Clima

Salute degli animali: fa bene anche al clima

Secondo un rapporto della FAO, redatto in collaborazione con Global Dairy Platform e Global Research Alliance on Agricultural Greenhouse Gases, la salute degli animali può aiutare a ridurre le emissioni di gas serra, ma sono necessari maggiori investimenti per valutarne l’impatto e approcci più dettagliati se i Paesi vogliono includerli nei loro impegni nazionali sul clima (NDC).

Migliorare la salute degli animali può contribuire a ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Le malattie zoonotiche, l’aspettativa di vita degli animali e la loro produttività sono tutti fattori che producono un significativo impatto sulle emissioni di gas a effetto serra. Ma sono necessari maggiori investimenti per introdurre sistemi di misurazione, notifica e verifica.

È quanto si legge nel briefing The role of animal health in national climate commitments” (Il ruolo della salute degli animali negli impegni nazionali sul clima)  , pubblicato il 21 luglio 2021 e redatto dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), da Global Dairy Platform e da Global Research Alliance on Agricultural Greenhouse Gases.

Poiché non esiste attualmente un metodo standardizzato per includere i miglioramenti della situazione sanitaria degli animali negli Inventari nazionali sulle emissioni di gas a effetto serra o nei Contributi determinati a livello nazionale (NDC) della maggior parte dei Paesi, l’importanza della salute animale, spesso, non trova una chiara corrispondenza negli impegni assunti dai singoli Paesi per contrastare i cambiamenti climatici.

Inoltre, dato che molti Paesi che hanno incluso il bestiame nei loro NDC hanno degli obiettivi subordinati al sostegno internazionale (ad es. finanziamenti per il clima), la portata di mobilitazione di finanziamenti per il clima per sostenere gli interventi sulla salute degli animali è limitata, aggravando ulteriormente i sottoinvestimenti nel settore. Dei 122 miliardi di dollari totali legati al clima investiti nel settore dell’agricoltura e dell’uso del suolo nel periodo 2000–2019, il bestiame ha beneficiato di solo il 2% dei finanziamenti ricevuti per il per il clima.

Il rapporto rappresenta un punto di svolta – ha affermato la Vicedirettrice Generale della FAO, Maria Helena Semedodal momento che, oltre a mettere in evidenza l’importanza della salute animale, guida i paesi verso l’adozione di un approccio più granulare nella valutazione del suo ruolo e della necessità di inserire tale aspetto negli impegni nazionali al fine di contribuire a mitigare la crisi climatica”.

Il Rapporto evidenzia in che modo è possibile per i paesi sviluppare un sistema di misurazione, notifica e verifica a livello nazionale per poter tener conto dei progressi compiuti in materia di salute animale negli impegni nazionali sul clima.

A tal fine, è fondamentale – secondo il rapporto – che i Paesi ricorrano a metodi dettagliati, noti come  Livello 2 o 3  elaborati dall’IPCC. Se il metodo di Livello 1 comunemente usato consente esclusivamente di calcolare le emissioni di gas a effetto serra per animale con medie regionali, il metodo di Livello 2 esamina, invece, sistemi locali di produzione specifici, nei quali rientrano i parametri della mandria, che misurano gli impatti sul numero di animali tra cui mortalità, fertilità, età al primo parto e tasso di rimonta, oltre a fornire informazioni sulla produzione, quali resa in latte e peso dell’animale nelle diverse fasi della vita.

Altrettanto fondamentali sono i dati sul mangime per le diverse categorie di animali e per i vari sistemi di gestione del letame, poiché tali aspetti incidono enormemente sui fattori di emissione. Secondo il rapporto, la misurazione di parametri come il fattore di conversione del metano (CH4) può addirittura richiedere il ricorso a metodi di Livello 3, caratterizzati da una modellazione e, quindi, da dati più complessi.

