Secondo Ong e reti di società civile, il Piano sociale per il clima che il Governo deve presentare alla Commissione UE entro il 30 giugno 2025 e su cui si è conclusa la terza ed ultima fase di consultazione, manca di una strategia complessiva e di coerenza tra le misure proposte, lacune che rischiano di compromettere l’efficacia del piano e di minare il raggiungimento degli obiettivi climatici e sociali dichiarati.
Entro il 30 giugno 2025 ogni Stato membro deve presentare alla Commissione UE il proprio Piano sociale per il clima, previa consultazione delle autorità locali e regionali, delle parti economiche e sociali e della società civile, com prensivo delle misure e investimenti per affrontare l’impatto dei prezzi del carbonio per i settori dell’edilizia e del trasporto stradale sulle famiglie, le microimprese e gli utenti vulnerabili dei trasporti, al fine di garantire accessibilità a riscaldamento, raffrescamento e mobilità.
In occasione della terza ed ultima fase di consultazione pubblica sul Piano Sociale per il Clima (29 maggio – 15 giugno 2025), 11 Organizzazioni e Reti di società civile (Forum Disuguaglianze e Diversità, Legambiente, WWF, Transport & Environment, Caritas Italiana, Clean Cities Campaign, CNCA, Greenpeace, Kyoto Club, MIRA Network e Nuove Ri-Generazioni) hanno presentato un Documento congiunto con osservazioni puntuali e proposte di miglioramento alle misure contenute nella bozza di Piano.
Il Regolamento per il Fondo sociale per il clima (FSC), previsto dal Pacchetto “Fit for 55” ed entrato in vigore il 30 giugno 2024, è progettato per essere utilizzato dagli Stati membri dell’UE per:
– sostenere misure e investimenti per ridurre le emissioni nei settori del trasporto stradale e dell’edilizia, riducendo i costi per le famiglie, le microimprese e gli utenti vulnerabili dei trasporti, particolarmente interessati dall’inclusione delle emissioni di gas a effetto serra degli edifici e del trasporto stradale;
– finanziare il sostegno diretto temporaneo al reddito per le famiglie vulnerabili e agli utenti dei trasporti.
Il Regolamento individua 3 gruppi destinatari del Fondo sociale per il clima, poiché significativamente interessati dall’impatto dei costi del nuovo scambio di quote di emissione per gli edifici e il trasporto su strada:
– le famiglie vulnerabili che si trovano ad affrontare la povertà energetica, comprese quelle a reddito basso e medio-basso, e che non hanno i mezzi per ristrutturare l’edificio che occupano;
– le microimprese vulnerabili, ovvero quelle che non dispongono dei mezzi per ristrutturare l’edificio che occupano, acquistare veicoli a zero e a basse emissioni o passare a modi di trasporto alternativi sostenibili, compresi i trasporti pubblici;
– gli utenti vulnerabili dei trasporti, vale a dire persone e famiglie che sperimentano la povertà dei trasporti, comprese quelle a reddito basso e medio-basso, e che non dispongono dei mezzi per acquistare veicoli a zero e a basse emissioni o per passare a modi di trasporto alternativi sostenibili, compresi i trasporti pubblici.
Al Fondo è assegnato un massimo di 65 miliardi di euro dal 1o gennaio 2026 al 31 dicembre 2032, provenienti dalla vendita all’asta delle quote ETS. Oltre a ciò, è previsto che gli Stati membri contribuiscano con almeno il 25% dei costi totali stimati dei loro piani.
Le organizzazioni sopraelencate, sottolineando che il Piano Sociale per il Clima rappresenta uno strumento fondamentale per affrontare congiuntamente la transizione ecologica e le sfide sociali, in particolare alla luce dell’impatto che il nuovo sistema ETS2 avrà sui settori della mobilità e dell’edilizia, denunciano l’assenza di un’analisi di impatto sociale del sistema ETS2 sui soggetti vulnerabili, nonché la mancanza di una strategia complessiva e di coerenza tra le misure proposte. Queste lacune rischiano di compromettere l’efficacia del piano e di minare il raggiungimento degli obiettivi climatici e sociali dichiarati.
Le organizzazioni segnalano, inoltre, gravi mancanze nel processo partecipativo, avviato in tempi ristretti e senza che sia stata data la possibilità di un confronto strutturato e approfondito. La consultazione è stata infatti avviata con grave ritardo, a ridosso delle scadenze comunitarie e non è stata fornita un’adeguata cornice analitica, riducendo così l’efficacia del coinvolgimento della società civile. Queste carenze hanno prodotto, secondo le organizzazioni, una bozza di piano frammentaria, non all’altezza delle reali necessità e complessità sociali e territoriali che dovrebbe affrontare e che rischia di sprecare le opportunità offerte dal Fondo sociale per il clima, voluto dalla UE.
Le proposte
Le proposte delle organizzazioni si sono concentrate, quindi, su alcune misure chiave nei settori dell’edilizia e dei trasporti. In particolare viene richiesto il rafforzamento delle misure di riqualificazione energetica degli edifici, anche attraverso un innalzamento degli obiettivi minimi di efficienza, coerentemente con le misure previste con gli obbiettivi della decarbonizzazione e una maggiore efficacia nella tutela delle fasce vulnerabili. Per le microimprese vulnerabili viene richiesta una revisione dei criteri di accesso, ritenuti imprecisi, e una maggiore efficacia nel perseguimento degli obbiettivi di decarbonizzazione mentre sul reddito energetico si richiede l’integrazione, tra le misure proposte, di sistemi di accumulo e l’estensione agli affittuari tra i destinatari dell’intervento.
Un’altra importante misura su cui intervengono le organizzazioni è quella del TED, il tutor per l’energia domestica che dovrebbe aiutare le famiglie vulnerabili a gestire l’impatto dei costi energetici, che sconta, nella formulazione attuale del Piano, di una impostazione eccessivamente tecnico-professionale, che andrebbe invece radicata nei territori di intervento, coinvolgendo le realtà istituzionali e sociali esistenti.
Infine nel settore trasporti, viene richiesta una revisione dei bonus per veicoli nuovi e usati, con maggiore attenzione verso i vulnerabili e alle caratteristiche territoriali e un rafforzamento della misura per il trasporto integrato attraverso un migliore coordinamento e una pianificazione efficace.
Le organizzazioni auspicano che la consultazione prosegua con un reale percorso di co-progettazione, volto a costruire politiche pubbliche strutturali e inclusive. Solo così sarà possibile garantire una transizione ecologica giusta, capace di ridurre le disuguaglianze e di proteggere le fasce più fragili della popolazione.