Il Rapporto dell’Istituto per la Protezione e la Ricerca Ambientale indica che nel 2015 i rifiuti speciali sono aumentati in Italia del 2,4% rispetto al 2014, con i pericolosi cresciuti del 3,4% e quelli non pericolosi del 2,3%. Tuttavia, se il PIL nello stesso periodo è cresciuto solo dello 0,8%, vuol dire che per “disaccoppiare” crescita economica e produzione dei rifiuti c’è ancora molta strada da fare, soprattutto in termini di misure normative e fiscali, dal momento che i presupposti ci sono, come conferma il dato del 65% di recupero di materia dai rifiuti speciali, evidenziato nello stesso Rapporto.
Giunto alla XVI edizione, è stato presentato il 17 luglio 2017 “Rapporto Rifiuti Speciali. Edizione 2017“, frutto di una complessa attività di raccolta, analisi ed elaborazione di dati da parte del Centro Nazionale per il ciclo dei Rifiuti dell’ISPRA, con il contributo delle Agenzie regionali e provinciali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA/APPA), in attuazione di uno specifico compito istituzionale previsto dall’art.189 del D.lgs. n. 152/2006 (il cosiddetto “Testo Unico Ambientale”), che fornisce un quadro di informazioni oggettivo di supporto al legislatore per orientare politiche e interventi adeguati, per monitorarne l’efficacia, introducendo, se necessario, eventuali misure correttive.
Sono “rifiuti speciali“, tutti i rifiuti non urbani, prodotti da industrie e aziende, suddivisi in “non pericolosi” e “pericolosi”: i primi appartengono prevalentemente al settore manifatturiero, delle costruzioni e demolizioni e di alcune tipologie di trattamento dei rifiuti; i “pericolosi” sono generati dalle attività produttive che contengono al loro interno sostanze pericolose in concentrazioni tali da conferire pericolo (ad esempio, raffinazione del petrolio, processi chimici, industria fotografica, industria metallurgica, produzione conciaria e tessile, impianti di trattamento dei rifiuti, ricerca medica e veterinaria).
Dal Rapporto emerge che nel 2015 la produzione nazionale dei rifiuti speciali è aumentata (+2,4% rispetto al 2014), attestandosi a circa 132,4 milioni di tonnellate, di cui: 123,3 milioni di non pericolosi (+2,3%); mentre i rifiuti speciali pericolosi sono cresciuti del 3,4%, pari a 300 mila tonnellate.
Tale crescita, secondo l’ISPRA sarebbe da imputare al settore delle costruzioni e demolizioni (43,9%), mentre il contributo più significativo alla produzione di rifiuti speciali pericolosi sarebbe determinato dal settore manifatturiero (39,2% del totale). C’è da osservare al riguardo che l’aumento è stato ben superiore a quello del PIL nello stesso periodo (+0,8), con buona pace del “decoupling“, e che il settore C&D anche nel 2015 ha continuate il trend negativo, per cui le ragioni dovrebbero essere ricondotte altrove, anche se all’ISPRA non può essere addebitata alcuna responsabilità dal momento che la quantificazione viene effettuata sulla base delle informazioni contenute nelle banche dati MUD relative alle dichiarazioni annuali , seppur integrate con i quantitativi stimati dall’Istituto mediante l’applicazione di specifiche metodologie.
Inoltre, nello stesso periodo i rifiuti urbani prodotti in Italia, sui quali i media tengono sempre alto il livello di attenzione pur rappresentando meno di un quarto dei rifiuti che vengono prodotti ogni anno, sono diminuiti dello 0,4% rispetto al 2014.
Resta il fatto,poi, che nel 2015 sono stati gestiti (riciclati, smaltiti, ecc.) più rifiuti di quelli prodotti (quasi il 3%): 127,7 milioni (il 93,8%) non pericolosi e i restanti 8,4 milioni di tonnellate (il 6,2%) pericolosi. Rispetto al totale gestito, il recupero di materia, con il 65,1%, è la forma di gestione prevalente (88,6 milioni di tonnellate), seguita da altre operazioni di smaltimento come il trattamento chimico-fisico e biologico, raggruppamento e ricondizionamento preliminari (18,6 milioni di tonnellate), mentre il recupero interessa 2 milioni di tonnellate (1,5% del totale).
