Acqua Risorse e consumi

ONU: perché le acque di scarto devono essere recuperate

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In occasione della celebrazione ufficiale della “Giornata Mondiale dell’Acqua” in svolgimento in Sudafrica (Durban, 22-24 marzo 2017), che quest’anno ha per tema “Acque reflue“, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di ridurne la quantità, di bonificarle e riutilizzarle, in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, è stato presentato il Rapporto 2017 del World Water Development delle Nazioni Unite, dal titolo, appunto, “WasteWater: The Untapped Resource” (Acque reflue: una risorsa inesplorata)” (Sintesi in italiano) il cui titolo riflette il ruolo fondamentale che le acque reflue sono in grado di svolgere nel contesto di un’economia circolare, dimostrando che il miglioramento della loro gestione genera benefici sociali, ambientali ed economici essenziali per lo sviluppo sostenibile. In particolare, la relazione cerca di informare i responsabili delle decisioni di governo, della società civile e del settore privato sull’importanza di gestire le acque reflue, risorsa idrica sottovalutata e sostenibile, per produrre energia, per acquisire nutrienti e altri sottoprodotti recuperabili sottoprodotti, anziché essere considerate come fardello da smaltire o un fastidio che è meglio ignorare.
Oltre che a Durban, sono previsti sono previsti altri 30 lanci a livello regionale, tra cui Parigi alla sede dell’UNESCO, e New York presso il palazzo di vetro delle Nazioni Unite, a Bruxelles da parte della Commissione UE e a Roma alla FAO, nel corso del “Global Symposium on Soil Organic Carbon” (21-23 marzo).

Le acque reflue sono un bene prezioso in un mondo in cui la domanda di acqua è in crescita e la risorsa è limitata – ha dichiarato Guy Ryder, Presidente di UN-Water e Direttore generale dell’International Labour Organization (ILO) – Ognuno può fare la propria parte per raggiungere il target dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile che si propone di dimezzare i quantitativi di acque reflue non trattate e di aumentare il riutilizzo di acque sicure entro il 2030. Si tratta di gestire in modo efficiente e di riciclare l’acqua che fluisce nelle nostre case, fabbriche, aziende agricole e città. Tutti dobbiamo contribuire a ridurre e a riutilizzare in sicurezza maggiori quantità di acque reflue, così che questa preziosa risorsa soddisfi le necessità di una popolazione crescente e di un fragile ecosistema“.

L’edizione 2017 del Rapporto sullo Sviluppo delle risorse idriche mondiali evidenzia come una migliore gestione delle acque reflue possa essere conseguita riducendo l’inquinamento alla fonte, rimuovendo le sostanze contaminanti dai flussi di acque reflue, riutilizzando le acque depurate e recuperando sottoprodotti utili – ha scritto nella sua introduzione la Direttrice generale dell’UNESCO, Irina Bokova – Una maggiore accettabilità sociale dell’utilizzo delle acque reflue è essenziale per poter compiere passi avanti“.

Un’ampia percentuale di acque reflue viene immessa nell’ambiente senza alcun tipo di raccolta o di trattamento. Ciò accade in particolare nei Paesi a basso reddito, che trattano mediamente appena l’8% dei reflui domestici e industriali, rispetto al 70% dei Paesi ad alto reddito. Di conseguenza in molte aree del mondo acqua contaminata da batteri, nitrati, fosfati e solventi viene scaricata nei fiumi e nei laghi, finendo quindi negli oceani, con conseguenze negative per l’ambiente e per la salute pubblica.
Il volume di acque reflue da trattare è destinato a crescere considerevolmente negli anni a venire, in particolare nelle città dei Paesi in via di sviluppo con una popolazione in rapida crescita.
La produzione di acque reflue costituisce una delle principali sfide correlate alla crescita degli insediamenti abusivi (le baraccopoli) nei Paesi in via di sviluppo – si legge nel Rapporto – Città come Lagos (Nigeria) ogni giorno produce 1,5 milioni di m3 di acque reflue che vengono in gran parte scaricati senza alcun trattamento nella Laguna di Lagos. Senza interventi immediati, questa situazione potrebbe aggravarsi ulteriormente per effetto dell’aumento della popolazione urbana attesa a superare i 23 milioni di residenti al 2020“.

L’inquinamento da agenti patogeni presenti nelle escrezioni umane e animali affligge circa un terzo dei fiumi in America Latina, Asia e Africa, mettendo in pericolo la sopravvivenza di milioni di persone. Nel 2012 ci sono state 842.000 morti nei Paesi a reddito medio e basso correlate all’acqua contaminata e a servizi igienico-sanitari inadeguati. La mancanza di processi di trattamento delle acque reflue contribuisce inoltre alla diffusione di alcune patologie tropicali, come la febbre dengue e il colera.
Solventi e idrocarburi prodotti dalle attività industriali e minerarie, come pure lo scarico di nutrienti (nitrati, fosforo e potassio) dovuti all’agricoltura intensiva, accelerano l’eutrofizzazione degli ecosistemi di acque dolci e marini costieri. Si stima che 245.000 km2 di ecosistemi marini – approssimativamente quanto la superficie della Gran Bretagna – siano soggetti a tale fenomeno. Inoltre, lo scarico di acque reflue non trattate favorisce anche la proliferazione di alghe tossiche e contribuisce al declino della biodiversità.

