Un briefing presentato al World Economic Forum di Davos (20-24 gennaio 2025) fornisce un bilancio globale sullo stato di salute dei sistemi planetari e sullo stato dell’azione delle aziende nell’affrontare l’emergenza naturale e climatica, ha evidenziato che la Terra sta perdendo resilienza, con già 6 dei 9 punti di svolta planetari oltrepassati, mentre gli sforzi delle grandi imprese per affrontare questa sfida restano insufficienti.
Lo Stato di salute della natura e del clima è ormai allarmante e l’azione delle principali imprese globali, nonostante un positivo slancio, rimane al di sotto di quanto sarebbe necessaria per rispristinare lo stato di salute degli ecosistemi planetari.
È quanto emerge dal Briefing “State of Nature and Climate 2025”, redatto da World Economic Forum (WEF), Potsdam Institute of Climate Impact Research (PIK) e l Carbon Discluse Project (CDP) e presentato il 21 gennaio 2025 nel corso di un evento dal titolo “Nature e Clima: un bilancio globale”, organizzato dal Centre for Nature and Climate del WEF, una piattaforma multi-stakeholder che si concentra sulla protezione del nostro ambiente e sulla promozione di pratiche sostenibili, a cui sono affiliate oltre 400 organizzazioni pubbliche e private, più di 150 fondazioni filantropiche e 5° Governi, la cui mission è realizzare la decarbonizzazione dell’industria in linea con il percorso di Parigi per il riscaldamento globale a 1,5 °C; la transizione dei sistemi nell’uso degli oceani e del suolo e la gestione delle risorse in termini di cibo, acqua e materiali.
Nel corso dell’evento, a cui hanno partecipato quali relatori il Direttore del PIK, Johan Rockström, la CEO del Centre for Nature and Climate, Gim Huay Neo e la CEO del CDP, Sherry Madera, si è sottolineato che la Terra sta perdendo resilienza. Già sei dei nove punti di svolta planetari sono già al di fuori dei limiti di sicurezza, lasciandoci sull’orlo di un declino irreversibile e che c’è necessità di un’azione più incisiva del settore privato nell’affrontare l’emergenza climatica e della natura.
Controllo sulla salute del Pianeta
Il briefing fornisce solide basi scientifiche di prova che l’umanità sta mettendo la stabilità dell’intero sistema Terra a rischio, mettendo a repentaglio lo sviluppo economico globale. I limiti del sistema planetario (Planetary Boundaries) si trovano nella “zona di rischio crescente”. Sei dei nove confini sono già stati superati (Nuove sostanze chimiche artificiali; Cambiamento climatico; Sfruttamento delle acque dolci; Cicli biogeochimici di azoto e fosforo; Cambiamenti nell’uso dei suoli; Perdita di biodiversità), mentre degli altri tre, uno si sta velocemente al confine (Acidificazione degli oceani) uno è stabile (Riduzione dell’ozono) e la Quantità di aerosol atmosferico sta migliorando.

Nel 2024, il mondo ha sperimentato un deterioramento e rischi a cascata per la salute globale del pianeta:
– Il riscaldamento globale annuale ha raggiunto il record di 1,54 °C sopra la media del periodo preindustriale. Gli eventi meteorologici estremi sono diventati più diffusi ad ogni aumento incrementale della temperatura globale.
– Il carbonio immagazzinato in natura è vulnerabile ad un clima che cambia. È evidente la capacità della natura terrestre di sequestrare il carbonio è vulnerabile ai cambiamenti delle condizioni climatiche, in particolare di fronte all’intensificarsi della siccità e dell’attività degli incendi. Storicamente la natura sulla terraferma ha assorbito circa un quarto delle emissioni di origine antropica, tamponando così il riscaldamento per effetto della combustione di combustibili fossili. Se questa funzione si indebolisse ulteriormente più carbonio finirebbe nell’atmosfera, determinando un aumento del cambiamento climatico.
– L’assorbimento di calore dell’oceano è ai massimi storici. L’assorbimento di calore dell’oceano ha raggiunto il suo massimo storico, come l’innalzamento del livello del mare, le ondate di calore oceaniche e lo sbiancamento dei coralli. La circolazione di ribaltamento meridionale dell’Atlantico (AMOC), che regola il clima e il ciclo del carbonio negli oceani, sta denunciando segnali di rallentamento, con il rischio di un collasso in questo secolo, con conseguenze globali catastrofiche.