Nel 2015 sono state smaltite per incenerimento 990 mila tonnellate di rifiuti speciali, di cui 598 mila tonnellate di rifiuti non pericolosi, e 392 mila tonnellate di pericolosi, con una riduzione di 405 mila tonnellate, mentre lo smaltimento in discarica, con 9,9 milioni di tonnellate di rifiuti non pericolosi (88,5%) e 1,3 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi (11,5%), rappresenta l’8,2% (11,2 milioni di tonnellate) ed è in diminuzione (-1,8% sul 2014).
Sono 364 le discariche che, nel 2015, hanno smaltito rifiuti speciali: 209 al Nord; 52 al Centro; 103 al Sud. Complessivamente, il 48,6% sono discariche per rifiuti inerti (177), il 48,4% discariche per rifiuti non pericolosi (176) e solo il 3% discariche per rifiuti pericolosi (11).
In diminuzione è anche la quantità di rifiuti speciali esportati (-2,9%, rispetto al 2014) pari a 3,1 milioni di tonnellate, di cui 2,2 milioni di tonnellate sono non pericolosi e 955 mila tonnellate pericolosi; in particolare, tali rifiuti, provengono da impianti di trattamento dei rifiuti e sono inviati principalmente in Germania, Austria, Cina e Francia.
Relativamente ai rifiuti non pericolosi, il quantitativo maggiormente esportato, pari al 50,7% del totale dei rifiuti non pericolosi, è costituito da “rifiuti prodotti da processi termici“; in particolare, si tratta di “ceneri leggere di carbone (681 mila tonnellate) e di “rifiuti solidi prodotti da reazioni a base di calcio derivanti dai sistemi di desolforazione dei fumi” (202 mila tonnellate).
Il 60,9% dei rifiuti pericolosi esportati, sono “rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti” (582 mila tonnellate), in prevalenza “rifiuti contrassegnati come pericolosi, parzialmente stabilizzati” (circa 228 mila tonnellate), seguiti da “miscugli di rifiuti contenenti almeno un rifiuto pericoloso” (172 mila tonnellate).
I rifiuti speciali importati da altri Paesi sono diminuiti del 6,6% ( 5,7 milioni di tonnellate) e sono costituiti quasi esclusivamente da rifiuti non pericolosi di natura metallica e legnosa, provenienti da Germania, Ungheria, Francia, Austria e Svizzera, da attività di costruzione e demolizione (2,5 milioni di tonnellate), prevalentemente di “rifiuti di ferro ed acciaio” destinati al recupero in acciaierie del nord Italia.
Il Rapporto ha monitorato, inoltre, specifici flussi di rifiuti speciali:
– contenenti amianto;
– veicoli fuori uso (ELV);
– pneumatici fuori uso (PFU);
– fanghi provenienti da trattamento delle acque reflue urbane;
– da costruzione e demolizione (C&D);
– apparecchiature contenenti PCB ( trasformatori, condensatori, ecc.).
I dati sulla produzione e gestione dei rifiuti speciali, annualmente aggiornati da ISPRA, sono consultabili anche sul sito del Catasto Rifiuti. La copertura temporale riguarda, attualmente gli anni 2014 e 2015 e la consultazione può essere effettuata a vari livelli di disaggregazione, a partire dalle informazioni su scala nazionale e per macroarea geografica, sino ad arrivare ai dati di dettaglio regionale.
Par di capire che per intraprendere l’ineluttabile percorso verso l’economia circolare che comporta un alto livello di efficienza delle risorse, occorra aumentare il numero di impianti dedicati alla gestione dei rifiuti speciali e la loro distribuzione sul territorio nazionale sia più razionale, e che l’onere di saper trarre dai propri rifiuti materie prime da riutilizzare non sia lasciato alle sole imprese, ma occorra una cabina di regia che renda disponibili, attraverso un approccio sistemico, tecnologie e metodologie per una gestione eco-efficiente , fornendo un sostegno diretto alle filiere produttive. Ben venga, quindi, la Consultazione sul Modello di Economia Circolare, avviata da MiSE e MATTM, ma poi occorrono conseguenti misure normative ed economiche che ne facilitino, e non ne ostacolino, l’implementazione.