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SVIMEZ: si riapre il divario Nord-Sud

L’Associazione per lo sviluppo e l’industria nel Mezzogiorno (SVIMEZ) ha presentato le anticipazioni del Rapporto 2022, in cui si evidenzia che dopo lo shock della pandemia, l’Italia ha conosciuto una ripartenza pressoché uniforme tra macro-aree, ma la guerra in Ucraina ha cambiato le dinamiche in corso, e il quadro congiunturale previsto per la fine del 2022 e quello del 2023 in particolare, penalizza soprattutto le famiglie e le imprese del Sud. Il PNRR si conferma un elemento decisivo per la ripresa degli investimenti nel Mezzogiorno.

Il Sud è stato sostanzialmente in linea con la ripresa nazionale nel 2021, ma si prospetta un indebolimento dell’economia quest’anno con un ampliamento del divario tra Nord e Sud. Pandemia, conseguenze della guerra in Ucraina e rischi di instabilità politica vanno a sommarsi alle storiche fragilità strutturali.

È quanto emerge dalle anticipazioni del Rapporto SVIMEZ 2022, presentate nel corso della Conferenza stampa andata in onda alla Camera dei Deputati il 3 agosto 2022, a cui hanno partecipato il Presidente e il Direttore dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno.

Dopo lo shock della pandemia, l’Italia ha conosciuto una ripartenza pressoché uniforme tra macro-aree. Il rimbalzo del PIL 2021, guidato dal binomio di investimenti privati (in particolare nel settore delle costruzioni) ed export, si è diffuso a tutte le aree del Paese, ma è stato più rapido nel Nord. Tuttavia, contrariamente alle passate crisi, il Mezzogiorno ha partecipato alla ripartenza anche grazie all’intonazione insolitamente espansiva delle politiche a sostegno dei redditi delle famiglie e della liquidità delle imprese. Il PIL del Mezzogiorno – calato dell’8% nel 2020 (-9% il calo a livello nazionale) – è cresciuto infatti del 5,9% nel 2021 (a fronte di una crescita nazionale del +6,6%).

Il trauma della guerra in Ucraina ha cambiato il segno delle dinamiche in corso a livello globale: rallentamento della ripresa; aumento del costo dell’energia e delle materie prime; comparsa di nuove emergenze sociali; nuovi rischi di continuità economiche per le imprese; indeterminatezza delle conseguenze di medio termine dei due “cigni neri”  pandemia e guerra), la cui comparsa a distanza così ravvicinata, rappresenta di per sé un fatto del tutto inedito, in un contesto di policy anch’esso in evoluzione per l’avvio della fase di rientro dalle politiche di bilancio e monetarie espansive.

Queste dinamiche globali avverse hanno esposto l’economia italiana a nuove turbolenze, allontanandola dal sentiero di una ripartenza relativamente tranquilla e coesa tra Nord e Sud del Paese, con conseguenze di medio termine che si prospettano più problematiche per le famiglie e le imprese meridionali.

Il Sud ha partecipato alla ripresa economica del 2021 e 2022 in maniera significativa, e questo è un fatto nuovo – ha affermato il Direttore di SVIMEZ, Luca BianchiA noi preoccupa il futuro, e la fine del 2022 e il 2023 in particolare, per il nuovo quadro congiunturale. Il PNRR si conferma un elemento decisivo per la ripresa degli investimenti al Sud. Un aspetto fondamentale del piano sono le infrastrutture sociali, in particolare la scuola. I dati che noi presentiamo evidenziano un forte divario, considerando per esempio che oltre il 60% degli alunni del Sud non ha né la mensa né la palestra, e che il tempo pieno è molto minore nel Mezzogiorno. Tutto questo si traduce in minore acquisizione di competenze e quindi minore sviluppo. Bisognerebbe concentrarsi soprattutto sul riallineamento dell’offerta di servizi essenziali”.

Il picco dell’inflazione del 2022 dovrebbe interessare in maniera più marcata il Mezzogiorno (8,4%, contro il 7,8% nel Centro-Nord), dove dovrebbe essere più lento anche il rientro sui livelli pre-shock. Questa dinamica dovrebbe determinare impatti più pronunciati sui consumi delle famiglie e sulle scelte di investimento delle imprese, anche con potenziali problemi di continuità aziendale più concreti nel Mezzogiorno.

Le previsioni per il periodo 2022-2024 indicano che famiglie e imprese stanno facendo i conti con l’inflazione, in particolar modo nel Mezzogiorno, dove è previsto un crollo dei consumi nel 2023-2024.

La crescita del PIL italiano è stimata dalla SVIMEZ al +3,4% nel 2022. A rallentare la crescita nazionale – quasi un punto sotto le previsioni pre-shock Ucraina – è soprattutto la frenata di consumi e investimenti, in entrambi i casi con effetti di composizione sfavorevoli al Mezzogiorno tali da determinare la riapertura della forbice Nord-Sud nel ritmo di crescita (+2,8% nel Mezzogiorno, +3,6% nel Centro Nord) che prima del nuovo shock sembrava potesse rimarginarsi. Il Mezzogiorno, comunque, recupera nel biennio 2021-2022 i livelli di PIL pre-pandemia.

Secondo SVIMEZ, nel 2022 dovrebbero frenare soprattutto i consumi delle famiglie italiane meno abbienti, sui cui bilanci incide maggiormente l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità. Un’asimmetria tra famiglie che si traduce meccanicamente in un’asimmetria territoriale sfavorevole al Sud, dove più di un terzo delle famiglie si posiziona nel primo quintile di spesa familiare mensile equivalente, contro il 14,4% del Centro e meno del 13% nel Nord.

