Biodiversità e conservazione Cambiamenti climatici Mari e oceani

Le specie marine si allontanano dall’equatore a causa del global warming

Una ricerca condotta da un team internazionale di ricercatori, coordinati dall’Università di Auckland, ha mostrato per la prima volta su scala globale che le specie marine hanno cambiato la loro distribuzione per effetto dei cambiamenti climatici, alla ricerca della loro nicchia termica, e quelle tropicali si stanno muovendo più rapidamente di quelle che vivono a maggiori latitudini.  

Il riscaldamento degli oceani ha costretto migliaia di specie marine ad abbandonare i loro ambienti tropicali per trasferirsi in acque più fredde.

È questo il risultato dello StudioGlobal warming is causing a more pronounced dip in marine species richness around the equator”, pubblicato online prima della pubblicazione cartacea (13 aprile 2021) sulla prestigiosa PNAS, organo ufficiale della United States National Academy of Sciences, e condotto da un gruppo internazionale di ricercatori, coordinato dall’Università  di Auckland (Nuova Zelanda).

I ricercatori hanno preso in esame la distribuzione di 48.661 specie di pesci, molluschi e crostacei dal 1955 per valutare l’impatto dei cambiamenti climatici sulla varie specie alle varie latitudini, rilevando un calo di biodiversità marina nella fascia equatoriale, con le pesci tropicali e altre creature marine che si stanno già spostando a sud lungo la costa orientale dell’Australia, significando che l’equatore è già troppo caldo perché alcune specie possano sopravvivere, e una perdita significativa di specie nelle acque calde vicino all’equatore a partire dagli anni ’70.  Sebbene il riscaldamento all’equatore di 0,6 ℃ negli ultimi 50 anni sia relativamente modesto rispetto al riscaldamento a latitudini più elevate, per rimanere nella loro nicchia termica rispetto a quelle che vivono altrove.

Sebbene il numero di specie bentoniche (organismi attaccati al fondo del mare, come coralli, ostriche e alghe) non sia effettivamente diminuito all’equatore, il numero di specie pelagiche che nuotano liberamente (come i pesci) è diminuito significativamente tra il 1965 e il 1985 ed è sceso ulteriormente entro il 20210 –  ha affermato David Schoeman, Professore di ecologia del cambiamento globale presso l’Università della Sunshine Cost nel Queensland (Australia) e co-autore dello Studio – La diminuzione del numero di specie all’equatore non significa che la vita marina si stia estinguendo dal Pianeta. Invece, significa evacuazione o perdita locale di quelle specie. Ciò si traduce in un processo chiamato tropicalizzazione, in cui le specie che sono tipiche di acque calde diventano più comuni, mentre quelle di acque più fredde diventano meno comuni”.

Il team ha scoperto che la migrazione verso i poli è risultata più pronunciata a nord dell’equatore, dove gli oceani si sono riscaldati più rapidamente rispetto a quelli dell’emisfero meridionale. 

In altre parole, il modello globale sta cambiando rapidamente. E poiché le specie fuggono verso acque più fredde verso i poli, è probabile che abbia profonde implicazioni per gli ecosistemi marini e il sostentamento delle popolazioni che vivono in quelle aree, sia in termini di attività di pesca che di turismo. È probabile, sostengono i ricercatori, che le specie di tonno altamente mobili si spostino rapidamente verso le regioni subtropicali, potenzialmente oltre le acque sovrane delle nazioni insulari. 

Tant’è che uno Studio, pubblicato su Science 3 anni fa, ammoniva che il sistema mondiale di ripartizione delle quote di allocazione degli stock ittici rischia di essere superato dalla velocità con cui le specie si stanno dirigendo verso altre aree sotto l’incalzare dei cambiamenti climatici, con il rischio di alimentare tensioni e dispute internazionali, oltre al pericolo di sovrasfruttamento, riduzione dell’offerta di cibo e di posti di lavoro.

Quest’ultimo studio è solo un altro duro avvertimento di come i cambiamenti climatici stiano influenzando tutti gli organismi con cui condividiamo il Pianeta, specialmente se si considera che il riscaldamento registrato negli ultimi 50 anni è solo una frazione di quello che è atteso al 2050 se non si inverte immediatamente l’aumento delle concentrazioni di CO2 in atmosfera.

Il nostro lavoro mostra che i cambiamenti climatici di origine antropica hanno già influenzato la biodiversità marina su scala globale tutti i tipi di specie – ha sottolineato Mark Costello, Professore di biologia marina presso l’Università di Auckland, dove ha creato l’Ocean Biodiversity Information System (OBIS), un database mondiale online liberamente accessibile, nell’ambito del Census of Marine Life, un’iniziativa scientifica di 10 anni e 650 milioni di dollari, che ha coinvolto una rete globale di ricercatori in oltre 80 nazioni, impegnati a valutare e spiegare la biodiversità, la distribuzione e la quantità di vita degli oceani – Possiamo prevedere il cambiamento generale di diversità delle specie, ma a causa della complessità delle interazioni ecologiche, non è chiaro come l’abbondanza delle specie e la pesca cambieranno con i cambiamenti climatici“.

Costello che ha contributo alla redazione del V Rapporto di valutazione dell’IPCCC  (AR5), è stato il co-autore dello Studio, sempre pubblicato sulla PNAS lo scorso anno, che, utilizzando i reperti fossili per ricostruire i modelli di biodiversità oceanica globale dall’ultima era glaciale per monitorare il cambiamento nel corso di migliaia di anni, ha trovato che la biodiversità marina aveva già raggiunto il picco all’equatore durante l’ultima era glaciale, 20.000 anni fa, e che si era già appiattita prima dell’era industriale.

Questo ultimo studio su una scala temporale decennale mostra che l’appiattimento è continuato e il numero di specie marine diminuisce una volta che la temperatura media annuale del mare è superiore a 20 – 25° C, variando a seconda delle varie specie.

In copertina: Una manta sul fondo dell’Oceano Pacifico (Foto di Mark Costello / Xinhua)

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