Risorse e rifiuti Sostenibilità

Rifiuti: nel Mezzogiorno mancano gli impianti di trattamento

Nel corso del 1° Green Symposium di Napoli, una ricerca presentata da Utilitalia evidenzia che l’insufficienza di impianti per il trattamento dei rifiuti nel Sud Italia si traduce in camion che viaggiano verso il Centro-Nord ed eccessivo ricorso alla discarica, con conseguente aumento delle tariffe per i cittadini, oltre che a maggiori impatti ambientali.

Si è svolto in modalità web, per effetto del DPCM 18 ottobre 2020 che aveva vietato lo svolgimento dei Convegni in presenza, il Green Symposium previsto a Napoli il 22-23 ottobre 2020 e organizzato da Ricicla TV, la web tv interamente dedicata ai temi ambientali, ed Ecomondo, la Fiera di riferimento in Europa per l’innovazione tecnologica e industriale dell’economia circolare, targata Italian Exhibition Group (IEG).

Si è trattato del primo tentativo di realizzare un format specifico per favorire l’incontro tra Istituzioni, Associazioni di Imprese, Consorzi e Cittadini sul tema “European Green Deal dopo il Covid: uscire dalle infrazioni puntando sull’innovazione. La progettualità del prossimo settennio”.

La grave pandemia che ha colto di sorpresa il mondo e determinato una crisi economica senza precedenti, impone di dare una chiave di lettura green alla ripartenza alla quale si accingono tutti gli Stati europei.
In Italia quali misure le Regioni del Centro-Sud stanno implementando per transitare dall’eventuale superamento delle infrazioni al raggiungimento dei nuovi e più ambiziosi target e standard europei in tema di gestione rifiuti ed acque?
Quale ruolo effettivo per ricerca, innovazione e nuove tecnologie eco-efficienti e sostenibili? Quali interventi sul piano legislativo (leggi, piani e/o programmi attuativi regionali) per superare gli ostacoli normativi alla realizzazione, avviamento ed esercizio a regime di impianti per gestione eco-efficiente e circolare di rifiuti ed acque reflue?
Come monitorare efficacemente i progressi?
Quali sono le proposte prioritarie per la programmazione del settennio 2021-2027?

Quali competenze sono presenti per la gestione efficiente dei finanziamenti europei per raggiungere obiettivi di trattamento e reale valorizzazione rifiuti ed acque reflue?

Intervenendo il 23 ottobre 2020 al 3° Symposium “Economia circolare: come l’Italia recepisce le norme UE tra carenze impiantistiche, deficit infrastrutturali e scarsa informazione”, sessione “Dove gli impianti vengono fermati e la tecnologia ignorata, hanno inizio le difficoltà”, Filippo Brandolini, Vicepresidente di Utilitalia, la Federazione che riunisce le aziende dei servizi pubblici dell’Acqua, dell’Ambiente, dell’Energia Elettrica e del Gas, ha illustrato i risultati della Ricerca “I fabbisogni di trattamento dei rifiuti urbani nel Sud” che scatta una fotografia della situazione attuale e allo stesso tempo disegna lo scenario al 2035.

Ne emerge che nel 2018 sono partiti dalle regioni del Sud 25mila camion carichi di rifiuti verso quelle del Centro-Nord, a causa dell’insufficienza numerica e della cattiva dislocazione degli impianti di trattamento. Ciò comporta gravi costi economici e ambientali, nonché un eccessivo ricorso alla discarica: nel Mezzogiorno il 41% dei rifiuti viene ancora smaltito in questo modo (mentre l’UE impone di scendere al di sotto del 10% entro il 2035), e al contempo la vita residua delle discariche in esercizio si stima che arrivi solo fino al 2022. Gli impianti di trattamento sono infrastrutture essenziali e non più differibili, la cui realizzazione porterebbe notevoli vantaggi economici, ambientali e sociali: investimenti in grado di produrre ricchezza in quegli stessi territori che attualmente spendono risorse in maniera improduttiva. 

Più dettagliatamente, nel 2018 nelle 8 regioni del Sud erano operativi 69 impianti di trattamento del rifiuto organico, 51 impianti di trattamento meccanico biologico (TMB), 6 inceneritori, 2 co-inceneritori e 46 discariche. Il Mezzogiorno ha esportato verso le regioni del Centro-Nord 420mila tonnellate di organico (il 30% della produzione), mentre altre 80mila sono state movimentate all’interno del Sud stesso; per quanto riguarda il rifiuto indifferenziato e trattato nei TMB ai fini del recupero energetico, sono state esportate 190mila tonnellate (il 18% di quanto è stato trattato nei termovalorizzatori del Mezzogiorno), mentre altre 70mila tonnellate si sono mosse all’interno della macroregione.

