L’ultimo Rapporto di riesame annuale di nuovi posti di lavoro nel settore delle energie rinnovabili di IRENA, con la collaborazione della ILO, rileva che lo scorso anno, nonostante il perdurare di situazione di crisi geopolitiche il numero di addetti è salito a 13,7 milioni, un milione in più rispetto al 2021, con la Cina che occupa il 41% del totale e il solare fotovoltaico più di un terzo.
Nonostante le crisi, l’occupazione nel settore delle energie rinnovabili continua a crescere, anche se la che la maggior parte dei posti di lavoro sono concentrati in pochi stati, in particolare in Cina che rappresenta il 41% del totale.
A testimoniarlo è la X edizione del Rapporto “Energia rinnovabile e lavoro: revisione annuale” dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (IRENA), in collaborazione con l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), pubblicata il 28 settembre 2023, che fornisce i dati più recenti sull’occupazione delle energie rinnovabili in tutto il mondo, nonché l’analisi delle tendenze di implementazione prevalenti e dei contesti politici.
Dal Rapporto emerge che l’occupazione mondiale nel settore delle energie rinnovabili ha raggiunto 13,7 milioni nel 2022 di addetti, con un aumento di un milione dal 2021, mentre nel 2012 erano 7,3 milioni.
“Il 2022 è stato un altro anno eccezionale per i posti di lavoro nel settore delle energie rinnovabili, nonostante le molteplici sfide che si sono presentate – ha dichiarato il Direttore generale dell’IRENA, Francesco La Camera – La creazione di molti altri milioni di posti di lavoro richiederà un ritmo molto più rapido di investimenti nelle tecnologie di transizione energetica. All’inizio di questo mese, i leader del G20 hanno concordato di accelerare gli sforzi per triplicare la capacità globale di energie rinnovabili entro il 2030, in linea con le nostre raccomandazioni in vista della COP28. Invito tutti i decisori politici a sfruttare questo slancio come un’opportunità per adottare politiche ambiziose che guidino il cambiamento sistemico necessario”.
Il solare fotovoltaico (PV) è stato ancora una volta il più grande datore di lavoro nel 2022, raggiungendo 4,9 milioni di posti di lavoro, più di un terzo della forza lavoro totale nel settore delle energie rinnovabili. L’energia idroelettrica e i biocarburanti avevano un numero di posti di lavoro simile a quello del 2021, circa 2,5 milioni ciascuno, seguiti dall’energia eolica con 1,4 milioni di posti di lavoro.

Secondo il Rapporto, i programmi di istruzione e formazione devono essere incrementati per prevenire l’ampliamento del divario di competenze. Tali misure devono essere accompagnate da sforzi volti a sfruttare i talenti tra i gruppi sottorappresentati, tra cui le donne, i giovani e le minoranze. Rileva, inoltre, che i diritti dei lavoratori e il dialogo sociale sono indispensabili per una transizione energetica che produca una transizione veramente giusta per tutti.
Realizzare la transizione energetica in modo coerente con la stabilità climatica richiede una diffusione molto più rapida delle energie rinnovabili, che a sua volta creerà più posti di lavoro; ma richiede anche un cambiamento più ampio e sistemico, per rendere l’economia più compatibile con i limiti planetari.
Come già indicato, le fonti energetiche rinnovabili creano sempre più posti di lavoro, ma, come negli anni precedenti, la maggior parte dei posti di lavoro sono concentrati in pochi stati, in particolare in Cina, che rappresenta il 41% del totale globale. Tra gli altri figurano il Brasile, i Paesi dell’UE, l’India e gli Stati Uniti. Insieme rappresentano la maggior parte delle installazioni di capacità globale e svolgono un ruolo chiave nella produzione di apparecchiature, ingegneria e servizi associati.
Il solare fotovoltaico (PV) è stato ancora una volta il più grande datore di lavoro nel 2022, raggiungendo 4,9 milioni di posti di lavoro, più di un terzo della forza lavoro totale nel settore delle energie rinnovabili. L’energia idroelettrica e i biocarburanti avevano un numero di posti di lavoro simile a quello del 2021, circa 2,5 milioni ciascuno, seguiti dall’energia eolica con 1,4 milioni di posti di lavoro.
Secondo il recente Rapporto di Solar Power Europe l’occupazione nel solare in UE è cresciuta del 39% arrivando a 648.000 posti di lavoro equivalenti a tempo pieno (FTE) alla fine del 2022, rispetto ai 466.000 lavoratori nel 2021. La Polonia è in testa per numero di lavoratori, con quasi 150.000 impiegati nel settore. Seguono Spagna e Germania, con circa 100.000 addetti, mentre in Italia sono poco meno di 42.000 persone.