Il settore zootecnico è un’indispensabile fonte di nutrimento e sussistenza per oltre un miliardo di persone in tutto il mondo – ha spiegato Donald Moore, Direttore esecutivo di Global Dairy Platform – Lo studio mostra in che modo i governi e l’industria possono collaborare alla definizione di soluzioni climatiche e contribuisce all’iniziativa globale per il clima del settore lattiero-caseario denominata Pathways to Dairy Net Zero”.

La “Pathways to Dairy Net Zero” (Percorsi verso l’impatto zero del settore lattiero-caseario) è l’iniziativa lanciata il 26 luglio 2021  durante il pre-Vertice ONU sui Sistemi Alimentari di Roma che ha l’obiettivo di accelerare le azioni per combattere il cambiamento climatico in tutto il settore lattiero-caseario, e ridurre quindi l’impatto del settore sul


Una sfida importante è data dal modo in cui le emissioni del settore zootecnico sono riportate negli inventari dei gas a effetto serra e incluse nei contributi determinati a livello nazionale. Nei loro inventari, i paesi comunicano le emissioni dirette prodotte a livello settoriale. In campo zootecnico, esse comprendono le emissioni di metano da fermentazione enterica, che ha luogo nei sistemi digestivi degli animali, e le emissioni di CH4 e protossido di azoto (N2O), dovute alla gestione del letame animale. Le emissioni riconducibili alla produzione, alla lavorazione e al trasporto dei mangimi, nonché al consumo energetico correlato a tali attività sono inserite alla voce “terreni agricoli” o classificate nelle emissioni del settore energetico.

Tuttavia, gli interventi in materia di salute animale non possono essere presi in considerazione isolatamente a livello zootecnico, come se incidessero soltanto sulle emissioni dirette. Per esempio, le emissioni prodotte lungo la catena di approvvigionamento possono diminuire in seguito a una riduzione dei bisogni di rimonte o a variazioni della razione di mangimi. È dunque importante adottare una prospettiva sistemica e comprendere i fattori responsabili delle emissioni lungo la catena di approvvigionamento.

Il rapporto, oltre a dimostrare chiaramente la possibilità che un miglioramento della situazione sanitaria degli animali contribuirà a mitigare il clima, pone in rilievo anche la necessità di colmare lacune critiche di dati e rafforzare le capacità, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito – ha sottolineato Hayden Montgomery, Rappresentante speciale della Global Research Alliance on Agricultural Greenhouse Gases – I governi e il settore zootecnico dovrebbero sostenere gli investimenti a lungo termine nella ricerca e creare un contesto favorevole perché le politiche e i programmi in materia di salute animale possano mettere pienamente a frutto le loro potenzialità”.

Tra le raccomandazioni del rapporto:
creare un sistema di raccolta e manutenzione dei dati che comprenda l’intera gamma di soggetti interessati del settore, che aggiungerà valore all’attività di raccolta di informazioni sulla salute animale, a livello nazionale e internazionale. L’approccio adottato dovrà coinvolgere tutti gli attori del settore, incluso il mondo accademico e della ricerca e il settore privato, nonché la comunità scientifica, rappresentanti dell’industria e partner per lo sviluppo, come la Banca mondiale e l’IFAD, che hanno contribuito al rapporto;
– prendere in considerazione una prospettiva sistemica che contempli altresì il ciclo di vita degli animali, così da tener conto della riduzione delle emissioni indirette riconducibile a miglioramenti della salute animale (per esempio, variazioni del consumo di mangimi, utilizzazione di pascoli, consumo energetico);
– rafforzare la capacità di partner e governi di calcolare le emissioni e di valutare l’impatto lungo tutta la catena di valore.

Il Rapporto fornisce altresì tre casi di studio da progetti nel Sahel (Banca mondiale), Kirghizistan (IFAD) e Francia, come esempi per i responsabili politici e per coloro che nel settore dell’allevamento desiderano cogliere i benefici collaterali della salute del bestiame come parte dei loro impegni sul clima.

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