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Tassa sul consumo di carne: sarà inevitabile?

Secondo un recente studio, una tassa sul consumo di carne e latticini sarà probabilmente necessaria per conseguire gli obiettivi climatici, ma se attuata correttamente potrebbe proteggere l’ambiente, contribuire a mangiare meglio e a costi inferiori.

È noto che la zootecnica contribuisce in modo significativo al cambiamento climatico e ha un impatto negativo sui cicli dell’azoto e sulla biodiversità. Tuttavia, ci sono state poche ricerche sulle politiche economicamente efficienti per regolare la produzione e il consumo di carne. In assenza di migliori strumenti politici per il settore, le tasse sul consumo di carne possono affrontare contemporaneamente le esternalità ambientali e migliorare la salute pubblica correlata all’alimentazione. 

Uno Studio del 2018 pubblicato su Science, che ha preso in esame 570 studi sul ciclo di vita di 40 prodotti alimentari per valutarne l’impronta ambientale, aveva rivelato che le pratiche agricole per l’allevamento degli animali e la produzione di colture foraggere rappresentano circa l’83% dei terreni agricoli a livello globale e sono responsabili di circa il 67% della deforestazione. Ciò rende l’allevamento il principale fattore di emissioni di gas serra (GHG), inquinamento da nutrienti e perdita di ecosistemi nel settore agricolo.

Un altro Studio, sempre pubblicato su Science, nel 2000, ha constatato che la mancata mitigazione delle emissioni di gas a effetto serra del sistema alimentare, in particolare dell’agricoltura per gli allevamenti, potrebbe impedire al mondo di raggiungere l’obiettivo climatico di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, come stabilito nell’Accordo di Parigi sul clima.

Ora lo Studio Toward Optimal Meat Pricing: Is It Time to Tax Meat Consumption?”, pubblicato lo scorso luglio prima dell’edizione cartacea sul numero di settembre 2022 della Review of Environmental Economics and Policy, rivista peer-reviewed dell’Associazione degli Economisti ambientali e delle Risorse (AERE) e dell’Associazione Europea degli Economisti ambientali e delle Risorse (EAERE) che viene pubblicata due volte all’anno, e condotto da un gruppo di ricercatori europei, evidenzia i costi sociali del consumo di carne e le motivazioni per l’introduzione di una sua tassazione nei Paesi ad alto reddito

Lo Studio affronta la problematica dal punto di vista dell’economia pubblica, comportamentale e del benessere, concentrandosi in particolare su:
l’interazione di molteplici esternalità ambientali della produzione e del consumo di carne;
le tecnologie “proteiche alternative”;
gli impatti negativi sulla salute umana;
il benessere degli animali;
gli effetti distributivi di una tassazione sulla carne

Secondo il team di ricercatori, le stime preliminari dei costi socio-ambientali associati al consumo indicano che la carne è significativamente sottoprezzo, identificando diverse opzioni per la ricerca futura sulla tassazione ottimale della carne.

Stime dei costi sociali dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento da azoto per tipi di carne selezionati (in dollari USA per chilogrammo); non sono attualmente disponibili dati sufficienti sulla biodiversità. Da Poore e Nemecek 2018 (Fonte: Franziska Funke et al. 2022)

Nei giorni scorsi, su The Conversation un sito di informazione che opera come rete globale e a cui collaborano accademici e ricercatori di tutto il mondo, Cameron Hepburn, Professore di Economia Ambientale all’Università di Oxford, e Franziska Funze del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK), due degli autori dello Studio, sono intervenuti con un articolo dal titolo “A meat tax is probabily inevitable – here’s how it could work“, in cui richiamano le conclusioni dello studio e formulano alcune considerazioni in merito.

Anche se una tassa sulla carne è attualmente impensabile nell’attuale contesto politico – hanno osservato – tasse più elevate su carne e prodotti lattiero-caseari potrebbero diventare inevitabili per decarbonizzare l’’agricoltura al ritmo necessario per limitare il riscaldamento globale ad almeno 1,5 °C”.

Al riguardo segnaliamo che nei Paesi Bassi lo scorso luglio agricoltori e allevatori hanno bloccato le strade del Paese per protestare contro le misure annunciate dal Governo per ridurre del 30% il numero di capi di bestiame e limitare lo spargimento di letame sui suoli, al fine di tagliare le emissioni di azoto, per le quali era stato sollecitato sia dai tribunali nazionali che dalla Corte di giustizia europea, contravvenendo alle normative UE. Se con oltre 100 milioni di capi di bestiame, il Paese è il più grande esportatore di carne in Europa e il secondo esportatore di cibo dopo gli Stati Uniti, è anche quello, però, che ha la più alta concentrazione di azoto per ettaro di terreno agricolo. Peraltro, gli agricoltori e allevatori olandesi non sono gli unici ad esprimere contrarietà per le misure che dovranno essere prese per allineare le produzioni agro-alimentari dei Paesi europei alla Strategia Farm to Farm e al Piano di azione Inquinamento zero dell’UE.

Fortunatamente, la nostra ricerca ha scoperto che una tassa sulla carne, se applicata correttamente, non fa aumentare la pressione sulle famiglie più povere o sull’industria agricola – hanno aggiunto Hepburn e Funke – La nostra analisi ha mostrato che ridistribuendo le entrate di una tassa sulla vendita di carne e prodotti animali in modo omogeneo tra la popolazione, sotto forma di pagamenti forfettari uniformi alla fine di ogni anno, forse, la maggior parte delle persone a basso reddito avrebbe più soldi di prima della riforma fiscale”.

Proprio come carne e latticini devono diventare più costosi, gli alimenti vegetali sani e sostenibili dovrebbero diventare più abbordabili. L’utilizzo delle entrate di una tassa sulla carne per tagliare le tasse sul valore aggiunto su frutta, verdura e cereali, ad esempio, potrebbe fornire il tanto necessario sollievo alle famiglie più povere durante l’aumento del costo della vita, incoraggiando nel contempo tutti a ridurre l’assunzione di prodotti animali – concludono i ricercatori – Se attuata correttamente, una tassa sulla carne potrebbe proteggere l’ambiente, contribuendo nel contempo a garantire un futuro sostenibile per gli allevatori, nonché cibo a prezzi accessibili e sostenibili per tutti”.

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