Energia

Transizione energetica: migliorare governance per PIL e occupazione

Lo Studio sulla governance per la transizione energetica dell’Europa di Enel e The European House – Ambrosetti, presentato al Forum di Cernobbio, analizza il ritardo dell’UE e dell’Italia nel raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e definisce l’ammontare degli investimenti necessari per colmare il divario.

Gestire efficacemente la transizione energetica migliorando l’efficienza della governance è presupposto essenziale non solo per garantire la sostenibilità del sistema energetico, ma anche per cogliere un’occasione imperdibile per creare valore e occupazione.

È quanto emerge dallo Studio European Governance of the Energy Transition“, realizzato da Fondazione Enel e The European House – Ambrosetti, in collaborazione con Enel, presentato nell’ambito del Forum The European House – Ambrosetti.

“La decisione dell’UE di ridurre le emissioni di gas serra del 55%, anziché del 40%, entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, accompagnata dalla recente proposta di pacchetto ‘Fit for 55′ , conferma che la decarbonizzazione è al centro della costruzione dell’Europa del il futuro  – ha affermato Francesco Starace, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Enel – Colmare il gap degli investimenti con circa 3.600 miliardi di euro necessari per raggiungere l’obiettivo 2030 in Europa, di cui circa 190 miliardi solo in Italia, avrebbe un impatto cumulato sul PIL di oltre 8.000 miliardi di euro, di cui oltre 400 miliardi di euro in L’Italia sola. Tuttavia, al ritmo attuale, l’Europa raggiungerebbe il nuovo obiettivo 2030 sulle rinnovabili solo nel 2043, il che sarebbe troppo tardi e sarebbe un peccato perdere una così grande opportunità di creazione di valore economico. Occorre quindi accelerare e dotarsi di un sistema di governance adeguato alla portata della sfida e capace di tradurre le intenzioni in azioni concrete facendo leva sulle enormi opportunità che scaturiscono da questo impegno”.

Secondo lo studio, al ritmo attuale l’Europa raggiungerebbe il nuovo obiettivo del 55% di riduzione dei gas serra solo nel 2051, con un ritardo di 21 anni rispetto all’obiettivo 2030. Quanto agli altri nuovi obiettivi fissati per le rinnovabili (40%) e l’efficienza energetica (+36%),l’Europa è nettamente in ritardo anche qui, poiché al ritmo attuale verrebbero raggiunti rispettivamente nel 2043 e nel 2053

In Italia il PNIEC deve ancora essere rivisto alla luce del pacchetto “Fit for 55”. I nuovi obiettivi 2030 per l’Italia dovrebbero essere una riduzione del 43% delle emissioni di gas serra, un contributo delle energie rinnovabili del 37,9% e un aumento dell’efficienza energetica del 46,4%. Nel valutare la corrente performance dell’Italia nel raggiungimento di questi obiettivi, emerge un ritardo medio di 29 anni, rispetto ai 19 in Europa, con un ritardo di 24 anni per le energie rinnovabili.

“È giunto il momento per l’Europa di attuare rapidamente la transizione energetica, di cogliere l’opportunità di rivoluzionare la percezione e i metodi di gestione dell’intero settore energetico – ha dichiarato Valerio De Molli , Managing Partner e Amministratore Delegato di The European House – Ambrosetti – Questo settore ha il potenziale per essere il catalizzatore di una visione a lungo termine per il futuro, di cui le istituzioni europee sono pienamente consapevoli, L’impegno dell’Europa è stato confermato e ulteriormente corroborato dal recente pacchetto ‘Fit for 55’, che prevede un percorso di transizione energetica molto ambizioso per il continente. L’Europa dovrà intensificare gli sforzi per attuare questo cambiamento perché, di questo passo, il continente non raggiungerebbe il nuovo obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra del 55% nel 2030, ma nel 2051, con 21 anni di ritardo. Per quanto riguarda le energie rinnovabili, al ritmo attuale, il nuovo obiettivo del 40% fissato per il 2030 sarebbe raggiunto solo nel 2043. Dal punto di vista dell’efficienza energetica, sulla base degli attuali livelli di miglioramento, l’Europa raggiungerà il +36% nel 2053 invece di 2030“.