“Per cogliere le significative opportunità di ottenere un’occupazione piena, produttiva e liberamente scelta, l’inclusione sociale e un lavoro dignitoso per tutti durante queste complesse transizioni – ha affermato il Direttore Generale dell’ILO, Gilbert F. Houngbo – è necessario sviluppare e attuare politiche specifiche per una crescita macroeconomica inclusiva, imprese sostenibili, sviluppo delle competenze, e altri interventi attivi sul mercato del lavoro, protezione sociale, sicurezza e salute sul lavoro e altri diritti sul lavoro, e trovare nuove soluzioni attraverso il dialogo sociale”.
La qualità dei posti di lavoro conta tanto quanto la loro quantità, sottolinea il Rapporto. Per promuovere la giustizia sociale, la transizione verso un futuro energetico più pulito deve essere giusta e inclusiva per tutti; lavoratori, imprese e comunità. Sono quindi indispensabili quadri coerenti e integrati, con particolare attenzione alle retribuzioni, alla sicurezza e alla salute sul lavoro e ai diritti sul lavoro, e basati su un dialogo sociale efficace.
Una transizione energetica giusta e inclusiva deve perseguire anche lo sviluppo e la diversità della forza lavoro. Il Rapporto evidenzia la necessità di espandere l’istruzione e la formazione e aumentare le opportunità di carriera per i giovani, le minoranze e i gruppi emarginati. È essenziale anche una maggiore equità di genere. Al momento, i posti di lavoro nel settore delle energie rinnovabili rimangono distribuiti in modo ineguale tra uomini e donne. Attualmente, la tecnologia solare presenta il miglior equilibrio di genere rispetto ad altri settori, con il 40% dei posti di lavoro occupati da donne.

Il Rapporto evidenzia, inoltre, un crescente interesse per la localizzazione delle catene di approvvigionamento, guidato non solo dalle preoccupazioni su possibili interruzioni dovute a disastri naturali, controversie commerciali o rivalità geopolitiche, ma anche dall’interesse a promuovere la creazione di valore e l’occupazione a livello nazionale. Sono numerosi, infatti, i Paesi che stanno adottando strategie di politica industriale a tal fine, mentre molti Paesi ricchi di risorse stanno adottando misure per andare oltre l’essere semplici fornitori di materie prime.
Da alcuni anni la Cina persegue con successo un’ampia gamma di queste politiche industriali. Più recentemente, l’UE, l’India, il Giappone, il Sud Africa e gli Stati Uniti hanno annunciato iniziative per stimolare la produzione nazionale.
In particolare, per contrastare la posizione dominante della Cina nella produzione di energia solare fotovoltaica e nei minerali critici per la transizione energetica, nonché per le preoccupazioni iniziali per i sussidi offerti dall’IRA statunitense, la Commissione UE ha proposto il Piano Industriale del Green Deal con l’obiettivo di incrementare la produzione di tecnologie pulite nell’UE, in modo che la capacità produttiva si avvicini o sia in grado di soddisfare il 40% delle esigenze di sviluppo al 2030. La conseguente proposta di Net-Zero Industry Act fissa obiettivi non vincolanti di capacità produttiva, imponendo agli Stati membri di applicare criteri non legati al prezzo (sostenibilità ambientale, integrazione dei sistemi energetici e resilienza della catena di fornitura) per i meccanismi di aggiudicazione delle aste, e comprende misure volte a creare una forza lavoro qualificata a livello europeo. Inoltre, con il correlato Critical Raw Materials Act viene istituito un quadro normativo per aumentare la capacità dell’UE di materiali critici per la transizione energetica, tramite l’estrazione mineraria interna, la circolarità e il riciclaggio, la diversificazione dell’importazione, soddisfacendo un quarto della domanda europea.

Il Rapporto sottolinea come le incerte prospettive socio-economiche possono rafforzare l’attrattività per approcci domestici, che possono tuttavia indebolire a loro volta la solidarietà globale e il perseguimento di obiettivi condivisi: “i Paesi dovranno trovare il modo di combinare gli sforzi di localizzazione con la continua cooperazione globale nel perseguimento di un’ambiziosa transizione energetica”.