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Situazione energetica nazionale: la relazione del MiTE

L’annuale Relazione sulla situazione energetica nazionale rileva che a causa della pandemia di Covid-19 , nel 2020 la domanda di energia si è ridotta di oltre il 9% ed è aumentato il peso di gas e fonti rinnovabili, ma il 73% del fabbisogno è soddisfatto dalle importazioni. Nella relazione è allegato, tra gli altri, l’approfondimento dedicato ai rischi climatici, alla transizione ecologica ed al ruolo della finanza.

Nel 2020 gli effetti della pandemia hanno ridotto del 9,2% la domanda primaria di energia rispetto all’anno precedente.
La dipendenza energetica dall’estero è rimasta, con il 73% del fabbisogno soddisfatto dalle importazioni nette.
L’approvvigionamento energetico del Paese era costituito per il 40% dal gas naturale, per il 33% dal petrolio e per il 20% dalle fonti energetiche rinnovabili (FER), con un aumento rispetto al 2019 del ruolo delle energie rinnovabili e del gas naturale, mentre è diminuito pesantemente quello del petrolio.
Gli impieghi finali di energia sono diminuiti diminuiscono per gli usi residenziali (-2,5%), che si confermano il primo settore di consumo finale, per i servizi (-9,4%) e per il settore industriale (-5,4%), ma la diminuzione maggiore si è registrata nel settore trasporti dove si è avuto un -15,7%.

Sono gli aspetti più rilevanti dell’annuale Relazione sulla Situazione energetica nazionale redatta da un gruppo di lavoro appositamente costituito presso la Direzione Generale per le Infrastrutture e la Sicurezza dei Sistemi Energetici e Geominerari, formato da rappresentanze istituzionali e settoriali con esperienza riguardo ai temi trattati, e pubblicata dal Ministero della Transizione Energetica (MiTE) il 22 luglio 2021.

La Relazione contiene anche un Approfondimento dedicato ai rischi climatici, alla transizione ecologica ed al ruolo della finanza, curato da un gruppo di lavoro della Banca d’Italia, che traccia un quadro delle maggiori implicazioni economiche dei cambiamenti climatici, descrivendo i principali rischi per l’economia e il sistema finanziario italiano, considerando sia quelli relativi agli eventi naturali ad esso connessi, sia quelli generati dal processo di decarbonizzazione. Inoltre, si evidenziano le prospettive di mercato della finanza sostenibile e i rischi e le opportunità che essa comporta.

Secondo gli autori della monografia, “I cambiamenti climatici avranno nel futuro un impatto economico che colpirà trasversalmente tutta l’economia, divenendo rilevante, in considerazione delle specificità produttive, per alcuni settori a causa della concentrazione dei rischi che li caratterizza”.

In base alle stime disponibili, soggette a limiti in termini di dati e metodologie, gli effetti dei cambiamenti climatici sull’economia italiana sembrano concentrarsi in alcuni comparti e aree geografiche, e non appaiono al momento fortemente critici, mentre quelli per il sistema finanziario vanno monitorati con attenzione, a causa dell’elevata esposizione e della possibilità che le interconnessioni tra economia reale e sistema finanziario ne amplifichino gli effetti.

Il recente primo Rapporto sugli indicatori di impatto dei cambiamenti climatici del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), ha fornito un primo quadro conoscitivo sui fenomeni potenzialmente connessi ai cambiamenti climatici in Italia e rappresenta un sistema dinamico e aggiornabile, anche in funzione di eventuali nuove acquisizioni scientifiche, la cui variazione può determinare, a sua volta, effetti sul sistema economico.

Anche il rischio di transizione non appare nel breve termine particolarmente elevato per il sistema finanziario italiano – vi si legge – Il nostro paese condivide insieme agli altri paesi dell’Unione europea l’obiettivo di azzerare le emissioni entro il 2050 e questo processo porterà con sé un aumento della spesa energetica di imprese e famiglie. Il processo di transizione è però ancora marginale e legato alla diffusione delle fonti rinnovabili nel settore elettrico e in quello termico: nel 2018 le fonti fossili contribuivano a poco meno dell’80 per cento del fabbisogno energetico del paese. La crisi pandemica ha provocato una brusca riduzione del loro ruolo, ma questa apparente trasformazione è in gran parte legata alla temporanea contrazione della domanda energetica conseguente alla contrazione dell’attività economica e alla riduzione degli spostamenti”.

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