Circular economy Sostenibilità

PORTENT: recupero materiali da telefoni a fine vita

ENEA ha sviluppato un nuovo processo per il recupero di materiali e metalli da telefoni cellulari a fine vita nell’ambito del progetto PORTENT co-finanziato dalla Regione Lazio. Una tonnellata di schede elettroniche dei telefonini contiene in media 276 g di oro, 345 g di argento, 132 kg di rame, ma se si considerano altri componenti, come magneti e antenne integrate, l’elenco comprende anche le terre rare (2,7 kg per tonnellata di smartphone).  

La quantità crescente di Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE) crea seri problemi di gestione legati alla presenza di sostanze nocive che rappresentano un rischio per la salute umana e l’ambiente. Tra i RAEE, di particolare interesse per quantità immessa e per contenuto in materiali preziosi e/o strategici vanno annoverati i telefoni cellulari. 

La tendenza della imprenditoria italiana che si occupa di riciclo è di fermarsi alle fasi di trattamento e riciclo più semplici ma meno remunerative, lasciando ad operatori stranieri il vantaggio di recuperare la parte “nobile” del rifiuto (in particolare le schede elettroniche, ricche di metalli quali oro, argento, palladio e rame). 

Partendo dalle ampie competenze nel settore ENEA, in sinergia con l’Università La Sapienza di Roma, nell’ambito del Progetto PORTENT (recuPerO mateRiali da TelEfoni a fiNe viTa), co-finanziato dalla Regione Lazio con circa 140 mila euro attraverso il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), si propone l’obiettivo di sviluppare un nuovo processo per il recupero di materiali e metalli di elevato valore da telefoni cellulari a fine vita in ottica di economia circolare.

È in crescita la quantità di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, soprattutto a causa di tempi di obsolescenza tecnica sempre più ridotti – spiega Danilo Fontana, ricercatore presso il Laboratorio Tecnologie per il Riuso, il Riciclo, il Recupero e la valorizzazione di Rifiuti e Materiali dell’ENEA e responsabile del Progetto – Questo fenomeno potrebbe generare seri problemi di gestione legati alla presenza di metalli e sostanze nocive che rappresentano un rischio reale per la salute dell’uomo e dell’ambiente”.

Nel 2020 la raccolta del raggruppamento 4 (R4) dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), di cui i telefoni fanno parte, secondo il Rapporto 2021 del CdR-RAEE ha registrato una significativa crescita a livello nazionale superando le 78 mila tonnellate (+7,68% rispetto al 2019), mentre nella Regione Lazio la quota è stata di circa 6 mila tonnellate con un significativo balzo in avanti rispetto alla 2,4 mila tonnellate dell’anno precedente. Tra questi rifiuti, i telefoni cellulari sono sicuramente gli apparecchi elettronici di maggiore interesse per i materiali preziosi e strategici che contengono.

Una tonnellata di schede elettroniche da telefoni a fine vita contiene in media 276 g di oro, 345 g di argento, 132 kg di rame; se si considerano poi altri componenti, come magneti e antenne integrate ad esempio, l’elenco si allunga con le terre rare (quali ad esempio neodimio, praseodimio e disprosio) che possono raggiungere 2,7 kg per tonnellata di smartphone.

Grazie alle tecnologie attuali è possibile riciclare oltre il 96% di questi dispositivi elettronici, recuperando quantità significative di metalli preziosi con gradi di purezza elevati – prosegue Fontana – Questo permetterebbe di evitare il depauperamento delle risorse naturali e l’approvvigionamento di alcune di queste materie prime critiche presenti prevalentemente in Paesi politicamente instabili”.

Per il progetto PORTENT, i ricercatori utilizzeranno tecnologie idrometallurgiche (alternative alla pirometallurgia) perché garantiscono bassi consumi energetici (si opera a temperatura ambiente), ridotte emissioni, modularità degli impianti e flessibilità di impiego. Tutte caratteristiche che consentono un agevole processo di up-scaling e facile replicabilità in contesti industriali, senza trascurare gli aspetti di accettabilità sociale di questa tipologia di impianti a livello locale.

L’idrometallurgia è una tecnica particolarmente indicata nella separazione e nella purificazione selettiva degli elementi a elevato valore aggiunto anche in matrici con basse concentrazioni di metalli – aggiunge il ricercatore – Mentre la pirometallurgia, per essere sostenibile, deve lavorare enormi quantità di materiale spesso non disponibili in un solo ambito nazionale, ma da reperire in aree geografiche molto distanti dagli impianti stessi”.

Una volta concluso il progetto, i risultati della ricerca saranno trasferiti al tessuto imprenditoriale sia per l’innovazione tecnologica dei processi industriali sia per lo sviluppo di nuove competenze professionali qualificate.

L’obiettivo – conclude Fontana – è quello di contribuire alla crescita dell’economica locale e nazionale e alla riduzione dell’impatto ambientale di questa tipologia di rifiuti che, grazie al recupero dei materiali in essi contenuti, diventeranno fonte di materie prime seconde per nuovi prodotti tecnologici”.

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