La crescente consapevolezza della presenza di sostanze inquinanti nelle acque reflue, quali ad esempio ormoni, antibiotici, steroidi e interferenti endocrini, conduce a nuove sfide, dato che gli effetti di queste sostanze sull’ambiente e sulla salute non sono ancora stati del tutto chiariti.
L’inquinamento riduce la disponibilità di fonti di acqua dolce, già ridotta tra l’altro a causa dei cambiamenti climatici. Tuttavia le autorità politiche e pubbliche si occupano principalmente delle sfide dell’approvvigionamento idrico, in particolare laddove questo è limitato, trascurando la necessità di gestire l’acqua dopo il suo utilizzo, quantunque si tratti di due questioni strettamente correlate. La raccolta, il trattamento e l’uso sicuro dei reflui costituiscono la base stessa di un’economia circolare, permettendo di equilibrare sviluppo economico e utilizzo sostenibile delle risorse. Le acque depurate costituiscono una risorsa in larga misura sotto sfruttata e che può essere riutilizzata più volte: dalla fognatura al rubinetto.

Le acque reflue vengono principalmente utilizzate in agricoltura per l’irrigazione in almeno 50 Paesi del mondo, rappresentando, secondo stime, il 10% di tutti i terreni irrigui. Tuttavia, i dati sono ancora incompleti per numerose aree del mondo, principalmente per l’Africa., anche se questa pratica solleva preoccupazioni di carattere sanitario in quei casi in cui l’acqua contiene agenti patogeni che possono contaminare le colture. La sfida è dunque di passare da un’irrigazione non controllata ad un utilizzo pianificato e sicuro, come accade ad esempio già dal 1977 in Giordania, Paese in cui il 90% delle acque reflue trattate viene utilizzato per scopi irrigui o in Israele dove i reflui trattati costituiscono all’incirca la metà dell’acqua utilizzata per l’irrigazione.

Nell’industria si può riutilizzare grandi quantitativi di acqua, ad esempio per il riscaldamento e il raffreddamento, piuttosto che scaricarli nell’ambiente. Entro il 2020 il mercato del trattamento dei reflui industriali dovrebbe crescere del 50%.
Le acque reflue trattate possono essere utilizzare anche per sostenere l’approvvigionamento di acqua potabile, sebbene questo utilizzo sia ancora marginale. A Windhoek, la capitale della desertica Namibia, questo si fa dal 1969 dove per ovviare alla penuria di acqua dolce il comune ha installato infrastrutture che permettono di trattare fino al 35% delle acque reflue che poi vengono utilizzate per approvvigionare le riserve di acqua potabile. Anche a Singapore e a San Diego i cittadini bevono acqua riciclata. 
Tali pratiche possono scontrarsi con la resistenza dell’opinione pubblica che può sentirsi a disagio all’idea di bere o comunque di utilizzare acque che erano “sporche” prima del trattamento. Proprio la mancanza di sostegno dell’opinione pubblica ha fatto fallire un progetto per il riutilizzo dell’acqua per scopi irrigui e per la piscicoltura, lanciato in Egitto negli anni ’90. Le campagne per una maggiore consapevolezza possono promuovere una maggiore accettazione da parte dell’opinione pubblica nei confronti di interventi di questo genere, citando esempi positivi, come quello degli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale che riutilizzano la stessa acqua riciclata da oltre 16 anni.

Oltre che alternativa sicura alla penuria di acque dolci, le acque reflue possono anche diventare una fonte di materie prime, grazie agli sviluppi delle tecnologie di trattamento di alcuni nutrienti come fosforo e nitrati, che ora possono essere recuperati dai reflui fognari e dai fanghi e trasformati in fertilizzanti. Secondo le stime, il 22% della domanda globale di fosforo, un minerale di limitata disponibilità ed eccessivamente sfruttato, potrebbe essere soddisfatto attraverso il trattamento degli escrementi e dell’urina umana, come avviene in Svizzera dove sono state introdotte normative che obbligano al recupero di nutrienti, come il fosforo.

Le sostanze organiche contenute nelle acque reflue possono essere utilizzate per produrre biogas, rifornendo così di energia gli stessi impianti di trattamento dei reflui e agevolando al contempo la loro trasformazione da impianti ad alto consumo energetico a impianti a consumo zero o produttori netti di energia. In Giappone il Governo si è posto l’obiettivo di recuperare il 30% dell’energia da biomassa ricavabile dalle acque reflue entro il 2020. Ogni anno la città di Osaka produce 6500 tonnellate di biosolidi ricavati da 43.000 tonnellate di fanghi di depurazione.

Tali tecnologie dovrebbero essere dalla portata dei Paesi in via di sviluppo, dato che soluzioni per il trattamento a basso costo permettono già da ora l’estrazione di energia e di elementi nutritivi.
Anche se non permettono ancora il recupero diretto di acqua potabile, tuttavia si può ricavare acqua utilizzabile e sicura per altri impieghi, come ad esempio l’irrigazione. Inoltre, la vendita di materie prime ricavate dalle acque reflue può fornire un reddito aggiuntivo a copertura degli investimenti e dei costi di esercizio degli impianti di trattamento delle acque reflue.

Oggi 2,4 miliardi di persone non hanno ancora accesso a veri impianti igienico-sanitari – sottolineano UN-Water e Unesco – La riduzione di questo numero, in linea con l’Obiettivo n. 6 per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, dipenderà anche dal trattamento a costi accessibili delle acque reflue in continuo aumento“.
Qualche progresso è già stato fatto – conclude il Rapporto – In America Latina, il trattamento delle acque reflue è quasi raddoppiato rispetto al 1990 e copre ora tra il 22% e il 30% delle acque reflue raccolte dalle reti fognarie urbane, ma questo significa pure che tra il 70% e l’80% viene scaricato senza trattamento, per cui resta ancora molto da fare. Un passo determinante su questo percorso verrà compiuto quando sarà finalmente riconosciuto il valore di un utilizzo sicuro delle acque reflue trattate e dei prodotti derivati come un’alternativa all’acqua dolce“.

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