Controllo sullo stato di salute aziendale
Solo il 10% delle aziende dimostra di aver intrapreso azioni tangibili per affrontare l’emergenza climatica e della natura, e solo l’1% sta ottenendo risultati al livello più alto di valutazione (Livello 4). Le aziende analizzate dal CDP-Corporate Health Check rappresentano il 67% del mercato dei capitali, valutate sin base a 4 livelli. Le aziende che hanno fatto i maggiori progressi rispetto ai loro obiettivi, sono state individuate 4 leve chiave:
1. Avere un piano di transizione climatica allineato a 1,5 °C.
2. Dare un prezzo al carbonio.
3. Collegare le retribuzioni dei dirigenti agli obiettivi ambientali.
4. Coinvolgimento lungo tutta la catena del valore.
A livello globale, solo il 35% delle aziende è sulla buona strada per raggiungere i propri obiettivi. A livello regionale, l’Europa è in testa con il 46% delle aziende attive su percorso per raggiungere i propri obiettivi. Segue il Nord America 33%, seguita da Asia (32%), America Latina e Oceania (27%) e Africa (25%). Tra le aziende che sono sulla buona strada per i propri obiettivi di emissione, ci sono quelle che hanno ridotto le emissioni medie del 2% all’anno dal 2016, in controtendenza rispetto alla tendenza più diffusa di aumento delle emissioni globali.

Le informazioni sulla natura rimangono limitate. L’acqua è una questione importante per il 75% delle aziende valutate di tutti i settori, ma solo per il 48% divulga i dati. Allo stesso modo, mentre le foreste sono un argomento fondamentale per il 28% delle aziende, solo il 13% fornisce informazioni e pratiche legate alle foreste. Delle aziende che forniscono informazioni sulla natura, il 22% ha riferito di progressi rispetto ai propri obiettivi idrici e il 15% su quelli forestali.
Per quanto riguarda governance e incentivi, il 90% delle aziende dispone di un supervisore a livello di consiglio di amministrazione sulle questioni climatiche, con il 59% delle aziende che ha schemi di incentivazione monetaria per il management qualora vengano raggiunti gli obiettivi legati al clima. Inoltre, oltre un quarto (27%) delle aziende ha fissato un prezzo interno del carbonio, con una media prezzo di 70 dollari a tonnellata.
Il percorso da seguire
La convergenza tra scienza e azione economica rappresentata nel briefing sullo stato della natura e del clima sottolinea il fatto che mentre i rischi aumentano su scala planetaria, il progresso tra le aziende per mitigare questi rischi è ben al di sotto del ritmo e scala trasmessi dalla scienza. I leader aziendali che divulgano dati trasparenti e responsabili dimostrano che i mercati dei capitali possono prosperare bilanciare le esigenze delle persone, del pianeta e del profitto. È necessario che più aziende seguano l’esempio delle aziende leader e degli obiettivi per integrare l’azione per il clima con gli sforzi per proteggere la biodiversità, l’acqua, l’utilizzo dei suoli, la qualità dell’aria e gli altri Planetary Boundaries.
La performance finanziaria può coesistere con la sostenibilità. Il briefing sottolinea che le aziende all’avanguardia nel campo del clima e della natura costituiscono quasi il 20% della capitalizzazione di mercato totale e testimoniano un aumento del 10% all’annuo dal 2022, rispetto alle aziende non in linea con i propri obiettivi in materia di emissioni.
A conclusione del briefing, c’è l’appello alle aziende di tutta l’economia globale ad accelerare e integrare gli sforzi per impostare e coscienziosamente perseguire obiettivi climatici e naturali lungo tutta la catena del valore. I politici e la società dovrebbero aumentare sostegno e premi per le imprese che contribuiscono a salvaguardare il nostro futuro collettivo.
Adottare un comportamento positivo nei confronti dell’ambiente non è più un optional, maun obbligo aziendale”, ha dichiarato Sherry Madera, la CEO di CDP, aggiungendo che le aziende potrebbero identificare meglio i rischi e le opportunità finanziarie se venisse quantificato l’impatto delle crisi climatiche e naturali su di esse, e viceversa. Ad esempio, gli eventi meteorologici estremi provocati dal cambiamento climatico potrebbero rappresentare un rischio per i beni immobili aziendali, mentre la perdita della natura potrebbe compromettere i servizi naturali forniti da ecosistemi sani, come la depurazione delle acque e l’impollinazione.
La conclusione è che le aziende non possono gestire ciò che non possono misurare.