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Siccità prolungate potrebbero mettere a rischio la sicurezza alimentare dell’UE

Una ricerca pubblicata di recente che ha esaminato le produzioni agricole in UE dal 1961 al 2018, mettendole a confronto con gli eventi meteorologici estremi, ha rilevato che i cali dei raccolti sono statisticamente evidenti di circa il 3% l’anno, con impatti maggiori sui cereali, e per causa soprattutto di siccità prolungate e ondate di calore.

Negli ultimi anni 50 anni le perdite agricole in Europa dovute alle ondate di calore e siccità sono triplicate, e le previsioni che altri fenomeni estremi si succederanno nei prossimi anni potrebbero mettere a rischio la sicurezza alimentare del continente.

A dirlo è lo Studio Severity of drought and heatwave crop losses tripled over the last five 2 decades in Europe”, accettato e pubblicato nei giorni scorsi su Environmental Research Letters, e condotto da un gruppo di ricercatori internazionale,coordinati del Nuovo Centro per la Ricerca Ambientale e la Sostenibilità (CENSE) dell’Università di Lisbona, che ha esaminato la produzione agricola in 28 Paesi europei – l’UE il Regno Unito – dal 1961 al 2018.

Confrontando i dati delle produzioni agricole con quelli sugli eventi meteorologici estremi – siccità, ondate di calore, inondazioni e inconsueti periodi freddo – i ricercatori hanno rilevato che tutti e quattro i fenomeni considerati sono diventati significativamente più frequenti negli ultimi 50 anni.

Le ondate di freddo hanno portato a cali della resa di cereali e non cereali dell’1,3% e del 2,6%, mentre gli impatti delle inondazioni sono stati marginali e non statisticamente significativi – scrivono i ricercatori – I fenomeni che hanno maggior impatto sulle produzioni agricole sono le ondate di calore e la siccità, con danni più che triplicati e perdite dal 2,2% del periodo 1964 -1990, al 7,3% tra il 1991- 2015”.

In particolare, dallo studio è emerso che le siccità, sempre più frequenti, diventano anche più prolungate, come peraltro aveva rilevato uno studio, pubblicato l’anno scorso, che aveva preso in esame la siccità biennale (2018-2019) che aveva interessato la regione dell’Europa centrale, provocando gravi danni all’agricoltura e alla vegetazione, indicando che la frequenza di fenomeni simili potrebbe aumentare di 7 volte nel periodo 2051-2100, se le emissioni di gas serra continueranno con gli attuali trend.

Sebbene i raccolti complessivamente in ​​Europa siano aumentati nel corso degli anni grazie a pratiche agricole sempre più efficienti, le coltivazioni stanno diventando sempre più vulnerabile agli eventi meteorologici estremi causati dai cambiamenti climatici.

I cereali, alimenti base che occupano quasi il 65% dell’area coltivata dell’Europa e sono utilizzati principalmente per l’alimentazione animale, sono i più colpiti – ha affermato l’autrice principale dello Studio Teresa Bras del CENSE dell’Università di Lisbona – evidenziando perdite sempre maggiori legate a siccità e ondate di calore rispetto ad altri raccolti, in aumento del 3% ogni anno”.

Queste differenze, secondo i ricercatori, potrebbero essere spiegate dal fatto che le altre coltivazioni, quali ortaggi e frutta, usufruendo sempre più diffusamente dell’irrigazione, soffrono meno la siccità.

Lo studio mette in guardia sugli “effetti a catena” che tali impatti sull’Europa potrebbero determinare, attraverso il sistema alimentare globale, sui prezzi dei prodotti alimentari. L’ondata di calore e la siccità del 2018 in Europa ha causato una diminuzione della produzione di cereali dell’8% rispetto alla media dei cinque anni precedenti, “causando carenza di foraggio per il bestiame ed innescando forti aumenti dei prezzi delle materie prime“.

Lo scorso marzo un altro studio di ricercatori europei coordinati dall’Università di Cambridge, e pubblicato sulla rivista Nature Geoscience, analizzando 27.080 anelli di crescita di 147 querce dell’Europa centrale che sono cresciute negli ultimi 2.110 anni, ha rilevato che le recenti siccità estive in Europa non hanno avuto eguali nel periodo  considerato, osservando anche un’improvvisa   intensificazione del fenomeno a partire dal 2015. Gli autori hanno suggerito che i cambiamenti nella circolazione atmosferica e nella direzione della corrente a getto sul continente rappresentano i driver dominanti della siccità storica nella regione e che i continui mutamenti di questi modelli di circolazione correlati ai cambiamenti climatici, sebbene complessi, sono probabilmente responsabili del recente aumento delle estati europee secche e calde.

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