Tutto ciò si traduce nei cosiddetti “viaggi dei rifiuti”: nel 2018 sono stati 25mila i tir a partire verso gli impianti del Nord, e altri 10mila si sono mossi tra regioni del Sud, per un totale di 22 milioni di chilometri percorsi, con importanti costi: dal punto di vista ambientale, con l’emissione di 14mila tonnellate di CO2 equivalente, ed economico, con 75 milioni di euro aggiuntivi sulla Tari pagata dai cittadini. 

“La carenza e la non equilibrata dislocazione degli impianti è la prima causa dei viaggi dei rifiuti lungo la Penisola – ha spiegato Brandolini – Il paradosso è che i cittadini dei territori nei quali non ci sono sufficienti impianti sono costretti a pagare le tariffe dei rifiuti più alte ed hanno una qualità ambientale più bassa. E’ un classico caso di servizio inefficiente a fronte di tariffe più alte per la cittadinanza, e al contempo un esempio di quali siano i costi del non fare: al contrario gli impianti sono investimenti in grado di produrre ricchezza negli stessi territori che attualmente spendono risorse in maniera improduttiva”.

Le discariche sono il sistema di trattamento dei rifiuti con il maggiore impatto ambientale, soprattutto per le emissioni di CO2. Al momento il Sud avvia a discarica il 41% dei rifiuti urbani trattati (contro una media nazionale del 20,2%), mentre l’Unione Europea ci impone di scendere al di sotto del 10% entro il 2035. Oltretutto la vita residua delle discariche del Mezzogiorno si stima sia di soli due anni: entro il 2022 saranno esaurite.
Di conseguenza – ha proseguito il Vicepresidente di Utilitalia – a questo ritmo di conferimento saremo obbligati a scegliere se costruire nuovi impianti o aprire nuove discariche: anche perché entro pochi anni, in mancanza di interventi, la chiusura delle discariche del Sud farà ulteriormente aumentare il numero dei viaggi dei rifiuti. Non c’è più tempo da perdere”.

Secondo l’analisi di Utilitalia – che tiene conto dei target fissati dal Pacchetto UE sull’economia circolare al 2035, e in particolare del raggiungimento del 65% di riciclaggio e dell’uso della discarica per una quota al massimo del 10% – considerando la capacità attualmente installata, se si vuole annullare entro quella data l’export dei rifiuti, servono investimenti pari a 2,2 miliardi di euro, oltre a quelli per lo sviluppo delle raccolte differenziate e dell’applicazione della tariffa puntualeciò per soddisfare il fabbisogno di trattamento della frazione organica per ulteriori 2 milioni di tonnellate, e di incenerimento con recupero di energia per ulteriori 1,3 milioni di tonnellate. 

Si continua a rimandare un problema non più procrastinabile: l’economia circolare e gli impianti non sono due elementi in contrasto, ma rappresentano due facce della stessa medaglia – ha sottolineato Brandolini –  Non a caso, i territori che registrano le percentuali più alte di raccolta differenziata sono proprio quelli in cui è presente il maggior numero di impiantiAbbiamo oggi la grande opportunità di pensare a un approccio nuovo rispetto alle scelte in tema di rifiuti: investire in questa direzione ci consentirà di avere una raccolta più efficiente, città più pulite e tariffe più basse; se invece restiamo fermi, rischiamo di essere travolti dall’emergenza”.

Nel Mezzogiorno la realizzazione degli impianti di trattamento del rifiuto organico, oltre a chiudere il cerchio dei rifiuti a livello macro-regionale, permetterebbe di produrre 140 milioni di metri cubi l’anno di biometano: un quantitativo in grado di soddisfare la necessità di riscaldamento di 140mila famiglie, con un risparmio di 260mila tonnellate di CO2 l’anno. La realizzazione degli impianti di termovalorizzazione consentirebbe la produzione di 1,2 milioni di megawattora di elettricità (la metà dei quali rinnovabili), che potrebbero soddisfare il fabbisogno energetico di 220mila famiglie, con un risparmio di 250 mila tonnellate di CO2 annue. Questi potenziali risparmi di CO2 contribuiscono al rispetto degli impegni assunti dall’Italia per la riduzione delle emissioni di gas climalteranti nell’Accordo di Parigi. 
“Senza impianti di digestione anaerobica e senza termovalorizzatori – ha concluso Brandolini non si chiude il ciclo dei rifiuti e non si fa economia circolare, mettendo in difficoltà lo stesso riciclo. Un ciclo dei rifiuti efficiente toglie spazi di manovra alla criminalità organizzata, accresce la qualità della vita urbana e garantisce anche un circolo virtuoso per l’occupazione”.

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