Gli investimenti nei settori coinvolti nel processo di transizione energetica genererebbero benefici a cascata, sia in Europa che in Italia, con importanti effetti indiretti e indotti. Lo Studio mostra infatti che colmare queste lacune nei prossimi 10 anni potrebbe avere un impatto cumulativo sul PIL di oltre 8.000 miliardi di euro nell’UE e di oltre 400 miliardi di euro in Italia.

L’Europa ha quindi un’opportunità senza precedenti per avviare investimenti in linea con la posta in gioco. The Next Generation EU, un piano pluriennale del valore di 750 miliardi di euro volto a creare un’Europa più connessa, sostenibile e resiliente, è la pietra angolare della strategia di ripresa europea. L’Italia è il principale beneficiario della Next Generation EU e ha stilato un Piano Nazionale di Recupero e Resilienza (PNRR) italiano pari a circa 235 miliardi di euro, il 30% dei quali dedicato alla missione “rivoluzione verde”.

È quindi necessario un rapido cambio di rotta, che metta l’Europa in condizione di effettuare gli investimenti necessari per compensare il ritardo accumulato negli anni e accelerare la creazione di valore economico. Per sbloccare gli investimenti necessari è fondamentale superare le attuali barriere all’energiagoverno della transizione. Lo studio analizza la corrente struttura di governance, definita come l’insieme dei ruoli, delle regole, delle procedure e degli strumenti (a livello legislativo, attuativo e di controllo) relativi alla gestione della transizione energetica, e finalizzati al raggiungimento degli obiettivi strategici oltre che operativi. Lo studio mostra che ci sono 3 problemi principali con la governance della transizione energetica in Europa: In primo luogo, l’energia è una competenza condivisa tra gli Stati membri e l’UE; poi c’è una crescente necessità di attuare un nuovo sistema “indiretto” di controllo; e, infine, è necessario rafforzare il nuovo meccanismo per la gestione degli obiettivi verdi

In Italia l’efficacia della transizione energetica è limitata da 5 fattori: responsabilità frammentate tra i vari portatori di interessi a diversi livelli; non uniformità delle normative locali e applicazione a livello locale della normativa nazionale; scarso coinvolgimento e impegno delle istituzioni e delle comunità locali che intaccano l’accettabilità sociale; inefficienze correlate al ruolo degli enti pubblici tecnico-amministrativi; elaborazione frammentata delle politiche di settore.

Per superare le sfide sopra evidenziate, lo Studio si è concentrato su 7 proposte, suddivise a seconda che l’area di intervento sia europea (nei due ambiti interni ed esterni) o italiana. 
In relazione all’ambito interno europeo, si propone un rafforzamento della cooperazione nella governance della transizione energetica, riconoscendone ufficialmente il ruolo critico e adottando un approccio regionale per favorire l’integrazione del mercato europeo. Riguardo all’ambito esterno europeo, lo studio propone di incoraggiare il meccanismo di adeguamento delle frontiere del carbonio (CBAM) a livello internazionale e di promuovere meccanismi più efficaci per garantire che i contributi determinati a livello nazionale (NDC) siano coerenti con gli obiettivi del Accordo di Parigi. 

Per quanto attiene all’area di azione italiana, viene proposta la semplificazione delle procedure autorizzative per gli impianti da fonti rinnovabili e la promozione di attività che favoriscano l’efficienza energetica. Inoltre, si suggerisce la creazione di un meccanismo di interazione uniforme e standardizzato tra gli enti locali da un lato e i distributori di energia elettrica (Gestori del Sistema di Distribuzione, DSO) e gli operatori dei punti di ricarica (CPO) dall’altro, al fine di favorire lo sviluppo dell’infrastruttura di ricarica dei veicoli elettrici. Infine, si propone la promozione della piena integrazione dei distretti industriali e cluster di imprese a livello locale, di ecosistemi di innovazione e di comunità energetiche con la rete di distribuzione nazionale.

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