Acqua Risorse e consumi

Risorse idriche: metodologia per calcolare l’impatto dell’industria

Ricercatori dell’ENEA hanno sviluppato, nell’ambito del Progetto RECIProCO,una metodologia per valutare e conoscere l’impatto delle industrie sulle risorse idriche locali, come fiumi e laghi, anche al fine di adottare nuovi modelli produttivi e di consumo che minimizzino l’uso dell’acqua.

Per valutare l’impatto delle industrie sulle risorse idriche locali, come fiumi e laghi, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) ha sviluppato, nell’ambito del Progetto RECIProCO Realizzazione di strumenti e iniziative sull’economia circolare a vantaggio dei consumatori”, finanziato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, una nuova metodologia di analisi per valutare l’impatto delle industrie sulle risorse idriche locali, come fiumi e laghi.

In Italia ogni anno l’industria consuma circa 5,5 miliardi di m3 di acqua (il 21% dei consumi totali), anche se l’agricoltura resta il settore a più alta intensità idrica con 14,5 miliardi di m3 di acqua utilizzata (oltre il 50%)[. Si tratta di un trend che rispecchia in parte l’andamento europeo, dove i consumi di acqua (214 miliardi di ml’anno) sono riconducibili alle attività agricole (58%), al raffreddamento (18%), all’industria (11%), agli usi civili (10%) e ai servizi (3%).

test sono stati condotti in Italia su due cartiere e un’industria tessile e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista internazionale Journal of Environmental Management. I dati di prelievo e uso di acqua a livello aziendale sono stati raccolti mensilmente per un anno intero tramite questionari proposti alle aziende e sono stati elaborati su base GIS per valutare l’impatto sulla risorsa idrica locale, mentre i dati di disponibilità e di utilizzo dell’acqua dei sottobacini idrici italiani sono stati ricavati dalla piattaforma Aqueduct 3.0 sviluppata dal World Research Institute (WRI).

La metodologia elaborata dal team di ricerca ENEA prevede il calcolo di 3 indicatori in grado di restituire una ‘fotografia’ dell’impatto degli usi idrici industriali sui bacini e sottobacini:
-il primo è l’Indice di stress idrico di consumo e prelievo (Water Consumption Stress Index – WCSI) e fornisce una descrizione dello stato delle risorse idriche locali, tenendo conto del bilancio annuale medio a livello di sottobacino dell’acqua prelevata e consumata, della variabilità stagionale, dei periodi critici e delle tendenze storiche;
– il secondo è l’Indice di impatto totale dell’insediamento industriale (Overall Factory Basin Index – OFBI) sul bacino idrografico locale e caratterizza il ciclo idrico dell’azienda integrando informazioni sui prelievi, i consumi, le restituzioni e le perdite d’acqua;
– il terzo è l’Indice di riuso idrico aziendale (Internal Water Reuse – IWR) e valuta l’efficienza dell’uso dell’acqua da parte dell’industria.

Le due cartiere dove è stata testata la nuova metodologia si trovano nei sottobacini del Brenta-Baccaglione (Veneto) e dell’Arno (Toscana), mentre l’impresa tessile è ubicata nei pressi del fiume Ticino (Lombardia).
“In generale questi due settori produttivi si caratterizzano per un elevato consumo di acqua – ha spiegato Luigi Petta, Responsabile del Laboratorio ENEA di Tecnologie per l’uso e gestione efficiente di acqua e reflui e co-autore dello studio insieme ai ricercatori Gianpaolo SabiaDavide Mattioli e Michela Langone – ma esiste chiaramente una differenza nell’equilibrio delle risorse idriche tra i sottobacini considerati: l’Arno è quello che presenta le maggiori criticità per lo sfruttamento idrico, la quantità d’acqua disponibile e la variabilità stagionale”.

Nello specifico, l’analisi dei 3 sottobacini ha evidenziato una significativa differenza tra il Nord Italia caratterizzato da uno stress idrico contenuto e il Centro Italia che presenta invece situazioni di sofferenza idrica medio-alta, anche se la situazione più critica si registra in Sicilia e in gran parte della Puglia e della Basilicata.

Per quanto riguarda l’impatto totale dell’insediamento industriale, l’indice OFBI varia da un minimo dell’azienda tessile lombarda sul bilancio idrico del Ticino (0,002%) a un massimo della cartiera toscana sull’Arno (0,192%), che però risulta la più virtuosa in termini di riuso idrico (98%).

“Sulla base di questi casi di studio, la metodologia che proponiamo è quindi in grado di valutare l’impatto effettivo di uno specifico insediamento produttivo su fiumi, laghi e falde acquifere e di fornire così alle amministrazioni locali, ai consumatori e alle stesse imprese informazioni utili per conoscere e valutare l’impatto sullo stress idrico locale – ha sottolineato Petta – L’incremento della popolazione e il cambiamento climatico sono tra le cause principali di un’insostenibile pressione sulle riserve idriche a livello globale: la domanda annuale di acqua è di circa 4.600 miliardi di m3 ma entro il 2050 potrebbe arrivare a sfiorare i 6.000 miliardi di ml’anno. Risulta quindi essenziale identificare metodologie affidabili per valutare l’impatto delle attività, in particolare quelle industriali, sulle risorse idriche locali anche per supportare l’adozione di nuovi modelli produttivi e di consumo che minimizzino l’uso dell’acqua”.

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