentare una proposta allo stesso Parlamento, che dovrà essere discussa anche in seno al Consiglio.
Il 2 marzo 2016 la Commissione UE ha adottato la Comunicazione “The Road from Paris”, dove vengono esaminate le implicazioni per l’UE del nuovo Accordo e indicate le fasi e i passaggi per la sua attuazione, accompagnata da una proposta di Decisione del Consiglio che avrebbe dovuto essere discussa nel corso del vertice del 17-18 marzo 2016.
Preliminarmente, la proposta è stata discussa dal Consiglio Ambiente del 4 marzo 2016, ma non vi è stata condivisione, anzi sembra essersi manifestata una vera e propria spaccatura tra gli Stati membri.
“I Ministri hanno tenuto un dibattito sui risultati della Conferenza sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite nel dicembre scorso e sull’Accordo di Parigi, in particolare sulle implicazioni che ne derivano sulle politiche dell’UE, soprattutto alla luce del Pacchetto ‘Clima ed Energia al 2030′ – scrive nelle conclusioni provvisorie su questo punto dell’ordine del giorno il Presidente di turno, il Ministro dell’Ambiente dei Paesi Bassi, Sharon Dijksma – La comunicazione della Commissione che valuta le implicazioni dell’Accordo di Parigi è stato sostanzialmente accolto come un valido input per il lavoro da intraprendere, anche se alcuni Ministri hanno perorato una maggiore ambizione”.
A premere per obiettivi più ambiziosi di quelli proposti dalla Commissione UE che sostanzialmente ribadisce il target del 40% di riduzione delle emissioni di gas serra al 2030, come previsto nel Pacchetto adottato nel 2014, allorché il limite all’orizzonte 2100 era di mantenere a +2 °C il riscaldamento globale, sarebbero Francia, Germania, Gran Bretagna, Svezia, Portogallo, Belgio e Lussemburgo. In particolare, sembra molto attiva al riguardo, il Ministro francese dell’Ambiente, dell’Energia e del Mare (così la nuova denominazione del Ministero dopo l’ultimo rimpasto di governo), Ségolène Royal che dopo la decisione del Ministro degli Esteri Laurent Fabius di lasciare il Governo per assumere, con ogni probabilità, la Presidenza della Corte Costituzionale, ha assunto la Presidenza della COP21, fino alla prossima Conferenza di Marrakesh (7-18 novembre 2016).
“Siamo passati dai 2 °C a 1,5°C – ha osservato la Royal – L’Europa, quindi, deve mantenere l’iniziativa”.
Ma un altro gruppo, più numeroso, di Paesi, soprattutto quelli dell’Europa Orientale capeggiati dalla Polonia, a cui si sono accodati tra gli altri anche Italia e Spagna, hanno accolto la proposta della Commissione UE.
“Parecchie delegazioni hanno sostenuto che l’obiettivo di riduzione delle emissioni di ‘almeno il 40%’ – continua ancora il comunicato di Dijksma – rappresenta un equo e ambizioso contributo ad uno scenario al di sotto dei 2 °C”.
Resta il fatto, però, che la questione del follow-up dell’Accordo di Parigi che avrebbe dovuto essere posto all’O.d.G. del Consiglio europeo del 17-18 marzo 2016, non ne fa parte.
Sullo sfondo c’è chi spinge per ratificare l’Accordo prima delle discussioni sulla ripartizione degli sforzi a livello nazionale e sul futuro del mercato del carbonio (la Francia, ma non solo) perché questo potrebbe richiedere anni, con il rischio che l’Accordo entri in vigore prima della ratifica da parte dell’UE.
A quel punto, la tanto evocata “leadership climatica dell’UE” subirebbe un duro colpo!