Energia Fonti rinnovabili

Rinnovabili: in Italia per E&S Group siamo all’ultima chiamata

L’annuale Rapporto sulle energie rinnovabili dell’Energy & Strategy Group del POLIMI conferma che le installazioni per la decarbonizzazione del sistema elettrico italiano procedono a ritmi insufficienti per il raggiungimento degli obiettivi nazionali al 2030.

Senza l’auspicato cambio di passo, agli attuali tassi di crescita delle installazioni da fonti green, il fabbisogno coperto da rinnovabili in Italia arriverebbe al 2030 a circa il 34%, contro il 65% richiesto dal Fit-for-55.  

È quanto rileva il Renewables Energy Report 2023 dell’Energy & Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano (POLIMI), giunto alla IX edizione e presentato il 22 maggio 2023 nel corso del Convegno “Crisi energetica ed installazioni rinnovabili in Italia: come raggiungere gli obiettivi al 2030?“, che analizza e interpreta le principali novità del mercato delle energie rinnovabili in Italia, a partire dall’andamento delle nuove installazioni di impianti FER e della penetrazione di energia da fonte rinnovabile nel mix di generazione elettrica.

La Transizione Energetica, si sottolinea nel Rapporto, è la sfida globale più importante per il futuro di ciascuno di noi. È il più grande cambio di paradigma tecnologico dai tempi della rivoluzione industriale e richiede di cambiare il modo in cui produciamo, trasportiamo, stocchiamo e consumiamo l’energia, tutti i giorni, nel quotidiano delle nostre vite, come nelle nostre imprese e organizzazioni.

Vincere questa sfida va quindi ben oltre l’impegno per la sostenibilità industriale e richiede una coraggiosa e nuova politica industriale. Una politica industriale che purtroppo ancora si fatica a vedere nel nostro Paese. Il tempo scorre però inesorabile e chiama tutti, secondo il proprio ruolo, alla responsabilità. È davvero l’ultima chiamata per il mondo delle rinnovabili in Italia!

A fine 2022 si registravano 63,6 GW di capacità FER installata in Italia, di cui 3 GW installati nel corso dell’ultimo anno (+125% rispetto alla crescita dell’anno precedente). Una crescita rilevante, in termini percentuali, ma ancora decisamente troppo bassa in valore assoluto per raggiungere gli ambiziosi obiettivi al 2030 (125 – 150 GW di FER complessivamente installate al 2030 e una quota della generazione elettrica prodotta da FER tra 72 – 84 %.

E&S Group motiva questa crescita lenta con diversi elementi: mancanza di grandi impianti in ambito fotovoltaico (solo sei installazioni con potenza superiore a 10 MW nel 2022); insuccesso di aste e registri; pochi interventi di revamping e repowering; incertezza normativa e complessità degli iter autorizzativi, aspetto quest’ultimo che il Rapporto individua come “una delle principali barriere per la diffusione delle FER. In Italia, in particolare, e certo non solo da ora, si registra su questo fronte un evidente disallineamento tra la ‘velocità’ normativa europea e la ‘velocità’ (o meglio la “lentezza”) nazionale”.

Ad aprile 2023, infatti, la gran parte dei provvedimenti normativi nazionali attesi per il 2022 non è ancora completata. Mancano all’appello la revisione del PNIEC, il Decreto di recepimento della Direttiva FER II, gran parte dei bandi del PNRR, il Decreto di definizione delle aree idonee, il completamento delle semplificazioni dell’iter autorizzativo per impianti FER, il Decreto CER (Comunità Energetiche Rinnovabili) del MASE.

Così la lentezza procedurale ha determinato che siano “ancora in attesa di autorizzazione circa la metà dei progetti fotovoltaici ed eolici onshore presentati nel 2019 e il 60-65% di quelli presentati nel corso del 2020. Le percentuali aumentano (fino a sfiorare il 100%) se si osservano i progetti presentati nel 2021 e nel 2022, con un backlog complessivo di richieste che ad inizio 2023 superava i 300 GW”.

Eppure, sottolinea E&S Group, il raggiungimento degli obiettivi 2030 porterebbe ad un giro di affari in investimenti per le nuove installazioni compreso tra 43 e 68 miliardi di euro e genererebbe ricadute occupazioni nell’ordine delle 350.000 unità. Inoltre, si avrebbe una riduzione delle emissioni di CO2 annuali da produzione di energia compresa tra 39 e 52 MtCO2 a partire dal 2030.

Il Rapporto mette in risalto anche l’effetto calmierante delle FER sul prezzo dell’energia.
Nel marzo 2023, le FER hanno determinato il clearing price nel 12% delle aste della zona SARD (sei volte in più rispetto a 2021 e 2022), nel 9% delle zone SICI, CALA e SUD (tra le tre e le tre volte e mezzo in più rispetto a 2021 e 2022) e nell’8% della zona CSUD. Se si considerano anche idroelettrico ad acqua fluente e a bacino, tali quote arrivano a toccare valori pari al 26% (SARD) e al 20-21% per le altre zone citate. Quando ciò è avvenuto, il prezzo di riferimento è risultato mediamente del 57% più basso rispetto all’analogo determinato dalle fossili, dimostrando che esista comunque un effetto calmierante implicito alla partecipazione delle FER al MGP [ndr: mercato del giorno prima]”.

La disparità geografica, dovuta alla diversa localizzazione delle FER nel nostro Paese ed al fatto che la determinazione dei prezzi avviene per zona geografica, ha creato però delle situazioni di squilibrio molto evidenti. È altresì necessario considerare che nel medesimo mese di marzo 2023 le zone di mercato NORD e CNOR hanno fatto registrare un PMZ medio mensile pari a 141 €/MWh contro i 119 €/MWh della zona SARD (- 16% vs NORD e CNOR), 126 €/MWh della zona SICI, SUD e CALA (- 11% vs NORD e CNOR) e 129 €/MWh della zona CSUD (- 9% vs NORD e CNOR). Tale discontinuità è fortemente influenzata dai limiti relativi alla capacità di trasmissione tra le zone di mercato, ancora inadeguata (anche se oggetto di un piano di potenziamento di prossima implementazione) a trasportare energia elettrica dalle zone caratterizzate da maggior offerta di elettricità a quelle a maggior domanda. È altresì necessario considerare che riequilibrare le zone di mercato installando, dove opportuno, nuova capacità, nel caso delle FER deve tener conto dei vincoli relativi all’effettivo potenziale delle FER nelle differenti zone.

Ci vuole ora il coraggio e la volontà del Sistema Paese di cogliere questa opportunità.
I rischi di aumento della volatilità e di riduzione del livello di remunerazione degli investimenti in impianti FER in corrispondenza del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione saranno auspicabilmente ridotti nel prossimo futuro. A livello comunitario, infatti, è in corso il processo di approvazione della revisione dell’assetto del mercato elettrico con la proposta della Commissione UE che si propone di ridurre l’influenza del prezzo del gas sui prezzi dell’energia elettrica e a supportare la diffusione di investimenti in impianti FER, impegnandosi per una maggiore diffusione di contratti di tipo Power Purchase Agreement (PPA) e di Contract for Difference (CfD) a due vie. Al contempo, a livello nazionale sono pianificati ingenti sforzi del TSO (Transmission System Operator) a supporto di un incremento della capacità di scambio tra zone, in modo tale da ridurre la volatilità infragiornaliera e la disparità di esiti di mercato tra diverse zone di mercato.

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