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Riparabilità: verso un’etichettatura UE per i prodotti elettrici ed elettronici

La Francia ha anticipato le misure di revisione della Direttiva Ecodesign, previste nel 2021 dalla roadmap di implementazione del Piano di azione UE per l’economia circolare, per estendere la durata di vita di apparecchiature elettriche ed elettroniche, con l’inserimento dei criteri di riparabilità e riciclabilità dei prodotti venduti in Europa, come richiesto peraltro dal Parlamento UE, per allungare la vita dei prodotti e contrastare il fenomeno della obsolescenza programmata.

I dispositivi elettronici hanno un pesante impatto ambientale e uno dei modi migliori per mitigarlo è di utilizzarli il più a lungo possibile prima di sostituirli. Negli ultimi anni, i componenti elettronici di tutte le forme e dimensioni sono diventati più difficili da riparare a causa di scelte di progettazione e della necessità di utilizzare software di proprietà dei produttori. Costi e complessità della riparazione inducono molti consumatori a non prendere in considerazione la riparazione di dispositivi elettronici non funzionanti, sostituendoli direttamente con nuovi dispositivi e apparecchiature che richiedono energia e risorse aggiuntive per la loro produzione.

Secondo il sondaggioLa digitalizzazione nella vita quotidiana”,condotto nel dicembre 2019 da Eurobarometro, il 78% cittadini dell’UE ritiene che i produttori dovrebbero essere tenuti a semplificare la riparazione dei dispositivi digitali o la sostituzione delle loro singole parti.

In Francia, in base alla Legge anti-spreco del 10 febbraio 2020, dal 1° gennaio 2021 è richiesto ai produttori di alcuni dispositivi elettrici ed elettronici, tra cui computer portatili, smartphone, tablet, una etichetta con una valutazione o “indice di riparabilità”, sulla base di 5 criteri:
 – la documentazione fornita dal produttore;
la facilità con la quale il prodotto può essere smontato;
la disponibilità di pezzi di ricambio;
il rapporto fra il prezzo del pezzo di ricambio più caro e il prezzo del prodotto intero;
un altro criterio è variabile a seconda del tipo di prodotto.
Il punteggio conseguito con tali criteri va da uno a 10, con il numero più alto che indica un dispositivo più riparabile. Tutte le informazioni necessarie per il calcolo dell’indice devono essere messe a disposizione dei consumatori anche al momento dell’acquisto.

L’indice di riparabilità rappresenta parte dell’impegno della Francia per contrastare l’obsolescenza programmata, la creazione intenzionale di prodotti a vita limitata che devono essere sostituiti frequentemente, e per favorire la transizione verso un’economia più circolare in cui gli sprechi sono ridotti al minimo, aiutando i consumatori a fare scelte migliori e sollecitando le imprese a realizzare dispositivi più riparabili.

Sebbene non ci siano multe fino alla fine dell’anno, alcune aziende hanno già iniziato a pubblicare punteggi per i loro prodotti, tuttavia non è chiaro se su questi punteggi autonomamente introdotti c’è la supervisione di organismi governativi per garantire che i calcoli siano correttamente eseguiti. Inoltre, dal 2024, verrà introdotto l’indice di durabilità per informare i clienti non solo di quanto un prodotto sia riparabile, ma anche della sua complessiva longevità. 

L’esempio francese sta stimolando anche altri Paesi europei. La Germania, ad esempio, nella revisione della legislazione nazionale sui Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, derivante dalla Direttiva 2018/849 (il cosiddetto “Pacchetto economia circolare rifiuti”), ha previsto che i centri dove possono essere conferiti i RAEE devono selezionare le apparecchiature che dall’aspetto sembrano essere idonee al riuso, e avere apposti pannelli informativi con gli indirizzi dove certi apparecchi o dispositivi possono essere riparati, anticipando l’Iniziativa legislativa della Commissione UE “Progettazione sostenibile di telefoni cellulari e tablet”, prevista entro il 30 giugno 2021, secondo la roadmap del Green Deal europeo, la cui fase di consultazione dei portatori di interesse si è appena conclusa e presto verrà aperta quella pubblica.

La legislazione UE lascia una certa libertà ai singoli Paesi che possono decidere di introdurre un registro dei riparatori come modalità per stabilire chi ha accesso a cosa, includendo ad esempio anche gli ecocentri e le associazioni. In assenza di iniziative al riguardo, l’attuale Direttiva prevede che siano le case produttrici a decidere se accettare o meno la richiesta di accesso a pezzi di ricambio e manuali, con evidente riduzione di prodotti riparati.

Intanto nei giorni scorsi il Parlamento europeo ha votato una risoluzione in merito alle misure legislative che la Commissione UE proporrà nel corso del 2021 per l’implementazione del Piano d’azione per l’economia circolare, raccomandando, tra l’altro, che vengano incluse “norme specifiche per prodotto sulla performance, la durabilità, la riutilizzabilità, la riparabilità, la non tossicità, la possibilità di miglioramento, la riciclabilità, il contenuto riciclato, e l’efficienza dal punto di vista energetico e delle risorse nei prodotti immessi sul mercato dell’UE”.

Anche grazie all’attività di pressione e controllo esercitata dalla Coalizione Right to Repair” (Diritto alla riparazione) che riunisce 38 organizzazioni di 15 Paesi europei, il Parlamento europeo ha resistito ai tentativi di gruppi politici e singoli deputati, più sensibili alle attività di lobbying delle categorie di produttori, di annacquare gli aspetti fondamentali della Risoluzione.

Di recente la Fondazione Ellen MacArthur ha pubblicato un Rapporto che individua 5 obiettivi chiave per la transizione globale ad un’economia circolare, tra cui l’obiettivo “Gestire le risorse per mantenerne il valore” che indica come politica da intraprendere “la promozione della riparazione, la condivisione, il riuso e la rigenerazione per massimizzare l’efficienza nell’uso delle risorse e dell’energia impiegata“.

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