Biodiversità e conservazione Economia e finanza

Rapporto Dasgupta: incorporare la natura nel processo decisionale

L’atteso Rapporto Dasgupta “The Economics of Biodiversity: the Dasgupta Review”, commissionato dal Governo britannico all’omonimo professore emerito di Economia all’Università di Cambridge, presenta un chiaro quadro del contesto in cui ci troviamo per la perdita di biodiversità e dei correlati rischi economici, nonché la via da seguire per garantire una corretta restoration degli equilibri naturali.

Dopo 15 anni dal Rapporto sulle conseguenze dei cambiamenti climatici, meglio conosciuto come “Rapporto Stern”, dal nome del suo autore Sir Nicolas Stern, Economista della Oxford University a cui il Governo britannico aveva commissionato lo Studio divenuto il punto di riferimento per le politiche ambientali perché per la prima volta venivano quantificati i costi economici e sociali dei cambiamenti climatici, è stato pubblicato il Rapporto sulle conseguenze economiche della perdita di biodiversità.

Commissionato dal Ministero del Tesoro Governo britannico, il “Rapporto Dasgupta” dal cognome del suo capo redattore Sir Partha Dasgupta, professore di Economia all’Università di Cambridge e di Stanford, era molto atteso dalla comunità scientifica, anche in vista della Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Biodiversità (CPD-COP15) riprogrammata per ottobre a Kunming (Cina), a causa della pandemia di Covid-19, che dovrà concordare i nuovi obiettivi internazionali a lungo termine per affrontare la perdita di biodiversità, specie dopo che il suo Rapporto periodico “Global Biodiversity Outlook 5” (GBO-5), che riassume i dati più recenti sullo stato e le tendenze della biodiversità, ha rilevato che nessuno degli obiettivi concordati alla Conferenza di Nagoya (2010) con l’orizzonte al 2020, è stato raggiunto.

Inoltre, alla Conferenza delle Parti della Convenzione sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC-COP26) avranno un ruolo di primo piano le soluzioni  basate sulla natura per contrastare il global warming, visto che il 65% dei Paesi firmatari le hanno incluse  nei propri contributi determinati nazionali previsti dall’Accordo di Parigi.

 “La sopravvivenza del mondo naturale dipende dal mantenimento della sua complessità, della sua biodiversità – ha scritto nella premessa Sir David Attenborough – Mettere le cose a posto richiede una comprensione universale di come funzionano questi sistemi complessi. Questo vale anche per l’economia.Questo rapporto completo e immensamente importante ci mostra come mettendo l’economia e l’ecologia faccia a faccia, possiamo aiutare a salvare il mondo naturale e così facendo salvare noi stessi“.

Il Rapporto Dasgupta sostiene che la natura è la nostra risorsa più preziosa e che il calo significativo della biodiversità sta minando la produttività, la resilienza e l’adattabilità della natura, mettendo a rischio le nostre economie, i nostri mezzi di sussistenza e il nostro benessere.

Il Rapporto rileva che l’umanità ha gestito collettivamente male il suo portafoglio globale di risorse, il che significa che le richieste fatte alla natura superano di gran lunga la sua capacità di fornire i beni e i servizi su cui tutti facciamo affidamento.

Il Rapporto sottolinea che l’inevitabile cambiamento trasformativo intrapreso ora sarebbe significativamente meno costoso del farlo in ritardo e presuppone un cambio di paradigma su 3 fronti.

1. L’umanità deve garantire che le sue richieste nei confronti della natura non superino l’offerta sostenibile e deve aumentare l’offerta globale di risorse naturali rispetto al loro attuale livello. Ad esempio, ampliare e migliorare la gestione delle aree protette; aumentare gli investimenti in soluzioni basate sulla natura; implementare politiche che scoraggino forme dannose di consumo e produzione.

2. Dovremmo adottare metriche diverse per lo sviluppo economico e muoverci verso una misura inclusiva della ricchezza che tenga conto dei vantaggi derivanti dagli investimenti in risorse naturali e aiuti a chiarire i compromessi tra investimenti diversificati sulle risorse. L’introduzione del capitale naturale nei sistemi contabili nazionali è un passaggio fondamentale.

3. Dobbiamo trasformare le nostre istituzioni e sistemi, in particolare finanza e istruzione, per consentire questi cambiamenti e sostenerli per le generazioni future. Ad esempio, aumentare i flussi finanziari pubblici e privati ​​che valorizzano le nostre risorse naturali e diminuire  quelli che le degradano; consentire che i cittadini facciano scelte informate e chiedere che avvenga un cambiamento, anche definendo il ruolo del mondo naturale nei programmi scolastici.

Sintesi delle opzioni di cambiamento

Una crescita e uno sviluppo economico veramente sostenibili significa riconoscere che la nostra prosperità a lungo termine si basa sul riequilibrio della nostra domanda di beni e servizi della natura con la sua capacità di fornirli – ha dichiarato Dasgupta – Significa anche tenere pienamente conto dell’impatto delle nostre interazioni con la natura a tutti i livelli della società. Il Covid-19 ci ha mostrato cosa può accadere quando non lo facciamo. La natura è la nostra casa. Una buona economia presuppone che dobbiamo migliorare il modo in cui gestiamo la natura“.

In occasione del primo Vertice ONU sulla Biodiversità (New York, 30 settembre 2020), la  McKinsey & Company, la Società leader a livello globale di consulenza manageriale e di strategia, che focalizza la sua attività per risolvere problemi di grandi aziende ed organizzazioni, ha pubblicato un Rapporto che valuta dove la salvaguardia del capitale naturale potrebbe avere il maggiore impatto su clima, economia e salute umana, fornendo una metodologia per valutare l’intero spettro di co-benefici dalla conservazione della natura.

Articoli simili

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da questo sito web.