Nel 2022 gli investimenti crescono al Sud nel 2022 (+12,2%) più che al Nord (10,1%), spinti dalla crescita nel settore delle costruzioni, grazie allo stimolo pubblico (ecobonus 110% e interventi finanziati dal PNRR), per poi rallentare significativamente negli anni successivi.

Nel 2022 gli investimenti crescono al Sud più che al Nord: +12,2%, contro il +10,1%. A spingere la crescita degli investimenti nel Mezzogiorno sono soprattutto quelli nel settore delle costruzioni, grazie allo stimolo pubblico (ecobonus 110% e interventi finanziati dal PNRR); la crescita degli investimenti orientati all’ampliamento della capacità produttiva è invece inferiore di tre punti a quella del Centro-Nord (+7% contro +10%).

Nel biennio 2023-2024, in un contesto di drastica riduzione del ritmo di crescita nazionale (+1,5% nel 2023; +1,8% nel 2024), Il Mezzogiorno fa segnare tassi di variazione del Pil inferiori al resto del Paese, nonostante il significativo contributo alla crescita del PNRR. Nel 2023, il Pil dovrebbe segnare un incremento dell’1,7% nelle regioni centrosettentrionali, e dello 0,9% in quelle del Sud. Nel 2024, si manterrebbe un divario di crescita a sfavore del Sud di circa 6 decimi di punto: +1,9% al Nord contro il +1,3% del Sud.

Secondo le anticipazioni, sia in riferimento al solo 2022, che nei due anni successivi, la maggiore crescita del PIL si registrerà in Trentino Alto Adige, a +6%, Emilia-Romagna (+4,7%) e Veneto (+4,1%); ai livell più basso della classifica Molise (+1,7%), Calabria e Umbria (+1,9%).

Nel biennio 2023-2024, in un contesto di drastica riduzione del ritmo di crescita nazionale (+1,5% nel 2023; +1,8% nel 2024), il Mezzogiorno fa segnare tassi di variazione del PIL inferiori al resto del Paese, nonostante il significativo contributo alla crescita del PNRR. Nel 2023, il PIL dovrebbe segnare un incremento dell’1,7% nelle regioni centrosettentrionali, e dello 0,9% in quelle del Sud. Nel 2024, si manterrebbe un divario di crescita a sfavore del Sud di circa lo 0,6%: +1,9% al nord contro il +1,3% del Sud.

Nel 2023 Svimez stima una performance migliore per Liguria (+2,2%) e Valle d’Aosta (+2%); appena sopra lo zero la crescita di Calabria (0,1%), Molise (+0,4%) e Sicilia (+0,7%). Nel 2024 bene Lombardia ed Emilia-Romagna (+2,3%) e sempre debole il PIL di Calabria (+0,4%), Molise (+1%) e Sicilia (+1%).

Alla luce di queste analisi, è importante secondo SVIMEZ dare continuità al PNRR, elemento decisivo per la ripresa degli investimenti al Mezzogiorno. Bisognerebbe concentrarsi soprattutto sul riallineamento dell’offerta di servizi essenziali come le infrastrutture sociali e scolastiche. Nell’ultimo decennio 2012-2021 emerge che su circa 46.277 opere monitorate e concluse, il 49,6% riguarda Infrastrutture sociali (di cui: infrastrutture scolastiche (40%), abitative (6%), sport e tempo libero (14%), beni culturali (8%), sanitarie (4%), direzionali e amministrative (5%), culto (1,6%) e altre (20%)); al Sud tale quota sale al 53%.

Si tratta di un ambito di intervento decisivo per raggiungere gli obiettivi di coesione territoriale previsti dal PNRR. Rispetto al dato nazionale (1.007 giorni), i comuni del Mezzogiorno impiegano mediamente circa 450 giorni in più per portare a compimento la realizzazione delle infrastrutture sociali. Considerando le tre fasi progettuali delle opere (progettazione, esecuzione e conclusine dei lavori) il Mezzogiorno presenta in tutte le fasi evidenti ritardi rispetto al Centro e alle aree Settentrionali. Oltre 300 giorni di ritardo si accumulano nella fase di cantierizzazione (esecuzione).

Se gli enti locali del Mezzogiorno non dovessero invertire il trend e rendere più efficiente la macchina burocratica necessaria all’affidamento dell’appalto, all’apertura del cantiere e alla realizzazione dei lavori, avrebbero dei tempi estremamente stretti per portare a conclusione le opere nel rispetto del termine ultimo di rendicontazione fissato per il 31 agosto 2026.

Perché l’UE ci dà 209 miliardi di euro? – ha commentato il Presidente della SVIMEZ, Adriano GiannolaPerché l’Italia è il grande malato d’Europa, a Nord come a Sud. Sottrarre risorse al Sud, per esempio attraverso l’autonomia differenziata, vuol dire impoverire l’istruzione, la sanità, ma vuol dire anche per il Nord impoverire sé stesso. O a livello nazionale si fa un ragionamento serio guardando quali sono le grandi opportunità dell’Italia e del Sud in particolare, ad esempio con i porti e le nuove forme energetiche come la geotermia, oppure ci si condanna alla povertà. Il Mediterraneo è il centro del mondo, eppure noi siamo ancora ospiti”.

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